#Animagic: Dumbo, un film semplice ma potente per raccontare l’accettazione

4° Classico Disney del 1941, con Dumbo lo Studio raggiungeva al tempo stesso l’apice e la fine dei suoi anni d’oro. Ne parliamo per la rubrica #Animagic

 

 

dumbo cartoon disney 1941Era la fine del 1939 quando venne portata all’attenzione di Walt Disney una storia del 1938, scritta da Helen Aberson e illustrata da Harold Pearl, con protagonista un elefante dalle grandi orecchie di nome Dumbo. Era quello un periodo di difficoltà finanziarie per lo Studio della Disney: Pinocchio e Fantasia non avevano avuto il successo sperato, anche a causa della guerra che aveva eliminato una parte consistente dei guadagni oltreoceano. Il prossimo film avrebbe dunque dovuto portare incassi, a tutti i costi.

Walt si rese conto velocemente che la storia di Dumbo sottopostagli era proprio quello che ci voleva: una storia che avrebbe portato il pubblico a identificarsi, commuoversi, già con un’economia di racconto bella delineata e che non richiedeva un alto budget. Acquisiti i diritti del progetto, questo nel 1940 venne affidato agli sceneggiatori Joe Grant e Dick Huemer, che tra le modifiche apportate trasformarono l’unico amico di Dumbo da pettirosso in topo, e aggiunsero le celebri sequenze delle cicogne in volo e dei Rosa Elefanti. La lavorazione di Dumbo fu una delle più felici e veloci per lo Studio: nell’autunno del 1940 il film era già pronto ad andare in animazione e nel 1941 era completato.

Sinossi

Ecco quindi che nasceva Dumbo per come lo conosciamo, oggi considerato il quarto Classico Disney. La narrazione inizia all’interno di un circo della Florida, quando molti degli animali che ne fanno parte ricevono da una cicogna il proprio cucciolo. Anche l’elefantessa Signora Jumbo si vede recapitare il proprio piccolo, Jumbo Jr., presto deriso per le sue enormi orecchie e soprannominato Dumbo (“dumb” in inglese significa “stupido” o “muto”, nella versione italiana l’elefantino viene invece chiamato fin dall’inizio Dumbo). Per difendere il figlio dagli scherzi di un gruppo di ragazzini, la Signora Jumbo finisce per perdere le staffe, subendo come conseguenza la reclusione in una gabbia. Dumbo si ritrova a questo punto solo ed emarginato. Sarà il topo Timoteo a stargli vicino e a dargli coraggio. I due stringeranno amicizia, si ubriacheranno, e scopriranno per caso che Dumbo con quelle orecchie può fare qualcosa di molto speciale: volare.

dumbo cartoon disney 1941Un cartoon “piccolo” ma grande

La bellezza di Dumbo sta nel suo presentare una storia semplice, senza grandi pretese artistiche, in cui tutto però funziona perfettamente. Come dicevamo, alla Disney in quel periodo non interessava darsi agli estri di film come Fantasia. Per guadagnare ci si buttò dunque sul puro entertainment e su un racconto che poteva offrire qualcosa di fondamentale allo spettatore: l’indentificazione e la connessione emotiva. Il personaggio di Dumbo è infatti il classico reietto maltrattato, e che pure riesce a trasformare un proprio difetto e debolezza in un punto di forza, rivalendosi su quanti non hanno creduto in lui. Il film offre di tutto: humour, commozione (impossibile non piangere alla sequenza del brano Bimbo mio), stravaganza, personaggi ben caratterizzati, un finale appagante.

Furono diversi i trucchi tecnici adottati al fine di risparmiare, il tutto senza però togliere qualità all’animazione. Ecco quindi che per i background vennero creati dei semplici acquerelli; gli effetti speciali si fecero meno elaborati; il design più semplice rispetto ai film precedenti. Siamo di fronte a un cartoon, che non vuole essere altro che tale, la cui grafica ispirata ai poster circensi si presenta brillante e vivace, senza puntare al realismo.

