Gabriele Dell’Otto, intervista al disegnatore Marvel e DC
Romano, classe ’73, Gabriele Dell’Otto è uno dei fumettisti ed illustratori italiani più famosi. Dopo aver lavorato presso uno studio di illustrazione, nel 1998 sottopone il suo portfolio al direttore responsabile ed editoriale della Marvel Italia, Marco Marcello Lupoi. Per il giovane disegnatore si aprono le porte del mondo del fumetto. Inizia così la collaborazione con la divisione europea della Marvel.
In questo periodo inizia anche un rapporto lavorativo con la DC Comics e con altre case editrici. Nel 2002 e nel 2003 si occupa della realizzazione del calendario storico per l’Arma dei Carabinieri. Durante la fiera di Angoulême, in Francia, incontra David Mack, il quale lo presenterà al supervisore capo della Marvel Comics, Joe Quesada. Da questo momento Gabriele Dell’Otto diventerà una delle matite più note della casa di fumetti. Il disegnatore romano si fa conoscere al grande pubblico con la miniserie Guerra Segreta, divenendo in breve tempo uno degli artisti di fumetti più amati.
Gabriele Dell’Otto è stato tra gli ospiti di punta della prima edizione del Roma Cartoon Festival. Wild Italy lo ha intervistato per capire come tutto ha avuto inizio, ripercorrendo il suo rapporto con il fumetto e molto altro.
Partiamo dalle origini. Come è nata la passione per il disegno e quando hai capito che avresti voluto fare il disegnatore di fumetti?
Da che ho memoria ho sempre disegnato. Da piccolo ero molto timido, quindi il disegno era il mezzo con cui riuscivo ad esprimermi. Ho sempre trovato un beneficio nel disegno, mi ha sempre rilassato. C’è una leggenda a casa Dell’Otto in cui a detta dei miei genitori le prime parole che ho detto sono state fatta e penna, cioè carta e penna. La passione dei fumetti invece mi è stata trasmessa da mio padre, che è sempre stato un grande appassionato. Soprattutto di quelli italiani ed europei. Sono cresciuto leggendo Herman, i Bonelli e così via. Poi piano piano ha iniziato a darli via a causa del poco spazio.
La vera svolta però è arrivata dopo il liceo artistico, quando ho scoperto cosa fosse un’illustratore. Accompagnando una mia che voleva fare design del gioiello all’Istituto Europeo ho scoperto che tra i corsi c’era illustrazione. Mi sono informato e mi hanno fatto vedere i lavori degli ex alunni, sono rimasto folgorato. Tornato a casa ho detto ai miei cosa volevo fare e ho iniziato così l’istituto.
Da qui è iniziato tutto. Inoltre già al secondo anno avendo una grande facilità di disegno uno dei docenti mi ha preso nel suo studio. Fortunatamente ho iniziato subito a lavorare. Ho iniziato facendo lavori per i Carabinieri e poi nel 1998 ad Expocartoon ho mostrato i miei disegni alla Marvel. Nonostante la mia titubanza per un eventuale rifiuto, mia moglie mi convinse ad andare alla fiera per mostrare i miei lavori. Da lì è iniziato tutto quanto.
Come è cambiato il fumetto in questi vent’anni e in cosa deve ancora migliorare?
Il fumetto è cambiato in meglio sotto molti punti di vista. A livello di disegnatori è migliorata la qualità. La cosa che è peggiorata è purtroppo il digitale, che non è un male in assoluto ma è usato male. Permette una grande velocità di esecuzione ma chi arriva a fare questo lavori – soprattutto i giovani – non sanno che dietro c’è una preparazione classica. Usando il digitale avendo una preparazione classica si ha un valore aggiunto. Con il digitale non c’è più l’errore.
La tecnica prende il sopravvento sull’arte, e diventa una sorta di ossessione il correggere ogni minimo errore. Ci vuole un’educazione che dovrebbe partire dalle scuole che invece tendono per facilità e mancanza di bravi maestri a non farlo. C’è una perdita di bellezza, i disegni a mano non sono perfetti ma proprio questa imperfezione li rende tali. È un valore aggiunto. Servono docenti che insegnino ai ragazzi a superare i propri limiti con le proprie forze, non con l’aiuto del digitale. Se diventa il mezzo con cui superare i propri difetti diventa un mezzo con cui nascondersi dietro l’angolo. Un nascondiglio che però serve a poco perché prima o poi qualcuno ti trova.
Ti hanno mai chiesto di disegnare uno storyboard? Ti piacerebbe?
Ho iniziato a disegnare storyboard all’inizio della carriera, facendoli per delle agenzie di pubblicità. Dopo aver fatto il primo ho capito che non è un lavoro per me, mi piacciono le cose fatte bene. Gli storyboard purtroppo richiedono velocità di esecuzione ma a me sembra di fare un lavoro a metà , quindi ho lasciato perdere.
