L’illegittimità dell’impedito

Dopo rinvii vari e spauracchi inevitabilmente uditi dai membri della Consulta, ieri è arrivata la sentenza, la decisione improrogabile che sancisce come in parte la legge sul legittimo impedimento, voluta a gran voce da Silvio come suo scudo spaziale, sia per la maggior parte anticostituzionale e in piccola parte debba essere giudicata valida secondo la discrezione dei vari giudici titolari dei suoi processi.
Per la terza volta la consulta è stata interpellata per leggi palesemente ad personam, giudicando quindi l’uguaglianza davanti ai cittadini del cavaliere e la sua condannabilità. E a ragion dei precedenti, le decisioni hanno sempre scatenato bufere istituzionali che a ben vedere hanno fatto mantenere un profilo basso e cauto in quest’ultima scelta. Se poi pensiamo al fattore P3 – loggia massonica sulle ali della P2 – col chiaro intento di acquistare illecitamente, e forzare la decisione sul secondo Lodo Alfano da parte della Consulta, tutto il quadro diventa più chiaro.

Ciò che ne deriva quindi è una decisione sofferta, rimandata, ma alla fine emanata. Quello che più è chiaro invece è una sconfitta da parte del premier, il quale a dire la verità non godeva di ottima fiducia in essa – nonostante si aggirasse in doppio petto e con l’aria spavalda a sciorinare atti di tranquillità. La legge è stata quasi del tutto spazzata via, mantenendo solamente ciò che di meno importante le apparteneva. La discrezionalità e il potere decisionale sulla legge da parte dei giudici milanesi, è un aspetto molto pericolo che B. ha sicuramente preso in considerazione e lo spaventa non poco. Non foss’altro perché a differenza di tempi passati in cui costruiva e organizzava ad hoc impegni istituzionali e consigli dei ministri, d’ora in poi non avrà più questo vantaggio, e in caso di impedimento certificato il giudice non sarà più obbligato a posticipare l’udienza ad una data non inferiori ai sei mesi (articolo 4 comma 1) – il quale provocherebbe un’ernome disparità tra accusa e difesa.

Ma al di là delle reazioni scontate, di rabbia da una parte e di accusa dall’ altra, forse bisognerebbe porre l’attenzione su i pro e i contro che escono da questa sentenza.
La vittoria che una parte dell’Italia onesta contrappone al marciume della politica italiana e alla figura del nanetto è indubbia, ma ciò che deve riflettere è questo semplice discorso. I tre processi che interessano il premier, per il quale aveva richiesto questo scudo temporaneo in attesa di migliori salvacondotti, lo obbligano a tornare imputato, ma probabilmente si salverà dalle condanne. Nel processo Mediaset – che lo vede coinvolto per frode fiscale – tutti e tre i giudici competenti sono stati traslocati e quindi lì si dovrà ripartire da zero, nel caso Mills – con corruzione giudiziaria – la presidentessa è passata alla corte d’Appello con primo, secondo e terzo grado che inverosimilmente si dovrebbero celebrare in circa un anno, mentre nell’ultimo caso Mediatrade – appropriazione indebita e frode fiscale – il gup è passato al tribunale dibattimentale e tutto terminerebbe nel 2015 con un processo da celebrare per intero. Nessuno poi ricorda che Berlusconi e il compare Dell’Utri sono indagati a Firenze per le stragi del 1993 sotto gli pseudonimi di mandante 1 e mandante 2.
Quindi tra traslochi e prescrizioni incombenti Silvio potrebbe tranquillamente farcela e manterrebbe lo status al limite dell’assurdo di incensurato – che a dirlo provoca sonore risate.

Ma evidentemente il nostro ometto non fa nemmeno in tempo a finire uno sproloquio su un’ indagine a suo carico che subito ne sopraggiunge un’altra. Quindi, notizia freschissima che esso sia indagato per sfruttamento della prostituzione per la faccenda Ruby, sul quale ha già giurato la sua innocenza sulla testa dei figli – e ovviamente c’è da credergli a scatola chiusa (sic!) -. La faccenda porterebbe prove a carico di B. che attesterebbero ben sei incontri nella villa di Arcore e festini a Villa Certosa in Sardegna. E c’è da giurarci che la vicenda che vede coinvolti anche Emilio Fede, simpatico ometto spacciato per giornalista e Lele Mora trafficante di corpi femminili con la complicità del prosseneta al femminile Nicole Minetti non finirà tanto facilmente. E in un periodo di totale declino di ogni irragionevole mezzo di regime, con le elezioni alle porte, ciò creerà un totale scombussolamento da non poco. Con lo sfondo di Bossi e i suoi fantomatici fucili pronti a sparare, questo vedrà il possibile ritorno alla libertà, ad una speranza di democrazia. Senza B. Che perde.

MATTEO MAISTRELLO
matteo.maistrello@yahoo.it

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