Ballottaggi: Virginia, Chiara, non vorrei stare nei vostri panni
Il voto dei ballottaggi di domenica è stato, per molti, uno shock. Non tanto per la vittoria di Virginia Raggi, ma per il suo trionfo su Giachetti (quasi 70% a 30%) e per il risultato di Torino: Chiara Appendino ha “bruciato” 20 punti di scarto su Fassino e l’ha costretto alla resa, con tanto di lacrime.

Per capire la motivazione di tutto questo, secondo me, dobbiamo ritornare alle Amministrative del 2011: in quella tornata, già ci furono delle notizie clamorose. Prima vinsero alle primarie i candidati “sbagliati”, quelli non appoggiati dall’apparato (Pisapia a Milano, contro l’archi-star milionario Boeri; Zedda a Cagliari contro un arnese di partito) i quali, poi, trionfarono alle elezioni, tanto da far tornare la sinistra nella città meneghina dopo decenni. Per non parlare di De Magistris, sbeffeggiato dalla grande stampa, scandalizzata da un ex magistrato che si candidava, dal suo fare un po’ ducesco, per il suo essere un quaraqua. Anche lui batté lo sfidante Lettieri (sì, ancora lui) con una percentuale simile a quella di domenica.
Già allora i cittadini volevano un cambiamento nella politica e nei suoi atteggiamenti: non più arroccata nei Palazzi, meno presente in tv ma più nelle piazze, fatte da gente semplice, volenterosa e capace.
L’avevano fatto capire ancora nel 2012, quando 25 milioni di elettori si recarono alle urne per dire no all’acqua in mano alle multinazionali, all’antistorico nucleare a fissione e contro il legittimo impedimento per il premier. Dopo decenni, un referendum raggiungeva finalmente il quorum: una consultazione disprezzata dal governo Berlusconi, da Bersani che la appoggiò solo all’ultimo quando non ne poté fare più a meno e da un Capo dello Stato che ne fece svariati moniti contro.
L’esito dei ballottaggi di domenica chiude il cerchio delle Politiche del 2013. Sembra passato un decennio, ma forse fu la campagna elettorale più significativa che si ricordi, perché mostrava plasticamente due mondi: da una parte i fossili, coloro che ci avevano condotto a questo disastro, e dall’altra un Movimento fatto da gente un po’ sgangherata ma con tanta voglia di cambiare, scegliendo di non andare in tv perché considerata uno strumento del passato. Sappiamo com’è andata: Bersani perse le elezioni, il 5 Stelle prese 8 milioni di voti, tanto da giocarsi il Governo, Berlusconi dilapidò 6 milioni e mezzo di voti ma continuò ad avere potere contrattuale. Le stanze asfittiche del Potere, anziché mettere alla prova una forza politica del genere (soprattutto per neutralizzarla), la relegarono all’opposizione e sfondarono persino la Costituzione rieleggendo un Capo dello Stato più permeabile ad una ragion di Stato che era diventata Carparbietà restaurativa.
Virginia Raggi e Chiara Appendino non hanno promesso cose impossibili. Vogliono, in prima istanza, ricucire le loro città alle periferie, abbandonate un po’ da tutti. E’ proprio per questo che paiono incomprensibili certi nostalgie alla sinistra, paventati pericoli di fascismo, di crisi della democrazia (addirittura). Con il MoVimento si può anche non essere d’accordo, ma invitano a partecipare, ad essere curiosi, ad essere impertinenti con i loro eletti. Quale partito che aspira alla crisi democratica lo farebbe? Forse hanno riempito un vuoto di potere e sete di politica che i partiti tradizionali non hanno più voluto intercettare perché lontani dalle istanze della gente di tutti i giorni.
I partiti sono ormai “macchine” costituite da persone provenienti da famiglie abbienti, che non hanno sofferto il mancato “ascensore sociale” (quello che permette di emergere dopo mille fatiche), non sono stati vicini ai cittadini vittime della crisi, costringendoli a rivolgersi al prete o ai genitori per continuare a sopravvivere. Da una parte, si commentavano gli editoriali di Repubblica e dall’altra, si cercava di coprire un premier delinquente. E alle loro istanze chi ci ha pensato?
I partiti tradizionali non hanno capito proprio questo: che la crisi economica e l’avvento inarrestabile dello smartphone hanno cambiato per sempre i desideri degli italiani. Vogliono cose semplici e uscire dalle proprie case senza avere paura e non essere soffocati dal cemento. Mangiare cibo sano e non vergognarsi di essere italiani. Andare in bicicletta e farsi un bagno in un mare decente e non volare lontano migliaia di chilometri per farlo. Avere una istruzione inclusiva e non classista, come quella difesa ancora dalla Sinistra. Vogliono avere, soprattutto, la possibilità di emergere in Italia e non all’estero.
Raggi e Appendino non saranno sindache rivoluzionarie, ma faranno l’ordinaria amministrazione (soprattutto la prima): sistemeranno quello che devono, creeranno una pubblica amministrazione ragionevole e non schizofrenica, cercheranno di far parlare i ceti sociali delle loro città. E poi lì se la giocheranno: se saranno state capaci, saranno rielette, altrimenti un’opposizione più abile e capace di sfruttare le loro difficoltà, le batterà alle urne. Per questo non vorrei stare nei loro panni: perché se tradiranno le aspettative, saranno spazzate via peggio dei loro rottamati.
Sono state stra-votate dalle periferie ai ballottaggi perché gli abitanti di quei quadranti non ne possono più di essere tagliati fuori da tutto e di essere cittadini di serie B. Dov’era la tanto richiamata Sinistra, ad ascoltare le loro richieste?
Ho letto che ci vorrebbe una forte forza progressista in Italia. E’ vero, ma in questi anni dov’è stata? Che battaglie ha fatto? Testamento biologico, mare pulito, liberalizzazione delle droghe leggere, lotta alla mafia e alla corruzione, ascensore sociale, Università pubblica e funzionale, meno baroni, ecc… Dov’eravate tutti voi, sinistrorsi?