Al cinema ci arrivo per vie traverse. Ogni regista che si avvicina ai Marvel Studio ha molto materiale da cui attingere, per cui tramite l’editor studiano i fumetti e disegni di riferimento. Spesso a fine film ci sono i ringraziamenti ai disegnatori. Io ad esempio li ho avuto per Avengers, Captain America: Winter Soldier, e altri. Spesso è perché si sono ispirati ai miei art work. Dd esempio il martello di Ronan in Guardiani della Galassia è quello disegnato da me nelle cover della serie di Annihilation. Anche nella serie di Agent of S.H.I.E.L.D. ci sono i ringraziamenti nei miei confronti. Sono dovuti al fatto che Daisy Johnson/Quake è stato inventato da me e Bandis. Il personaggio indossa dei bracciali protettivi, io le avevo anche disegnato una sorta di collare che le protegge la colonna vertebrale. Sono attesti di stima.
A proposito di film Marvel, il 6 luglio arriva Spider-Man: Homecoming. che rapporto hai con il personaggio? Sia come disegnatore che come fruitore.
Spider-Man è la croce e delizia di tutti i disegnatori. Il problema del personaggio è che quando indossa la maschera non ha un viso e non è facile trovare nuove pose in cui disegnarlo. Lo devi sempre reinterpretare mettendoci del tuo. Da lettore l’ho sempre letto con piacere. Sono affezionato ai fumetti classici di Spider-Man, non è un caso che nelle mie versioni il supereroe ha le ragnatele sotto le ascelle. Un cosa che non piace a molti lettori, ma per me è un segno distintivo del personaggio.
Da spettatore di cinema sono combattuto. I film di Raimi nonostante la paura iniziale dopo aver saputo chi era il regista, mi sono sempre piaciuti. Si vede l’amore del regista per il personaggio. Trasmettono grande emozione. Gli Spider-Man con Andrew Garfield non mi dispiacciono ma sono didascalici, fatti per le nuove generazioni. Abbondano dei così detti spiegoni, non si fa più ragionare lo spettatore. Il pubblico non è stupido ma va un minimo educato, ma si ha paura che se si fa qualcuno di diverso non lo capisca. Se ai ragazzi dai qualcosa di bello loro lo capiscono, ma c’è questa forma mentis per cui se al pubblico non dai ciò che vogliono non lo capiscono e quindi non vendi. Poi per Homecoming ho paura, il trailer non mi fa ben sperare. Spero di essere smentito.
Tu lavori sia con Marvel che con DC, due case che dividono i lettori. Ma cosa hanno in comune?
Hanno in comune, senza voler sembrare ruffiano, la professionalità. Negli anni hanno migliorato il loro relazionarsi con gli autori perché si sono resi conto che al centro c’è l’uomo. Al di là dei problemi che si possono incontrare sul lavoro sono molto disponibili, ti fanno sentire coccolato. Per il resto non hanno molte differenze.
Se potessi scegliere un superpotenze quale ti piacerebbe avere? Saresti un eroe o un villan?
Sicuramente un supereroe, anche perché da grandi poteri derivano grandi responsabilità! E soprattutto mi piacerebbe avere il potere di Maddox, che ha il potere di duplicarsi. Potrei sdoppiarmi e fare tutto: andare a lavoro, badare ai figli, stare con mia moglie.
Sono tanti i giovani che aspirano a diventare disegnatori di fumetti e quindi entrare in questo mondo. Tu che sono vent’anni che sei nell’ambiente che consiglio ti senti di dargli?
Il consiglio è banale ma una delle cose fondatali è l’assiduità nel lavoro. Se veramente hai questa passione va coltivata e capire le attitudini che si hanno e metterla a frutto. Inoltre capire che comunque questo è un lavoro. Una delle mancanze nelle scuole è che quando si danno le consegne agli studenti non gli fanno capire che si deve disegnare tutti i giorni perché è un lavoro. Dicendo al ragazzo che ha una settimana di tempo lui ci metterà una settimana, ma usciti da scuola il tempo di consegna è molto minore.
Tutti i disegnatori quando arrivano in studio alle 9 non si alzano fino alle 18. È il cambio da passione a lavoro, il quale va alimentato attraverso la passione. Non è sempre facile perché a volte il lavoro toglie il fuoco iniziale. Passione e impegno devono in equilibrio. Se l’impegno prende il sopravvento sulla passione diventi una macchina ma non hai più lo stimolo creativo. Viceversa c’è il rischio che fai un disegno all’anno.
Foto disegno spider-Man: Gabriele Dell’Otto – Artist Fansite
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