La fine del mondo, la summa di ciò che è stata la sfrenata Trilogia del Cornetto
La chiusura di un cerchio, la conclusione di una trilogia. La fine del mondo. Dopo aver affrontato un’epidemia che trasforma i cittadini in zombie, dopo aver sventato una setta di sadici e menzogneri assassini, per Simon Pegg e Nick Frost è arrivato il momento di spingersi ancora oltre. Di andarsene in grande stile. Di sfidare un esercito intelligente e brutale di alieni.
È il 2013 e passati cinque anni dall’uscita dell’irresistibile Hot Fuzz il regista e sceneggiatore Edgar Wright si accinge a mettere un punto all’epicità della Trilogia del Cornetto iniziata nel 2004 con originalità e passione per il cinema. La fine del mondo è perciò l’estremo con cui salutarsi, lo stravolgimento che permette al fuori posto di trovare il proprio ruolo nella baraonda. Un po’ come avvenuto per il cineasta stesso, che ha trovato la sua strada nell’universo della settima arte attraverso il caos organizzato dei suoi film, frenetici e a tratti deliranti.
Gary King e la sua impresa: percorrere il Miglio Dorato
Gary King (Simon Pegg) era un re ai tempi della scuola. Conosciuto da tutti, leader del suo gruppo di amici, Gary ha perso tutto questo, rimanendo impantanato in una vita che guarda ancora al passato. A differenza dei suoi ex compagni di scorribande, ognuno con la propria casa e il proprio lavoro, lontani da una giovinezza di bevute e capricci alla King. Giorni che però Gary ricorda come i suoi ultimi momenti felici e che cerca perciò di rivivere impegnandosi nella sua più importante impresa: finire il Miglio Dorato. Un percorso di dodici pub in cui scolarsi a testa una pinta e concludere il tutto a La fine del mondo. Sarà così che la banda si ritroverà unita per ripercorrere i vecchi passi, giungendo ad una scoperta inaspettata e… Ultraterrena.
La fine del mondo – La summa delle caratteristiche della Trilogia del Cornetto
La fine del mondo è tocco Edgar Wright allo stato puro. Un linguaggio cinematografico personalissimo che nel corso dei tre lavori del cornetto ha raggiunto un finale reso in maniera marcata, esagerata. Una summa delle caratteristiche alla quale il giovane regista all’inizi del 2000 ha iniziato ad educarci, per poi rendere il tutto in una chiave ancor più smaccata e chiudere così definitivamente la saga.
Ogni cosa ritorna ne La fine del mondo ed ogni cosa è l’esasperazione delle precedenti opere. La musica non è solo presente, ma è una costante continua. Gli immancabili dettagli non solo sono spesso inquadrati, ma rendono al meglio la narrazione della storia. Non ci sono solo due protagonisti maschili principali, ma il cameratismo è quanto mai percepibile. I movimenti non sono solo coordinati, ma eseguiti in sincronia come fossero una danza. E La fine del mondo non solo cambia genere in corsa, trovata del racconto che Wright assieme al suo co-sceneggiatore e protagonista Simon Pegg hanno dimostrato di saper utilizzare e sfruttare al meglio, ma segna un taglio netto e preciso rispetto ai presupposti iniziali del film.
Se infatti ne L’alba dei morti dementi e Hot Fuzz la trasformazione da una tipologia di pellicola andava pian piano condendosi degli aspetti essenziali che l’avrebbero poi fatta approdare ad un’altra categoria di opera, ne La fine del mondo il ribaltamento è talmente sbalorditivo da destabilizzare un compiaciuto spettatore. Quest’ultimo esaltato dalle capacità del regista di saper ben collegare una tipica commedia sul non saper diventare adulti ad una minaccia aliena sul piede di guerra.
La fine del mondo, la fine di una Trilogia
E così La fine del mondo diventa tutt’altro, non solo un locale in cui ubriacarsi, ma la reale catastrofe di un mondo sottosopra per incastonare un protagonista fuori dal normale in un’irrealtà caotica nella quale sembra sapersi muovere meglio di quando il racconto è cominciato. Sono sempre coloro fuori dall’ordinario a trovare il proprio posto nella confusione delle pellicole di Edgar Wright, un cambiamento che mai avviene all’interno, ma bensì si mostra ingente nell’esterno. Protagonisti che non sanno adattarsi al proprio mondo e per questo il mondo stesso è portato ad adattarsi ai suoi protagonisti.
Lo scontro tra passato e presente, i quali generano un inatteso futuro, è ciò che costituisce l’azione dinamica e ironica de La fine del mondo. Un finale entusiasmante come è saputa essere la completa, incredibile, straordinariamente acuta Trilogia del Cornetto. Una comicità unica che rimarrà intatta e che ha segnato i semi della poetica di scrittura e di forza visiva di Edgar Wright.
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