Honey Boy, Shia LaBeouf e i fantasmi del passato
Honey Boy è un racconto taumaturgico sul passato di Shia LaBeouf capace di affrontare cinematograficamente i suoi demoni interiori. In concorso alla 14^ Festa del Cinema di Roma
Dal momento del suo annuncio da parte di Amazon Studios, era chiaro che Honey Boy (2019) diretto da Alma Har’el con protagonisti Shia LaBeouf, Noah Jupp e Lucas Hedges, sarebbe stato uno di quei film “scomodi” perché magari troppo autoreferenziale o semplice traumatico.
In realtà la pellicola scritta e interpretata dallo stesso LaBeouf è uno dei piccoli grandi gioielli di questa Festa del Cinema di Roma 2019 e in generale dell’anno corrente. Un racconto metacinematografico che è anche coming-on-age dal forte valore taumaturgico.
Honey Boy è infatti la storia semi-autobiografica dell’adolescenza di Shia LaBeouf, una pellicola, come dicevamo, magari troppo autoreferenziale, ma un qualcosa che diventa necessario per una tipologia di racconto simile. La vita di un giovane attore, Otis, dalla burrascosa infanzia (interpretato da Noah Jupp) fino ai primi anni da adulto (interpretato da Lucas Hedges), lo vede lottare in tutti i modi per trovare una riconciliazione e un punto di incontro con il padre (interpretato da Shia LaBeouf).
Da una sceneggiatura che il talentuoso e controverso attore Shia LaBeouf ha scritto ispirandosi alle proprie esperienze personali, un film che ha fatto molto discutere.
Una narrazione classica tra 1995 e 2005
A cavallo di vent’anni, Honey Boy ci mostra la vita romanzata di LaBeouf, in una narrazione che tra il ’95 e il ’05 incede tramite digressioni temporali, mostrandoci le conseguenze della sua infanzia nella vita da adulta.
Nel farlo, LaBeouf delinea una struttura semplice e classica a metà tra coming-on-age e metacinema di rapporto padre-figlio che sorregge l’intera narrazione rappresentandone il fulcro nel dualismo protagonista-antagonista – risultando magari fin troppo statica nel suo dipanarsi mantenendo immutate le dinamiche, giocando però molto sulla grande forza emotiva del racconto.
In tal senso, Honey Boy ha un valore taumaturgico immenso per il suo autore, divenendo un espediente con cui Shia LaBeouf scende sino agli inferi del proprio abisso per poi affrontare a muso duro il proprio demone interiore arrivando persino a impersonarlo.
Un padre da incubo per il piccolo Shia
Da Honey Boy emerge un quadro di vita triste e penosa, in cui Otis, l’alter-ego di Shia – o per meglio dire lo stesso Shia, era vittima di un padre capace soltanto di buttare addosso tutte la propria negatività sul figlio. Progettando così azioni volte lentamente a sminuire la sua carriera neonata, o ancora ponendogli dei piccoli paletti volti a rendergli impossibile la vita.
Il padre di Shia infatti era un uomo capace di passare da momenti di tenerezza, ad altri di violenza spaventosa, ora di tipo verbale, sminuendo la madre al telefono davanti al piccolo, ora di tipo fisica pigliandolo a schiaffi. Un uomo che incolpa il figlio dei suoi fallimenti da padre, ora manipolandolo invidiando il suo successo da attore fallito qual’è – tutte azioni che un bambino di 12 anni assorbe come spugna a livello emotivo – divenendone così direttamente influenzato.
Reazioni a cui il piccolo Shia/Otis reagisce ora piangendo, ora cercando figure paterne nel programma Fratelli Maggiori, ora legandosi indissolubilmente alla prostituta timida (interpretata da FKA Twigs), ora in reazioni violentemente eccessive con cui buttar fuori tutta la rabbia repressa di un padre che quand’è presente fa più danni di quando sparisce.
Shia, badate bene non Otis, è così un uomo adulto che è ancora un bambino, vittima del proprio passato e incapace di affrontare coerentemente il presente. Ma non perché stupido o ribelle per natura, piuttosto per l’assenza dei punti di riferimento necessari in un mondo come questo.
Honey Boy, un gioiello cinematografico
Con Honey Boy, LaBeouf realizza un racconto semi-autobiografico che in quanto tale va visto non solo come un semplice sfogo da far trasparire, piuttosto parte di una terapia volta all’ex attore di Transformers, per ritrovare un equilibrio interiore.
L’intera narrazione ci fa sottolineare ancora una volta il potere taumaturgico dell’arte nel poter affrontare anche i propri demoni interiori, un qualcosa che LaBeouf riesce a fare commuovendo, emozionando, riuscendo a toccare quei nervi scoperti che solo chi ha vissuto conflitti irrisolti con i propri parenti sa di che stiamo parlando.
Honey Boy verrà distribuito nelle sale italiane in data da destinarsi, da una distribuzione Amazon Studios.
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