Cda Rai: la politica si spartisce le nomine. Di nuovo
Ha deciso la politica. Alla fine Renzi e il Pd hanno scelto i nuovi membri del cda della Rai spartendosi le nomine come nella migliore Seconda Repubblica. Utilizzando l’alibi della Legge Gasparri ancora vigente e della Riforma della TV pubblica arenata in Parlamento, il Premier ha aperto la porta a nomine fiduciarie.
Gli unici partiti che si sono salvati dallo scempio di quella che dovrebbe “la prima risorsa culturale del paese”, sono Sel e il Movimento 5 Stelle. Le due formazioni, infatti, hanno inserito come consigliere Rai Carlo Freccero, dirigente televisivo di lungo corso e profondo conoscitore delle dinamiche aziendali.
Negli altri schieramenti, invece, il panorama è desolante: Guelfo Guelfi, spin doctor di Renzi; Rita Borioni, storica dell’arte ed ex collaboratrice del Presidente del Pd Matteo Orfini; Paolo Messa, ex capo ufficio stampa dell’Udc; Arturo Diaconale, direttore de l’Opinione. L’elenco purtroppo è lungo e lascia trasparire anche un altro dato comune: la totale inesperienza dei neo amministratori, esperti di altri ambiti comunicativi e non certo di quello televisivo.
Per non parlare della Presidente e del Direttore Generale. Per la prima carica la scelta è ricaduta sulla direttrice di Rai News 24, Monica Maggioni, ben vista da Forza Italia e dagli esponenti democratici, famosa per i risultati negativi fatti raggiungere al suo tg. La direzione generale, invece, è spettata ad un uomo di stretta fede renziana: Antonio Campo Dall’Orto, ex direttore de La7 e direttore di Mtv.
Massimo Mucchetti, senatore Pd, sul suo blog scrive:
«A Renzi sarebbe bastato chiedere al suo amico Bernabè per sapere che il suo pupillo lasciò La7 che perdeva oltre 120 milioni di euro e un audience del 2- 3%»
Qui un ritratto approfondito del nuovo dg.
Un’ultima riflessione: Pierluigi Bersani, nel 2012, trovandosi nella stessa posizione di Renzi – con la Legge Gasparri ancora in piedi – per la scelta dei consiglieri decise di aprire alla società civile e di non far decidere al suo partito. Lo fece con una lettera indirizzata a quattro associazioni: Se non ora quando, Libera, Libertà e Giustizia, Comitato per la libertà e il diritto all’informazione. Il segretario del Pd, scrisse: «Se indicate due candidature per il Cda noi siamo pronti a sostenerle». I nomi che uscirono furono quelli di Gherardo Colombo, ex Pm di Mani Pulite, e Benedetta Tobagi, giornalista e figlia di Walter Tobagi.
Non era meglio fare così?