I Casalesi nel Nordest
Il nordest si era fermato a Felice Maniero con la Mala del Brenta, un’organizzazione mafiosa tutta del nord, creata da un uomo del nord – ma con l’ausilio dei soggiornisti obbligati – e composta da soli uomini del nord. La chiamavano la “Quinta Mafia”, dopo Cosa Nostra, Camorra, ‘Ndrangheta e Sacra Corona Unita. Ha retto fino agli anni ’90 con l’arresto del suo creatore, nonchè padrino, Felice Maniero, entrando in tutti i tipi di fronte malavitoso: dai sequestri di persona alle rapine, dal traffico di sostanze stupefacenti al traffico d’armi, dal riciclaggio di danaro agli omicidi.

C’è chi giura sul fatto che non si sia spenta del tutto la fiamma della Mala, dal momento che “Faccia D’Angelo” – così chiamato Maniero dalla stessa organizzazione – ha scontato pochissimi anni in carcere. Ma oggi, grazie al lavoro della Direzione antimafia di Padova e del Comando provinciale dei Carabinieri di Vicenza, tutti coordinati dal PM della DDA di Venezia, Roberto Terzo, si è sgominata la banda legata a filo diretto con i Casalesi, che è arrivata qui solo un anno fa. Nonostante il poco tempo, questo gruppo di criminali ha costruito un giro d’affari altamente fruttifero in gran parte del nordest: le vittime dei soprusi sono stati 135 imprenditori, più di 100 società. Si sono contati 61 episodi di usura e 17 di estorsioni aggravate. E non è difficile capirlo se si leggono le intercettazioni:
“Ora sono 32 mila euro, vuoi che te lo spiegano meglio un’altra volta? Alessandro (il picchiatore, Ndr) ti viene a cercare… lo sai quante pagine di precedenti ha Alessandro?”.
Quello che parla è Mario Crisci, detto ‘O Dottore, 33 anni e capo dell’organizzazione. Ma entriamo nello specifico.
Con lo scoppio della crisi economica, molte imprese del Nordest si sono ritrovate con l’acqua alla gola perchè le banche faticavano, e faticano tutt’ora, a dare prestiti. Approfittando della situazione i Casalesi decidono di inviare un gruppo organizzato che si presti a creare un giro di prestito a strozzo. Il riferimento resta sempre la casa madre campana, tanto è vero che quasi ogni settimana devono recarsi a Napoli per dare la quota al clan.
Per operare questi prestiti i malavitosi si appoggiavano alla società Aspide srl, ufficialmente specializzata in security e recupero credito. La sede principale si trovava a Selvazzano Dentro (PD), ma aveva sedi anche a Padova e nel Trevigiano. Nella realtà la società forniva crediti alle aziende in forte difficoltà con tassi di interesse mostruosi che si aggiravano attorno al 10-15% mensile, fino al 180% annuo. Gli imprenditori che non pagavano venivano costretti a cedere l’attività oppure a “entrare” a fare parte del giro procacciando nuovi “clienti” per l’associazione mafiosa. In caso di mancato pagamento o cedimento dell’azienda, o in caso di ritardi, partivano le spedizioni punitive con pestaggi violentissimi. Sempre nelle intercettazioni si parla di “gambe e facce spaccate, ma sui giornali non ho letto nulla”. Non solo, perchè risultano anche due sequestri di persona. Il pagamento avveniva tramite delle semplici ricariche Postepay. Come già detto, parte del danaro andava alla casa madre, mentre il restante veniva diviso fra i sodali per le prestazioni effettuate: un vero e proprio stipendo. Al momento del sequestro di tutte le documentazioni, sono state trovate assegni, cambiali e cessioni di credito aziendali degli usurati per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro, più armi e munizioni da guerra.
Il gruppo di camorristi era composto da 27 persone. Quasi tutte provenienti dalla Campania, ad esclusione di 8 veneti e 2 “picchiatori di rinforzo”, uno albanese e uno ceco. Per 25 è stato emanata la custodia cautelare, mentre per altre due l’obbligo di dimora.
I capi di imputazione sono numerosi: si va dall’associazione di tipo mafioso, all’usura, dall’estorsione, all’esercizio abusivo dell’attività di intermediazione finanziaria, più sequestro di persona. L’inchiesta è partita grazie all’unica denuncia di uno delle vittime, un imprenditore padovano.
Luigi Delpino, procuratore di Venezia, ha sostenuto che “È stato estirpato un cancro mafioso dall’imprenditoria sana del Veneto”. Ma non solo, perchè ha voluto anche sottolineare “l’importanza dell’operazione che ha smembrato un pericolosissimo sodalizio che in un contesto di crisi economica e di debolezza finanziaria nel settore della piccola e media imprenditoria del Nord Est, di crisi di liquidità e di accesso al credito istituzionale, ha utilizzato sistemi tradizionali mafiosi per introdursi nel mercato imprenditoriale veneto con effetti devastanti”. Sono arrivati anche i complimenti del Ministro Maroni e di Angelino Alfano. Quest’ultimo ha aggiunto che “l’arresto di numerosi esponenti della camorra, dimostra il buon operato del governo nel contrasto alla criminalità organizzata e rimanda al mittente le accuse di immobilismo di questi giorni”.
GIAMPAOLO ROSSI
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