Addio a Gene Wilder, icona comica di una generazione

Scompare a 83 anni, malato da tempo di Alzheimer, Gene Wilder, attore, regista e sceneggiatore di fama mondiale, simbolo indiscusso della grande comicità hollywoodianagene wilder.

Candidato per due volte all’Oscar, l’attore rimane oggi uno dei protagonisti più affascinanti e stimati del panorama cinematografico internazionale.“Uno dei veri grandi talenti del nostro tempo”, come ha scritto in commemorazione Mel Brooks che ne ha fatto l’interprete straordinario delle sue eccentriche creazioni da Per favore non toccate le vecchiette del’68, fino ad arrivare nel ’74 a Mezzogiorno e mezzo di fuoco o Frankenstein Junior, film che inaugura l’irresistibile coppia Wilder-Feldman.

 GLI ESORDI.

Gene Wilder, pseudonimo di Jerome Silberman, nasce a Milwaukee, in Wisconsin, nel 1933, da una famiglia di ebrei russi. Si forma negli Stati Uniti e in Inghilterra come attore teatrale ed esordisce con Gangster Story di Arthur Penn, ma non viene poi scritturato per lo spettacolo Madre Coraggio e i suoi figli dove lavora al fianco di Anne Bancroft, allora fidanzata di Mel Brooks, che li farà incontrare dando inizio alla geniale collaborazione.

Il ruolo di Leo Bloom in Per favore non toccate le vecchiette – con il quale ottiene la candidatura agli Academy Awards come “Miglior attore non protagonista” – diviene così il trampolino di lancio di una sfolgorante carriera e la prima occasione in cui dimostrare una prova della sua estrema versatilità e dell’abilità a rivestire con leggerezza e senza artificiosità i panni di qualsiasi personaggio.

L’INDIMENTICABILE VOLTO DELLA COMICITA’ AMERICANA.

<<La maggior parte dei grandi comici, quando li vedi fare cose stupide, potresti dire: “Questo è quello che avrebbe fattogene wilder anche un bambino”>>. Così Gene Wilder descrive l’essenza profonda della sua inesauribile vena comica ed è sostanzialmente questa ilarità  ingenua e un po’ infantile che rende esilarante un personaggio come Willy Wonka in La fabbrica del cioccolato di Mel Stuart (1971): qui Gene Wilder – antesignano di Johnny Depp nel ricoprire il ruolo dell’estroso proprietario della fabbrica – mostra eccezionali doti di trasformismo e una tendenza innata a caratterizzare in maniera originale il suo ruolo, divenuto con lui l’emblema per eccellenza di una comicità stralunata e autoironica.

Ma il film per il quale probabilmente Wilder è più ricordato e che suscita tuttora una reazione entusiasta nel pubblico di ogni età è Frankenstein Jr, nato da un suo progetto ispirato al racconto di Mary Shelley e proposto ad un reticente Mel Brooks. E’ da questo sodalizio intellettuale che nasce uno dei maggiori capolavori dell’umorismo satirico e caricaturale di ogni tempo.

 L’ATTORE-REGISTA.

gene wilderTra le svariate pellicole che lo vedono brillante protagonista da quel momento in poi si possono ricordare: Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso (*ma non avete mai osato chiedere), frizzante e paradossale commedia alla maniera di Woody Allen; Il fratello più furbo di Sherlock Holmes, primo vero esperimento di regia nella forma di una parodia sarcastica dei gialli di Doyle; La signora in rosso, nel quale ha come compagna la bellissima Kelly LeBrock (forse il più riuscito tra i film), dove tenta di assolvere contemporaneamente il ruolo di attore e di regista.

Abbandonato il cinema, si dedica anche ad alcuni lavori di scrittura: il primo è Kiss me like a stranger, emozionante biografia che ripercorre la sua vita fino alla morte della compagna e attrice Gilda Radner, momento da cui è iniziata la sua partecipazione attiva alla battaglia contro i tumori; l’ultimo è la raccolta di racconti intitolata What is thing called love?

Bizzarro, stravagante, fuori dalle righe, Wilder è stato il paradigma di una comicità innocente e senza pretese, il padre di un umorismo essenziale, ma mai banale che trova la sua finezza nella spontaneità dei gesti e nella sottile immediatezza delle espressioni così da rendere la semplicità il nucleo stesso di un’arte creativa intramontabile e l’unico mezzo attraverso cui lasciare agli spettatori un’eredità perenne: quella di saper sorridere sempre e meravigliarsi ogni giorno delle cose belle della vita.

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Antonella Rubinacci

Nata a Roma nel 1995, ma napoletana d'origine, studia Lettere moderne presso l'Università di Roma Tre. Interessata e poliedrica, appassionata d'arte, cinema e teatro, ama la letteratura fin da bambina e ha fatto della scrittura il mezzo per conoscere se stessa e il mondo. COLLABORATRICE SEZIONE CULTURA

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