Grilli e grillini.
E’ nota la poca simpatia che nutro nei confronti di Grillo nonché la mia difficoltà nel vedere il M5S come una reale alternativa, una credibile forza parlamentare nel panorama politico italiano. Considero il Movimento come uno sfogo di una parte dell’elettorato e do atto ai grillini di essere riusciti ad incanalare la rabbia, la delusione e la frustrazione di tanti cittadini e averle sapute trasformare in voti e volti all’interno del Parlamento. Di questo sono paradossalmente felice perché l’assenza di questo bacino avrebbe avuto conseguenze drammatiche per il tessuto sociale del Paese, già gravemente lacerato.
Detto questo, tra ieri e oggi ho ascoltato gli interventi di senatori e deputati a 5 Stelle in Aula durante il dibattito per la fiducia al neo governo Renzi e ci sono un paio di aspetti che hanno attirato la mia attenzione e sui quali mi piacerebbe si potesse creare una discussione.
Il primo e forse il più palese è questa costante presunzione di avere la verità in tasca, di conoscere la realtà delle cose tout court, di non avere dubbi su niente. Nei discorsi dei parlamentari a 5 Stelle ci sono solo certezze, mai una perplessità. E in questo c’è molto, moltissimo di Travaglio, eletto a furor di popolo come uno dei pochi giornalisti con la schiena dritta (e su questo ci sarebbe da scrivere un altro pezzo a parte).
Nelle parole dei pentastellati c’è una perenne contrapposizione tra il bene e il male, tra ciò che è vero e ciò che è falso, tra quello che è giusto e quello che è sbagliato – a detta loro, naturalmente. L’impressione che se ne ha osservandoli da fuori è che si siano auto proclamati paladini della giustizia, unici detentori della verità.
Un po’ più di umiltà credo non guasterebbe.
Il secondo aspetto è la convinzione di essere gli unici, veri, rappresentanti dei cittadini. Dai loro discorsi traspare ancora una volta un senso di ingiustificata superiorità nei confronti degli altri gruppi parlamentari. Nessuno mette in dubbio che abbiano speso e spendano tempo nelle piazze e per le strade a stretto contatto con i cittadini, ma questa non è una prerogativa del Movimento. Lo fanno anche gli altri, in forme e modi diversi magari, ma lo fanno. Erigersi ad unico contatto con il mondo esterno è arrogante, presuntuoso, ingiustificato.
La terza riflessione che mi sento di fare è il tentativo – mal riuscito – del parlamentare medio del M5S nel voler imitare Grillo costruendo i propri interventi in un perverso e pericoloso mix di battute e insulti. Con questa tecnica Grillo si è costruito un mestiere ed è stato bravo e capace a farlo, loro no, se ne facciano una ragione.
Gli esempi su questo punto sarebbero tanti, ma forse il più limpido è quello del senatore Carlo Sibilia – che alle parlamentarie del M5S prese 113 (centotredici) voti – salito alle cronache della giornata per aver definito Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan dei ‘figli di Troika’. Una battuta da Zelig, a voler essere generosi, e del tutto irrispettosa nei confronti del Presidente del Consiglio, di un ministro e dell’Aula stessa nella quale siede.
Andrebbe forse ricordato che secondo la Costituzione ogni singolo parlamentare che siede tra quei banchi rappresenta tutti i cittadini italiani, non solo i suoi 113 elettori, e che un minimo di rispetto, non dico nei confronti delle singole persone ma almeno delle figure istituzionali che queste rappresentano, sarebbe doveroso. Mettere sullo stesso piano le critiche nel merito (giuste e doverose, per carità) e gli insulti a ruota libera è controproducente tanto per chi ascolta e osserva da fuori, quanto per chi è stato eletto.
Infine non posso non menzionare questo continuo vedere complotti ovunque da parte di tanti esponenti del M5S. C’è una paura neanche troppo mascherata che esistano burattini e burattinai dappertutto e traspare un senso di terrore all’idea che ci siano intrighi di poteri forti e cospirazioni internazionali in tutto quel che accade nel Paese. Ecco, su questo punto, un consiglio spassionato: più libri e meno YouTube.