Cambiamenti climatici ed invasioni… barbariche!
E’ notizia di questi giorni, riportata da molti quotidiani, che quest’anno la produzione di olio d’oliva sarà assolutamente scarsa. Se ne lamentano tutti i coltivatori italiani dalla Liguria alle Marche, dal Lazio, all’Umbria ed alla Toscana.
La colpa è dell’attacco alle coltivazioni da parte della “mosca olearia”, Bactrocera Oleae, una vera calamità agricola in grado di distruggere interi raccolti.
Quello che non viene riportato con sufficiente enfasi è il fatto che la colpa di questa calamità è da imputarsi ancora una volta ai cambiamenti climatici.
Penserete: “Ancora loro, anche questo? Quando gli scienziati non sanno che cosa dire incolpano sempre i cambiamenti climatici!”
E invece è proprio così, è assolutamente vero.
Infatti la mosca olearia può sopravvivere, sia allo stadio larvale che in forma adulta con inverni particolarmente miti, come lo è stato lo scorso inverno; può diffondersi facilmente se l’estate è particolarmente piovosa, come lo è stata la scorsa estate, infestando a una ad una le nostre olive, inserendo al loro interno la sua larva. Un flagello!
Uno studio condotto dall’ENEA, in collaborazione con l’Università della California a Berkeley e il consorzio scientifico no profit CASAS Global, ha stimato l’impatto dei cambiamenti climatici sull’olivo, prendendo in considerazione un aumento di 1,8°C della temperatura nell’area del Mediterraneo nei prossimi decenni.
I risultati, pubblicati sulla rivista scientifica PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America), mostrano che nelle varie zone del Mediterraneo il riscaldamento del clima ha serie conseguenze sia sulla resa dell’olivo che sulla infestazioni da mosca olearia.
L’allarme deve essere esteso anche alle altre coltivazioni. Per esempio le cocciniglie possono arrecare danni ancora maggiori. Le cocciniglie sono una grande famiglia di insetti, appartenenti alla Superfamiglia Coccoidea, molto studiati in entomologia agraria perché per alimentarsi perforano i tessuti delle piante nutrendosi dei succhi vegetali, indebolendo la pianta non solo a seguito della sottrazione di linfa, ma anche favorendo l’infezione da parti di batteri e virus fitopatogeni. Le cocciniglie possono infestare numerose piante, tra cui ad esempio gli agrumi, l’olivo, la vite, il fico, l’olmo e il susino, arrecando gravi danni quando la loro numerosità aumenta. I ricercatori della North Carolina State University suggeriscono che potrebbe esserci un significativo aumento dell’abbondanza di questi parassiti nei prossimi anni a seguito del riscaldamento globale con annessi danni alle produzioni agricole. (Global Change Biology. (2014), doi: 10.1111/gcb.12692)
Un aspetto che non deve essere sottovalutato è la possibilità che specie patogene a noi sconosciute possano, favorite dai cambiamenti climatici, invaderci per attaccare le nostre coltivazioni del tutto indifese. Il fenomeno potrebbe inquadrarsi in una vera e propria globalizzazione delle specie parassite.
Afferma Mauro Mandrioli per Pikaia: “Una preoccupante risposta a questo quesito è stata recentemente pubblicata da Daniel P. Bebber, Timothy Holmes e Sarah J. Gurr (University di Exeter, IK) nella rivista scientifica internazionale Global Ecology and Biogeography. Studiando la distribuzione di circa 2000 specie potenzialmente dannose in agricoltura, i tre ricercatori inglesi hanno osservato che il 10% delle specie dannose in agricoltura occupa ad oggi circa la metà degli ambienti in cui sono coltivate le rispettive piante ospiti. Andando poi a confrontare la distribuzione attuale con quella riportata in banche dati storiche, si osserva un aumento nella velocità di diffusione tanto da indurre il gruppo di ricerca di Sarah Gurr a ipotizzare che, se questo trend proseguisse senza alterazioni, si potrebbe avere una situazione di completa sovrapposizione su scala globale tra specie coltivate e loro parassiti entro la metà di questo secolo. Questa sorta di globalizzazione dei patogeni e parassiti in agricoltura risulta indubbiamente favorita non solo dalle attività umane, ma anche dalle variazioni climatiche, che possono favorire la conquista di nuovi ambienti e pone il problema di come gestire questo processo prima che possano essere arrecati danni alle produzioni agricole.”
Alle nostre latitudini un incremento delle temperature medie ed un’alterazione del regime delle precipitazioni annuali comporta stress fisiologico alle piante e altera in maniera marcata i cicli vitali dei parassiti vegetali. L’innalzamento delle minime invernali ne aumenta il tasso di sopravvivenza, come avvenuto per la mosca olearia. A tal proposito c’è un interessante articolo di Salvatore Moricca e Alessandro Ragazzi.
Qualche numero per riflettere!
Secondo nuove stime delle Nazioni Unite, la popolazione mondiale raggiungerà i 7 miliardi nel 2015. Delle 298.000 specie di piante che si presume esitano, solo alcune rappresentano la base dell’alimentazione. L’80% del raccolto annuo, da cui dipendiamo per la nostra sopravvivenza, è costituito da 5 specie di cereali, 1 solo legume, la soia, 3 tipi di tuberi, tra cui la patata, 1 frutto, la banana e 2 piante da zucchero.
Penso che una maggiore attenzione agli effetti dei cambiamenti climatici sulla diffusione dei parassiti sia doverosa da parte di tutti noi.
Articolo interessantissimo! Quest’altro aspetto del surriscaldamento, ovvero l’impatto sull’agricoltura potrebbe avere effetti ancor più nefasti di quelli che ha già sul territorio con le inondazioni. Fino ad oggi non ho trovato in altri giornali simili approfondimenti.
Analisi molto interessante e ben documentata, argomento ben approfondito, italiano elegantemente piano.
Davvero un piacere leggerla.