Das Boot, una seconda stagione all’insegna del sacrificio
Das Boot, continua l’epopea bellica nella serie Sky Original con Vicky Krieps e Tom Wlaschiha
Era il 1981 quando il mondo venne travolto dalla forza narrativa ed emotiva di U-Boot 96 (1981) di Wolfgang Petersen. Il film, con protagonista Jürgen Prochnow, vinse la sfida del tempo, raccontando della (dis)umanità della guerra anche nella fazione nemica: i nazisti. La sfida di Sky Deutschland e Bavaria Fiction era ardua, ma Das Boot (2018 – in onda) ideato da Johannes W. Betz e Tony Saint riesce a riproporre la sopracitata dinamica secondo gli attuali registri telefilmici.
Ispirata ai libri Das Boot e Die Festung di Lothar-Günther Buchheim, nonché seconda serie Sky Original ambientata in terra tedesca dopo l’affascinante e maestosa Babylon Berlin (2017 – in onda), la seconda stagione di Das Boot vedrà – oltre ai già rodati Vicky Krieps (Il filo nascosto), Tom Wlaschiha (Il trono di spade), Rainer Bock (Bastardi senza gloria) e Fleur Geffrier – new-entry come Thomas Kretschmann, Kevin McNally e Clemens Schick.
Sinossi
Ambientata nel 1942, la seconda stagione di Das Boot si sviluppa lungo tre linee narrative. Il veterano degli U-boot Johannes von Reinhartz (Clemens Schick), a bordo della U-822, vedrà la sua fedeltà messa in dubbio nello svolgimento di una missione segreta; la U-612, del comandante Wrangel (Stefan Konarske), parte al suo inseguimento.
Assisteremo anche al rifugio a stelle e strisce dell’ex comandante U-612 Klaus Hoffmann (Rick Oton) e il suo desiderio di tornare in patria per riabilitare il suo nome.
A La Rochelle, nel frattempo, Simone Strasser (Vicky Krieps) e la sua compagna di stanza Margot (Fleur Geffrier) cercano di salvare una famiglia ebrea dalla Gestapo.
La condanna alla grandezza
La seconda stagione di Das Boot parte forte, con una sequenza che per fotografia e tensione, ricorda il capolavoro di Petersen del 1981, nei momenti di maggior drammaticità. A differenza del suo predecessore però, Das Boot amplia il potere narrativo del racconto non limitandosi, unicamente, alle sequenze nel Boot, ma anche al di fuori di esso, ora seguendo Hoffmann a New York, ora con la Strasser e la Resistenza Anti-Nazista in Francia. Tutti accomunati da una “condanna” alla grandezza, al “fare la cosa giusta”, all’atto eroico come unica scelta per sopravvivere e lasciare il segno nella storia.
Tale scelta narrativa, oltre a dotare il racconto di corde claustrofobiche, permette a Das Boot di dispiegare il contesto scenico, meticolosamente accurato, e i suoi personaggi – e relativi archi narrativi – andando a toccare tematiche storico-sociali edificanti come la discriminazione degli afroamericani e la persecuzione antisemita.
La depersonalizzazione dell’individuo, la guerra non guarda in faccia nessuno
Tematiche, così, che non fanno che accrescere la forza di un sottotesto già profondamente umano sugli effetti della guerra e sulla de-personalizzazione dell’individuo. Che siano Alleati o Nazisti, buoni o cattivi, gli uomini sotto la divisa sono tutti fatti di carne e ossa.
La grande forza narrativa di Das Boot, nonché del suo illustre predecessore, sta proprio nella forte connotazione umana del racconto. Sia esso nel mostrarci i soldati della fazione nemica (e odiata) come uomini impauriti che semplicemente eseguono degli ordini; che nel raccontare di errori umani durante una pericolosa missione in terra Alleata – come accade proprio in apertura di seconda stagione.
Un degno sequel seriale di un’opera immortale
I confronti tra i due “Boot” sono inevitabili, considerando il peso specifico assunto da U-Boot 96 nella storia del cinema. Ironia della sorte – però – il capolavoro di Petersen ha più di un punto in comune con lo zelante sequel targato Sky Original.
L’originale Das Boot infatti, venne rimontato quasi quattro anni più tardi dal rilascio in sala e dalle sei nomination agli Oscar 1982 – nel 1985 – come miniserie televisiva con 100 minuti di girato in più, rispetto alla director’s cut che sfiorava le tre ore e 20 minuti di montaggio.
Con entrambi una natura “televisiva”, il Das Boot della nostra generazione forse non avrà quell’ispirata visione d’insieme di Wolfgang Petersen, ma riesce a sopperire al tutto con un racconto che è insito omaggio al capolavoro del 1981 ora nelle atmosfere, ora nei toni, ora nel sottotesto declinato; ma al contempo ne prende cautamente le distanze a livello di racconto, secondo binari narrativi – tuttavia – decisamente più ordinari.
Das Boot 2 approderà sugli schermi televisivi italiani a partire dal 26 giugno 2020 grazie a Sky Italia.
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Fonte immagini: Sky.it