Crisi Giunta Raggi, in scena una tragicommedia

La povera Virginia Raggi non ha pace: è notizia di poche ore fa, svelata dal Corriere, che l’assessora alla Sostenibilità ambientale, Paola Muraro, è iscritta nel registro degli indagati della procura di Roma per abuso d’ufficio e violazioni ambientali.

Tradotto in italiano, la signora avrebbe strabordato i poteri che la legge le conferisce per ottenere utilità personali, truffando il comune di Roma a favore dell’ente per il quale era consulente da 12 anni: l’AMA. Secondo l’accusa, avrebbe falsificato i valori del materiale smaltito a Rocca Cencia per ottenere dal comune più soldi di quelli dovuti alla società di cui lei era consulente.

Se tutto questo fosse accertato – dopo aver letto le prime carte – l’accusa sarebbe gravissima: Muraro sarebbe divenuta assessore di un organo che lei ha contribuito a truffare e ora sarebbe un “occhio di controllo” di un impianto che lei ha in qualche modo seguito. Una signora, quindi, legata a doppio filo con troppe logiche e conoscenze che forse non andava proprio nominata per questo, preferendo qualcuno al di sopra delle parti e della stratificazione di poteri che ha distrutto Roma.

LO SCENARIO TRAGICOMICO.

Ora però il punto non è la Muraro – semmai che la Raggi sapeva della notizia già prima della designazione – ma la tragicommedia andata in scena nei giorni scorsi: le dimissioni di massa, quasi a castello di carta, a birilli da bowling, del capo-gabinetto Raineri e quindi dell’assessore Minenna, per concludere con il dg di Atac Rettigheri e l’amministratore unico Brandolese (sostituito nell’arco di poche ore con l’ingegnere nucleare Manuel Fantasia) e il nuovo ad di Ama, Solidoro (nominato da questa giunta neanche 30 giorni fa).

La Raggi – e il Movimento Cinque Stelle in coro – ci avevano promesso di scalfire il sistema consociativistico classico dei partiti, ci avevano giurato che non avrebbero ceduto alle ambizioni da poltrone. In sostanza, ci avevano assicurato di voler ripulire la politica dalla cupidigia del potere. E invece prendiamo atto che la sindaca, per avere un uomo di prestigio (almeno così si dice) come Minenna, ha dovuto digerire (complice Di Maio, a quanto sembra super sponsor del dirigente CONSOB) alcuni suoi desiderata, in blocco: la Raineri e poi l’ad di Ama. Un sistema di potere parallelo il quale, appena è stato privato di una gamba, ha fatto crollare giù tutto il tavolo.

Questo è il dato politico grave: la Raggi ha avallato una ragnatela di poteri e relazioni che lei ci aveva promesso di rimuovere e di combattere. Soprattutto di un organo di cui lei è responsabile e che ha formato: la Giunta. Avremmo capito, compreso e osannato se lei avesse dovuto condurre una guerra contro un groviglio che ereditava dalle vecchie gestioni. Ma se viene da quelli di cui lei è “capo”, cominciamo a farci delle domande.

LE TOPPE COMICHE: LE DICHIARAZIONI.

La tragicommedia però si è superata con le dichiarazioni che avrebbero dovuto mettere una “toppa” alle polemiche. In primis quella del Vicepresidente della Camera Di Maio, considerato il Churchill del Movimento (senza motivo, poi): “Pensavate che governare Roma fosse facile? Queste sono tutte manovre per farci fuori!“. Ma l’assessore Minenna e tutto il caravanserraglio annesso l’ha nominato la Raggi e non qualcun altro! A meno che…

Per non parlare della stessa sindaca che, nella prima riunione della “Giunta post-dimissioni a birilli” ha detto: “Andiamo avanti, saremo più forti“. Non è un po’ pochino come dichiarazione, Virginia?

Da premio Oscar, invece, le esternazioni del PD che, ricordiamo, ha fatto la guerra al suo sindaco, Ignazio Marino, dal giorno dopo essersi insediato, sfiduciandolo nella sala oscura di un notaio. Il Presidente dei democratici e commissario del partito romano, Matteo Orfini: “Non è solo inesperienza politica, ma attorno alla Raggi si sta riciclando il vecchio potere romano e le vecchie pericolose relazioni che hanno distrutto la nostra città, in primis sui rifiuti“. E chi le ha create queste relazioni? E Marino che le voleva davvero sradicare, dove è finito? Il PD è implicato in Mafia Capitale o meno?

IL CENTRO DI TUTTO: LA POLITICA SFOCATA.

Il vero nodo è che la politica dei nostri tempi è debole e arida di idee. Al potere arriva chiunque, pure chi, in un momento normale, avrebbe al massimo aperto l’uscio dei circoli. Mancano i partiti, che fanno selezione della classe dirigente, formano le persone, creano squadre che poi vincono e governano coese. Per 20 anni ci siamo ubriacati di “partiti liquidi”, di affermazioni come “basta con le strutture-partito!“. Oggi, dopo 20 anni, ci ritroviamo invece davanti a questi scenari inverecondi.

Chi scrive è il primo che ha “picconato”, nel suo piccolo, quel sistema; so perfettamente che le forze politiche hanno promosso i fedeli, i polli da batteria delle segreterie, i pappagalli di quelli che contavano e non hanno fatto eleggere i migliori. Ma se tornassero a fare quello per i quali sono stati ideati, avremmo un quadro politico forte che ci porterebbe fuori dalle crisi. Senza arrivisti dilettantistici di cui non abbiamo davvero bisogno.

Simone Piloni

Studia Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Roma Tre e ha scritto, fin dall’età di 17 anni, in vari giornali locali. Da qualche anno è rimasto folgorato dall’ambiente radiofonico e non se ne è più andato. Conduce ogni settimana un programma di attualità ed interviste su RadioLiberaTutti.it . REDATTORE SEZIONE POLITICA.

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