Ant-Man and the Wasp, Rudd e Lilly: la famiglia, la Marvel e le tecnologie “anti-età”
L’eroe più piccolo del mondo è tornato e ora non è più solo, ma fa parte di un collaudato e dinamico duo. Ant-Man and the Wasp di Peyton Reed è il nuovo prodotto Marvel Studios che uscirà nelle sale italiane il 14 agosto e che vede Paul Rudd alla pari insieme alla nuova supereroina Evangeline Lilly, già presente nel primo film, ma ora ufficialmente nei panni di Wasp. Tra tecnologie digitali, invecchiamento e possibilità di esperienza e divertimento, i due protagonisti ci hanno raccontato a Roma il loro lavoro all’interno della casa delle idee Marvel e delle opportunità che offre.

Cosa significa per voi l’universo Marvel?
Evangeline Lilly: Per me è qualcosa che, con un pizzico di divertimento e complicità, porta a sentirci bene e a sperare, anche se in questo momento il mondo non sembra volerne dare l’occasione. Ci fa ricordare che possiamo essere coraggiosi e questo mi permette, sia come madre che come cittadina, di esplorare tutto il mio potenziale ed agire di conseguenza.
Paul Rudd: Rappresenta una parte importantissima per la mia vita, che è andata a completarla in maniera positiva. Sia perché la Marvel è conosciuta in tutto il mondo, sia perché mi ha permesso di unirmi ai miei figli. Mio figlio ha visto tutti i film dell’universo e mia figlia di otto anni mi sta implorando di farle vedere Infinity War.
Vi è mai capitato di voler diventare magari piccolissimi per salvarmi da una situazione di pericolo o magari di imbarazzo?
P.R.: Sì, ci ho pensato, anche perché mi ritrovo spesso in situazioni di imbarazzo.
E.L.: Posso dire che ai tempi di Lost era abitudine della troupe ritrovarsi ogni settimana per vedere la nuova puntata e in quei momenti avrei voluto tanto rimpicciolirmi perché si trattava del primo lavoro in questo ambito e non sapevo proprio cosa fare, non avevo preparazione e quindi facevo cose pessime o imbarazzanti.
Invece il vostro rapporto con gli insetti? Vi sentite più protettivi, li apprezzate di più?
P.R.: Oh sì, lascio in pace le formiche, non le disturbo durante le loro cose. Oramai sono le mie sorelle e i miei fratelli.
E.L.: Adoro gli insetti da quando sono piccola, li ho sempre protetti e anzi, prendevo i bruchi neri e me li mettevo addosso così poi andavo a spaventare le altre ragazzine del quartiere.
Evangeline, come hai preso l’evoluzione del tuo personaggio e cosa ne pensi del salto che le hanno fatto fare?
Quando sono stata scelta per la parte la prima cosa che ho fatto è stata leggere molto attentamente la sceneggiatura. All’ultima pagina c’era poi quella frase, “È arrivato il momento”, e lì ho capito che, se avessi fatto bene il mio lavoro e il film avesse avuto successo, avrei avuto una buona opportunità per dare vita ad una grande Wasp. E per essere una buona coprotagonista per Paul.
Sia nel primo film che in Ant-Man and the Wasp c’è un grande lavoro digitale di ringiovanimento, non certo per i vostri personaggi, ma per quelli di Michael Douglas e Michelle Pfeiffer. Che ne pensate di questa invasione della tecnologia nel cinema?
P.R.: Posso solo dirvi che Michael Douglas era entusiasta di fare un film con Michelle Pfeiffer con cui non aveva mai lavorato. Potete immaginare come poteva stare dopo aver scoperto che avrebbe lavorato con una Michelle Pfeiffer di trent’anni fa!
E.L.: La mia prima esperienza con il digitale è stata per ricreare il mio personaggio ne Lo Hobbit. Ricordo che avevo già fatto le sedute necessarie per sviluppare le immagini, le varie figure, i gadget del personaggio, quindi quando mi richiamarono per posare ancora chiesi perché. Quando scoprii che era per ricreare una me digitale non mi piacque affatto perché significava creare una presenza digitale di ciò che sono, ma senza la mia essenza. Mi sono opposta perché pensavo che andando avanti così non ci sarebbe stato più lavoro per gli attori da qui a vent’anni. Poi ho capito che questa è la strada che si sta attraversando e che è giusto che sia così. L’ho capito prima per Lo Hobbit e poi per Ant-Man. Bisogna assecondare questa tendenza, contro cui in ogni caso è impossibile lottare.
Quale personaggio sognavate di interpretare da bambini?
P.R.: Hulk, ma non me lo hanno fatto fare.
E.L.: I personaggi che avrei voluto interpretare nella mia vita sono due. Il primo era un elfo nella Terra di Mezzo e ci sono riuscita. Il secondo era la Catwoman di Michelle Pfeiffer, poi alla fine mi sono ritrovata lei come madre in Ant-Man and the Wasp, quindi posso dire che sto vivendo i miei sogni!
Già nel primo film il tema della famiglia era predominante e si accentua ancora una volta nel sequel. Voi a quale famiglia siete più legati, a quella delle serie tv da cui provenite o del cinema? O, perché no, alla famiglia Marvel?
P.R.: Fare un film richiede mesi e mesi di lavorazione con lo stesso cast artistico e tecnico e con la Marvel devo dire si è creato un rapporto di amicizia e familiarità che mi ha permesso di conoscere gli altri Avengers e i dirigenti dello studio. Si è instaurato un rapporto splendido ed è un vero piacere.
E.L.: La Marvel è una famiglia straordinaria, ognuno ti fa sentire parte dell’insieme, dal primo all’ultimo. Ma nessuna esperienza per me ha significato tanto quanto quella di Lost, che mi ha portata a creare un rapporto eccezionale con tutti i componenti della crew. Per sei anni abbiamo vissuto su un’isola deserta, non avevo un marito, né figli e siamo stati tutti gli uni per gli altri una famiglia. Lo dico senza vergogna: ogni volta che giravamo l’ultima puntata di una stagione mi veniva da piangere e ancora mi commuovo a pensare a quelle persone che mi hanno fatto sentire la loro vicinanza mentre ero sola.
Cosa pensate del fatto che la Marvel sta dando spazio a tanti supereroi non necessariamente giovani?
P.R.: Hollywood ancora ha una preferenza per gli attori più giovani, infatti è curioso come alla Marvel i supereroi sono persone così adulte, io poi sono uno di quelli in cima all’elenco. Ma, visto che parlavamo di tecnologie, magari avrò la possibilità di interpretare ancora per cinquan’anni Ant-Man!
E.L.: È bello vedere che si ha la forza di andare avanti senza penalizzare chi è più avanti con gli anni. I primi a darci prova che si può essere fighi a qualsiasi età sono stati Robert Downey Jr e Gwyneth Paltrow. Personalmente posso dire che cerco appositamente quei prodotti che non vantano di contenere elementi per l’anti-invecchiamento. Non voglio dare l’idea di essere una donna che non vuole andare in là con gli anni, che non è pronta ad invecchiare. So che capiterà e so diventerò più saggia, più in gamba e avrò più cose da offrire al mondo. Per me in una donna c’è molto più di un bel viso.
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