Mea Culpa – Seconda parte
Tagli sulle braccia e sul corpo, ferite profonde nella mente: Giulia non si rendeva conto che Luca la vita se la stava rovinando da solo, e a lei con lui.
La verità era che Luca era un giovane con molti problemi, che dietro quella facciata da mite e bravo ragazzo era un debole necessitante di una psicoterapia. Sottomesso alla volontà di genitori troppo ingombranti sfogava su Giulia tutto quello che lo faceva soffrire, trasformandola nella sua personale valvola di sfogo.
Qualche settimana dopo quell’ennesima litigata alle dieci passate, il malato equilibrio di Giulia si ruppe: Dopo un litigio a scuola col ragazzo si era chiusa in bagno con le forbici, ma dimentica di chiudere a chiave il gabbiotto, una ragazza più piccola l’aveva scoperta e spaventata aveva chiamato i professori. E tutti a scuola avevano scoperto il suo segreto. I suoi genitori cercarono uno psicologo, consci soltanto in quel momento della fragilità mentale in cui era sprofondata la ragazza e timorosi del collasso, che purtroppo avvenne comunque in quei giorni. La notizia dell’autolesionismo di Giulia fece il giro delle conoscenze e Luca, timoroso di essere associato a una ragazza così problematica, la lasciò, sostenendo che seppure lei alla fine era un’ottima persona, lui non riusciva comunque a sostenere il peso di una fidanzata così. Non a vent’anni. Non era giusto -sosteneva- chiedergli anche quello. Le disse che però era disposto a restarle vicino come amico, perché ormai sentiva per lei un profondo affetto che non poteva cancellare. Anche se poi scomparve con lei e non rispose mai ai suoi messaggi.
Giulia smise di andare a scuola. Non volle neppure per l’esame di maturità, nonostante la scuola avesse acconsentito a farglielo sostenere. Dissero che poteva tentare a Settembre, presentando il certificato medico. Poi, un pomeriggio, girando in rete alla ricerca della puntata di un telefilm che vedeva in quei giorni, trovò un forum. Era una piattaforma gratuita su cui, tramite un nickname inventato, si poteva parlare di vari argomenti. Il tema centrale era il telefilm, un angolo di ritrovo tra i fan di tutt’Italia, ma c’erano sezioni dedicate anche ad altre tematiche. Entrò e lesse di vari ragazzi e ragazze che raccontavano i loro problemi. E scrisse. Non seppe perché, non aveva mai voluto parlare con nessuno di quanto le era accaduto nell’ultimo anno, ma si registrò con un nome lontanissimo dal suo non inserendo alcun dato personale, aprendo una discussione e raccontando la sua storia, tutta completa.
E si sorprese nel vedere che neppure mezz’ora dopo le avevano già risposto. Lesse con avidità, timorosa da un lato, curiosa dall’altro. Tra i vari commenti uno la colpì profondamente:
Mi dispiace per quello che stai passando e ti capisco: Anche io sono stata per molto tempo autolesionista, anche se ho cominciato in seguito ad atti di bullismo in terza liceo. Quello che è capitato a te penso sia addirittura peggio, perché tu ne hai subiti dal tuo ragazzo. Tu non hai nessuna colpa. Posso dirti che hai sbagliato a non lasciarlo, questo sì, ma capisco anche che non l’hai fatto: Quando sei in una fase così delicata della tua vita e la tua personalità viene così attaccata e non viene difesa da nessuno si diventa ancora più fragili, ancora più deboli. Non sto dicendo che tu sia una debole, questo non lo so e non c’entra nulla con la tua reazione. Non esistono persone sbagliate, semplicemente non eravate compatibili. Non esiste cosa più sbagliata di cambiare l’essenza di una persona. Ovvio che per andare d’accordo bisogna arrotondare ognuno i propri spigoli, ma non si può pretendere che una persona da tonda diventi quadrata solo perché noi la vogliamo così.
Altri commenti si aggiunsero a quello e Giulia restò colpita da quante persone non davano la colpa a lei. Restò colpita davvero, perché era stata profondamente convinta che il problema fosse in lei, nella sua persona, in come i suoi genitori l’avevano cresciuta e nel suo io più profondo.
Di colpo si ritrovò a passare sempre più tempo in quel punto di ritrovo virtuale, scoprendo che purtroppo molte altre persone avevano subito la sua stessa esperienza e altre anche peggiori. E ricominciò a mangiare, aprirsi, recuperare parte della sua autostima che Luca tanto aveva leso. I suoi genitori quasi non ci credevano ma furono ben felici di accompagnarla, una domenica pomeriggio, a incontrare alcune delle ragazze del forum, anche loro di Milano. Erano due mesi abbondanti che la figlia non voleva uscire di casa. Si era avviato in Giulia quel lento processo di rinascita, grazie a quello che forse gli era sempre mancato: Degli amici. Era lei da sola che doveva combattere le sue battaglie, ma farlo con qualcuno che tifava per lei dalle retrovie aiutava.
A Settembre riuscì a strappare un sessanta alla maturità e a Dicembre si decise ad andare dalla psicologa.
“Come si sente adesso rispetto al suo ex?” Le domandò un giorno la dottoressa, ormai a quasi un anno dalla rottura.
Giulia restò a lungo in silenzio a osservare il muro sopra di lei.
“E’ tanto strano che non senta? Voglio dire, è come se avessi un buco nero se ripenso a quei tempi”. Rispose.
La donna annuì, appoggiando le mani sul grembo.
“No, non è strano. Ma cerchiamo di descriverlo meglio e di buttarlo fuori. Piano piano, con un po’ di tempo”.
Giulia asserì con il capo, recuperando la borsa sulla sedia lì vicino. La sua ora era finita e doveva andare.
Aveva ancora molti timori e strascichi della relazione con Luca, specie quando si rapportava con dei ragazzi, ma un poco alla volta li stava sciogliendo. Lei in primo luogo aveva voglia di uscirne, e questa era la vera vittoria.
Mi piacerebbe poter dire che “tutti i personaggi di questa storia sono immaginari e fittizi, ogni riferimento a persone, fatti e luoghi veramente esistenti è puramente casuale” ma purtroppo non è così.
Ho conosciuto realmente Giulia (della quale solo il nome e la città di appartenenza sono fittizi, modificati per rispetto della privacy), ho visto la sua parabola di discesa e salita, la sua esperienza, il suo dolore. Quella che ha subito Giulia è una sorta di violenza psicologica, un’esperienza negativa che l’accompagnerà per tutta la vita e che purtroppo moltissime ragazze e donne di tutte le età vivono ogni giorno. C’è un motivo per cui ho scritto questa storia e ho deciso di pubblicarla: Usare la scrittura per mandare un messaggio. Ritengo che la narrativa abbia il potere di darci molti insegnamenti e trasmetterci quell’ “improvvisa consapevolezza di una realtà interiore” di cui parla Joyce. Vorrei che chi leggesse questa storia, se si riconosce in parte in Giulia (donna o uomo che sia), capisse che questa non è una relazione sana e agisse di conseguenza. E’ questo il vero scopo di questo racconto, il mio vero obiettivo.
Lo spero con tutto il cuore.
Martina Monti
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