Governo del cambiamento: le ragioni di uno stallo

Mi ero ripromesso di non analizzare fatti e avvenimenti politici senza che prima si fosse posata almeno un po’ di “polvere mediatica” e di chiacchiericcio in TV e sui social.

Lo stallo politico però in cui siamo immersi da più di 80 giorni e che è sfociato nel cortocircuito di ieri sera impone qualche riflessione per cercare di mettere ordine nel marasma che ci avvolge.

I fatti: il ” governo del cambiamento ” sostenuto da Lega e Movimento 5 Stelle non parte. Il presidente del consiglio incaricato Giuseppe Conte ha agitato bandiera bianca ieri sera, davanti all’opposizione del Quirinale ad approvare la nomina di Paolo Savona come Ministro dell’Economia (per sue idee, espresse anni fa, riguardo il piano B per l’Italia di uscita dall’Euro) e davanti alla fermezza con cui i leader dei due partiti di questa maggioranza hanno voluto tirare dritto.

Subito sui social, in TV e sui giornali si è scatenata la tempesta delle tifoserie: pro Mattarella, contro Mattarella, chi accusa Salvini, chi Di Maio, chi la legge elettorale in vigore, chi Adamo ed Eva.

Secondo me il ragionamento è molto più elementare. Governare significa impostare un cambiamento, prendere delle scelte, popolari o meno. Salvini e Di Maio questo lo avevano bene in mente. Credo però che mentre Di Maio era pronto ad assumersi il rischio, Salvini abbia giocato maggiormente d’astuzia.

Prima accetta la questione del “contratto per il governo del cambiamento ” e si siede al tavolo per trattare con i 5 stelle, poi si prodiga per far sapere che lui ce la sta mettendo tutta per far partire l’esecutivo. Una volta definito il programma, nel corso della discussione sulla squadra di governo, inserisce il nome di Paolo Savona all’Economia convincendo “Giggino” della bontà del profilo.

Tutti felici e contenti? Solo all’apparenza. Qui sta la furbizia del segretario del Carroccio. Salvini era consapevole che un profilo diciamo “controcorrente” rispetto all’impostazione europeista gradita a Mattarella avrebbe visto la contrarietà di quest’ultimo. Ne era certo. Non a caso, quando gli si prospetta di far retrocedere Savona e inserire il fedelissimo Giancarlo Giorgetti, il niet prevale.

Parliamoci chiaro: la campagna elettorale funziona quando esiste un antagonista, un nemico contro cui battersi, da mostrare all’elettorato per fomentare rabbia e voglia di rivalsa. Quale miglior “cattivo” dei tecnocrati di Bruxelles e del Presidente della Repubblica, accusati di sovvertire il voto popolare?

Matteo Salvini, con un triplo salto carpiato, è riuscito:

  • A fagocitare il Movimento 5 Stelle, voglioso di andare al governo, lasciandolo in disparte a chiedere da ieri sera l’impeachment per Mattarella insieme a Fratelli d’Italia;
  • Ad essere nella posizione di rompere anche con Berlusconi, sostenendo: “Se vota la fiducia a Carlo Cottarelli (il nuovo presidente del consiglio incaricato, chiamato direttamente da Mattarella questa mattina, ndr.) addio alleanza”.

Le mosse del capo della Lega lo mettono nella posizione migliore, adesso, per affrontare la nuova competizione elettorale prendendo una valanga di voti.

Decostruire questa nuova narrazione sarà pressoché impossibile per chi cercherà di mettersi di traverso.

E’ la Terza Repubblica, bellezza.

 

Foto nell’immagine di copertina tratte da: Ansa.it, Afp, Repubblica.it

Matteo Marini

Giornalista pubblicista, fondatore e direttore di Wild Italy. Ha collaborato con varie testate nazionali e locali, tra cui Il Fatto Quotidiano e La Notizia Giornale, ed è blogger per l’Huffington Post Italia. Nel 2011 ha vinto il Primo Premio Nazionale Emanuela Loi (agente della scorta di Paolo Borsellino, morta in Via d’Amelio) come “giovane non omologato al pensiero unico”. Studioso di Comunicazione Politica, ha lavorato in campagne elettorali, sia in veste di candidato che di consulente e dirige, da fine 2016, Res Politics - Agenzia di comunicazione politica integrata . DIRETTORE DI WILD ITALY.

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