Sequenze che si fanno ricordare

Un cartoon che conquista lo spettatore con il suo mix ben calibrato di elementi, e con la sua capacità di ideare in soli 64 minuti delle sequenze memorabili. Su tutte, quella dei Rosa Elefanti, che stupisce e lascia inizialmente perplessi nel suo essere un pezzo totalmente fuori dagli schemi disneyani. Un pezzo unico, colorato, sperimentale, che molto subisce l‘influenza del surrealismo in voga nel periodo, di cui presenta una sorta di parodia.

dumbo cartoon disney 1941Qualche accusa solleva invece oggi la sequenza dei corvi, che a detta di alcuni proporrebbe una rappresentazione stereotipata della cultura afro-americana, e quindi razzista. Un’accusa che lascia perplessi, considerato come i corvi, dopo le beffe iniziali ai danni di Timoteo, possano invece essere annoverati tra le figure più positive del film. Spiriti liberi, ma simpatizzanti e incoraggianti nei confronti di Dumbo.

Dumbo che è sì il protagonista, ma un protagonista che… non parla. Questa condizione dell’elefantino presentò una vera sfida per gli animatori (soprattutto per Bill Tytla, che per animarlo si ispirò al figlio di due anni Peter), in quanto rese ancora più importante del solito la recitazione. E se Dumbo è muto e un personaggio per la maggior parte del film ammantato di tristezza, a fargli da contraltare è invece il topo Timoteo, emblema dell’ottimismo e assai chiacchierone.

Musica ed evasione

Altro elemento che contribuisce al successo del film è la musica. La colonna sonora, scritta da Frank Churchill e Oliver Wallace con testi di Neal Washington, vinse un Oscar nel 1942, e si distingue rispetto alle altre soundtrack disneyane. A differenza infatti di quello che era solitamente il volere di Disney, che desiderava che la musica portasse avanti la narrazione, in Dumbo i brani sono più che altro un commento musicale a ciò che accade sullo schermo. Come nel pezzo dei corvi, ma soprattutto in Bimbo Mio (Baby Mine, nominato agli Oscar come Miglior canzone), che si presenta come una sorta di canto che sgorga dal cuore (e non dalla bocca) di mamma Jumbo. Dumbo ci regala (anche) grazie alla sequenza di Bimbo Mio una delle più tenere rappresentazioni della maternità sul grande schermo.

In un mondo circense il cui focus narrativo si concentra sugli animali, gli esseri umani hanno al contrario un ruolo piuttosto marginale, e la loro stessa resa grafica è o abbozzata o caricaturale. Ma ciò non influisce sulla resa finale del film. In periodo di guerra, Dumbo diede all’America un’occasione di evasione, illuminando con la sua gioiosità i cuori di quanti andarono a guardarlo. Con le sue spese contenute, il suo bellissimo messaggio di accettazione, la sua mancanza di pretenziosità, Dumbo fu infatti un grande successo commerciale e di critica. Grazie a un film “piccolo” ma potente come Dumbo, lo Studio della Disney raggiungeva al tempo stesso l’apice e la fine dei suoi anni d’oro.

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Giorgia Lo Iacono

Da sempre cultrice del cinema classico americano per indole familiare e dei cartoni Disney e film per ragazzi anni ’80 e ’90 per eterno spirito fanciullesco, inizio più seriamente a interessarmi all’approfondimento complesso della Settima Arte grazie agli studi universitari, che mi porteranno a conseguire la laurea magistrale in Forme e Tecniche dello Spettacolo. Amante dei viaggi, di Internet, delle “nuvole parlanti” e delle arti – in particolare quelle visuali – dopo aver collaborato con la testata online Cinecorriere, nel 2013 approdo a SeeSound.it, nel 2015 a WildItaly.net e nel 2016 a 361magazine.com, portando contemporaneamente avanti esperienze lavorative nell’ambito della comunicazione. CAPOSERVIZIO CULTURA

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