Dove sono finiti i Chicago Bulls?

Il destino mescola le carte e noi giochiamo. Con questa frase il famoso Arthur Schopenhauer, uno dei maggiori pensatori del XIX secolo, ha cercato di spiegare cosa sia il fato. Ma è anche il riassunto della storia recente dei Chicago Bulls. Il 28 aprile 2012 e il 22 novembre 2013 il destino ha voluto giocare un brutto scherzo ai “Tori” chiudendo di fatto la carriera di Derrick Rose. Un ciclo finito troppo presto. Tante le ambizioni tarpate da una fatalità inaspettata e troppo crudele. Ma è solamente questo l’evento clou che ha sconvolto i principali piani di Jerry Reinsdorf? O ci sono altri fattori conosciuti solamente dagli addetti ai lavori? In cosa ha sbagliato Tom Thibodeau? Tanti gli interrogativi su una squadra che ormai ha perso la famosa scintilla e si ritrova attualmente fuori dalla post-season e con un futuro sempre più incerto.

da usatoday.com
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Capitolo 1: Derrick Rose

È indiscutibile. La causa principale del fallimento, stagione dopo stagione, della squadra è Derrick Rose. Il numero 1 dei Chicago Bulls era diventata la stella della squadra. Lo testimoniano i premi ricevuti. Rookie dell’anno (2009), All Star game (2010) e MVP della stagione (il più giovane di sempre a vincerlo) hanno mostrato che Pooh, soprannominato così dalla madre, era diventato uno dei migliori giocatori della lega, se non il migliore. Playmaker incredibile per il suo cambio passo e velocità, sotto la sua guida Chicago era tornata a sognare, dopo gli anni bui post Jordan. Eppure il destino ha voluto cambiare le carte in tavola e stravolgere i piani di Rose. Un infortunio al legamento crociato anteriore sinistro prima e una lesione al menisco mediale del ginocchio destro poi hanno chiuso definitivamente la carriera di Derrick. O almeno la brillante carriera che lo attendeva.

Una volta tornato in forze dopo questi due infortuni, il playmaker che avevamo potuto ammirare nei primi 3 anni ai Bulls non è più tornato purtroppo e ora vediamo solo l’ombra di un ex grande giocatore. Con i se e con i ma, come si dice, non si fa niente, tuttavia non starei a scrivere questo articolo se non ci fossero stati questi due infortuni. I Chicago Bulls avrebbero, molto probabilmente, portato a casa il loro settimo anello con un Rose strabiliante. Ma non è successo e ora D-Rose è passato di moda. Dimenticato dalla maggior parte del pubblico, troppo preso a guardare le imprese di Curry e dei suoi Golden State.

Capitolo 2: Tom Thibodeau

 Nuccio DiNuzzo/Chicago Tribune

Nuccio DiNuzzo/Chicago Tribune

5 anni da capo allenatore (2010-2015) e 5 qualificazioni ai playoff. Maestro della difesa e Coach dell’anno (2010-2011), il 28 maggio 2015 viene licenziato. I motivi potrebbero essere tanti: da un rendimento in fase calante di qualche giocatore, primo fra tutti Noah, al non riuscire ad amalgamare bene tutto il team con la nuova stella della squadra Jimmy Butler. Stratega della difesa, forse Thibodeau non ha fatto brillare i suoi nella parte offensiva. Ma ciò che ha infastidito lo staff dei Bulls sono le cose non dette da parte dell’head coach: “Non ci sono stati obiettivi chiari e coerenti. Non vi è stata la volontà di partecipare a un libero flusso di informazioni”. Questo il principale motivo dell’allontanamento di Tom da Chicago secondo il proprietario Reinsdorf. Ma i rapporti tesi erano durati tutto l’anno e non solo con il presidente. Anche il vice presidente Paxson ha riconosciuto una rottura in un certo momento della stagione.

In cosa perciò ha sbagliato Tom Thibodeau? Dal punto di vista tattico si può discutere la scelta dei lunghi, come Gibson relegato sempre in panchina nonostante buone performance durante i 5 anni, ma anche la bassa qualità nella metà campo offensivo. Dal punto di vista, invece, di spogliatoio il fatto di non esser mai riuscito a portare la squadra a un livello di concentrazione elevato nei momenti decisivi. I casi più eclatanti sono la sconfitta lo scorso anno contro i Cavaliers (persa 4-2), dove i Bulls avevano la reale possibilità di andare sul 3-1 e chiudere quasi del tutto la pratica, e la finale di conference persa 4-1 contro Miami nel 2011 durante la quale, dopo un grande anno, si sono sgretolate tutte le convinzioni e le ambizioni dei giocatori nel giro di poche partite.

Capitolo 3: scelte sbagliate

 Jerry Lai-USA TODAY Sports
Jerry Lai-USA TODAY Sports

Una parte delle colpe spetta anche alla dirigenza dei Chicago Bulls. Il motivo principale? Non aver interpretato il momento in cui si doveva cambiare qualcosa. E quel breve momento è costato a Chicago anni di difficoltà. Si è aspettato, infatti, Derrick Rose dopo i due infortuni e questo ha generato grandi problemi in chiave di regia della squadra. Nel momento in cui poi è esploso Jimmy Butler si doveva cercare di costruire una squadra intorno a lui. E questo poteva portare anche a qualche grande sacrificio come Rose, Noah o Gibson. Ma invece non è stato così e si è aspettato il numero 1 per troppo tempo. Così facendo, però, i Chicago Bulls sono diventati una squadra che non si è mai armonizzata troppo bene. La ciliegina sulla torta è stata la scelta di Fred Hoiberg sulla panchina. Di fatto serviva un allenatore esperto che poteva proseguire il lavoro fatto precedentemente da Thibodeau, e invece si è optato per un neo allenatore uscente dal college. L’attuale head coach dei Bulls sarebbe stato perfetto per una squadra in ricostruzione, cosa che non erano affatto i Bulls di questa stagione.

Capitolo 4: Futuro

Finiti i playoff, arriverà una lunga estate per Chicago e il suo GM Gar Forman. L’attuale general manager, infatti, dovrà cercare di rivoluzionare questa squadra. Con un Gasol in partenza in vista della free agency e un Noah incerto sul suo futuro, le uniche certezze rimangono Rose e Butler. L’aspetto principale sarà trovare una linea concordata tra Hoiberg e la dirigenza per mettere su appunto i Bulls versione 2016/2017. È arrivata l’ora di prendere decisioni importanti che potranno portare all’allontanamento di giocatori che hanno rappresentato Chicago negli ultimi anni. Ma un ciclo, come sanno esperti e non, è finito. O si fa qualcosa o si rimarrà nella mediocrità. Lo United Center attende con ansia l’atmosfera magica degli anni 90, quella dei grandi campioni, dei 6 titoli. Riuscirà Chicago a tornare grande? 

 

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Sergio Pannocchia

Diplomato al Liceo Scientifico Statale “Ettore Majorana” (maturità scientifica) di Roma, frequenta la facoltà di Scienze della Comunicazione presso l’università Roma Tre. È da sempre appassionato di sport e in particolar modo di Basket. Segue da anni il campionato della NBA con particolare interesse per i San Antonio Spurs. Ha collaborato come redattore e video maker con i siti Basketlive e Basketitaly pubblicando diversi articoli. Ha inoltre svolto attività di collaborazione sul canale youtube Roma Breaking Videos. Attualmente è l’addetto stampa della società romana Smit Roma Centro. VICE CAPOSERVIZIO SPORT

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