Bruno Tinti e la sua “Rivoluzione delle tasse”. Perché il sistema non funziona?
Tasse, tasse e ancora tasse. Ormai l’argomento all’ordine del giorno è la pressione fiscale e le imposte che attanagliano i contribuenti italiani. La domanda ricorrente è: ma è giusto che io paghi così tanto? A sentire Bruno Tinti, ex procuratore aggiunto a Torino e scrittore, è il sistema a monte che non funziona, a partire dall’evasione fiscale dilagante e gli effetti, ricadono tutti sui cittadini.
Nel suo La rivoluzione delle tasse, l’autore spiega – dati alla mano – cos’è che non va nella riscossione delle tasse e fa una lucida diagnosi della malattia, conosciuta come evasione fiscale. Wild Italy ha raggiunto telefonicamente l’ex magistrato il quale, parlando anche della sua pubblicazione, ci dice che – a dispetto dei drammi legati a Equitalia: “il Governo Monti ha fatto tutto ciò che poteva fare per combattere l’evasione”.
Come nasce l’idea del suo libro?
Andava tutto così male in Italia che mi è sembrata una possibile soluzione affrontare almeno il problema delle tasse. E allora mi sono detto: “Adesso scrivo perché non si riesce a far funzionare il sistema”. Così è nato questo libro.
Perché il sistema non funziona?
Perché è costruito per non funzionare. Non è un sistema costruito per raggiungere l’obiettivo di far pagare le imposte, recuperare il maltolto. Garantisce solo l’impunità agli evasori. In realtà quindi funziona benissimo! Funziona per quello per cui è stato progettato: far evadere le persone impunemente.
Perché succede questo?
Perché c’è un rapporto perverso tra la maggioranza degli evasori fiscali e la classe politica. L’evasore fiscale garantisce il suo voto, o perlomeno garantisce che non toglierà il voto se i politici rimarranno allineati e coperti sull’evasione fiscale. È un vero e proprio patto scellerato.
Si mangia tra i 160 e i 170 miliardi di euro all’anno, solo con il reddito delle persone fisiche.
Come mai è una cifra così alta?
È molto semplice. I contribuenti italiani sono 41 milioni e mezzo di persone (parlo di persone fisiche) e pagano 146 miliardi di euro all’anno di tasse, mal contati (146/150 miliardi). Di questi 41 milioni e mezzo, l’88% – circa 36 milioni – sono lavoratori dipendenti e pensionati e pagano l’88% del gettito fiscale complessivo (136 miliardi) poiché sono tassati alla fonte e i soldi glie li prendono prima di dargli lo stipendio o la pensione. Questa categoria di contribuenti quindi è impossibile che evada perché le tasse dovute, vengono prelevate a monte.
Per i lavoratori autonomi, invece (come professionisti, artigiani, commercianti, etc.) vige il principio dell’auto tassazione: sono loro che dicono quanto hanno guadagnato e quindi quanto devono pagare di imposte. Il problema è che, nel farlo, mentono spudoratamente. Abbiamo quindi quel residuo 12% di lavoratori autonomi e di lavoratori dipendenti che paga solo una parte del gettito complessivo, una cifra che si aggira intorno ai 9 miliardi.
È quindi ben evidente chi evade. Abbiamo anche la controprova dal Ministero delle Finanze che pubblica i redditi medi di queste categorie e quando vediamo che – al lordo delle imposte – gli avvocati, tanto per fare un esempio, guadagnano 48 mila euro all’anno; i dentisti, 42 mila; gli albergatori, 16 mila; i commercianti, 14 mila. Levando un terzo a tutte queste somme, questa gente praticamente muore di fame! Siccome evidentemente non è vero, sappiamo che evadono.
Se facciamo poi un altro conto, immaginiamo che questi lavoratori guadagnino 40 mila euro in più di quanto dichiarino. Che non sono nemmeno tanti, a pensarci bene, perché 40 mila più 40 mila, dà un reddito lordo di 80 mila euro, una somma alla portata della maggior parte degli avvocati, dottori, per non parlare degli albergatori o dei commercianti. Se moltiplichiamo questi 40 mila euro per i 5 milioni che sono, otteniamo all’incirca 120/130 miliardi, una cifra molto vicina all’ammontare dell’evasione fiscale, senza contare che bisogna aggiungere l’Iva evasa.
Lo scudo fiscale, secondo lei, ha provveduto ad affossare ulteriormente questo sistema?
Intanto, lo scudo fiscale è di fatto un condono. Tutte le volte che si fa un condono, in pratica lo Stato dice: mi dovresti dare dieci volte tanto quello che mi dovresti corrispondere, ma ti faccio uno sconto. Come se fossimo ai saldi di fine anno. È un fatto fortemente drammatico perché tu, Stato, non incassi quanto ti serve e apri la strada al cosiddetto debito pubblico, che è in sostanza la mancanza di risorse fiscali da impiegare nei settori che necessitano di maggiore intervento.
Se l’evasione fiscale non ci fosse, il debito pubblico sarebbe molto minore. Il condono poi è senza dubbio criminogeno poiché vengono approvati con una certa frequenza, una media che si attesta su un condono ogni 3,8 mesi. Al contribuente quindi non resta che aspettare, evadere, pagare una piccola somma con il condono e intascare il maltolto.