Ora il problema è Renzi
Intorno alle 23.20 di ieri, il premier Matteo Renzi è apparso sui canali streaming della Presidenza del Consiglio per tenere una conferenza stampa di commento al risultato del referendum sulla durata delle concessioni ai petrolieri per le trivellazioni in mare e che invece si è rivelata un monologo, vista l’assenza di giornalisti (e quindi di possibili domande), dal pulpito d’occasione e con il lancio di messaggi piuttosto inquietanti.
Come era giusto che fosse, le tv hanno trasmesso integralmente il discorso nel quale il Presidente del Consiglio ha cominciato attaccando (giustamente) i vecchi vizi della politica italiana dove, ad ogni elezione, tutti dicono di aver vinto e nessuno ha perso. Il problema è che poi Renzi ha proseguito il suo ragionamento con un attacco sconsiderato a tutti i baluardi di una democrazia, o almeno a quelli che dovrebbero essere riconosciuti come tali.
Ha trascinato una sede che dovrebbe rimanere neutrale come Palazzo Chigi nel Nazareno, sede del PD, attaccando – senza mai citarlo – Michele Emiliano, governatore della Puglia, reo di essere stato tra i maggiori sostenitori dell’appuntamento referendario e protagonista di una contestazione puntuale delle convinzioni del premier sulla questione trivelle-concessioni durante una direzione del partito. Lo ha richiamato a governare al meglio la Regione, a pensare ai problemi dei cittadini e lo ha accusato di essersi impuntato sul far svolgere comunque il referendum, “gettando 300 milioni che potevano essere spesi nella ferrovia locale, perché una legge non ci ha permesso di accorparlo con le amministrative”. Tralasciando le risate che queste affermazioni possono suscitare visto che – se si vuole – le norme si possono cambiare, il punto è che il Presidente del Consiglio usa una istituzione pubblica come il Governo per dirimere le beghe interne di partito e manifesta ancor più plasticamente, per chi non l’avesse capito, tutta l’insofferenza verso chi dissente. Emiliano ormai sembra avere le ore contate nelle fila dei democratici.

Oltremodo questo è ancora più grave perché, da come ha proseguito il discorso, il capo dell’esecutivo immagina i partiti non come luogo di confronto, ma come plebisciti perenni. “Chiunque non ci accetta, deve aspettare il 2018; alle votazioni saranno i cittadini a decidere se abbiamo preservato al meglio uno scrigno come l’Italia. La gente è stanca delle scaramucce dei politici!“. No, caro Renzi: in democrazia le opposizioni – anche interne – servono per far mantenere coi piedi per terra chi governa e per non farlo debordare dagli argini. Come lei infatti ha dimostrato.
Maggiormente inquietanti sono stati, a nostro avviso, gli attacchi verso “i talk show”, gli annessi “professionisti” e i social network. “L’Italia ha dimostrato che sa ragionare con la propria testa, senza le informazioni che girano nei talk show e hanno saputo all’ostaggio della campagna sui social network“. Le accuse sono continuate, in maniera più pesante, ma il nocciolo della questione è questo.
E’ inquietante perché non era mai capitato, forse neppure ai tempi di Berlusconi (che pure non si era fatto mancare niente sul tema), che un primo ministro attaccasse – da Palazzo Chigi! – l’informazione e la pubblica opinione, ora espressa da tutti su Twitter e Facebook. Ha screditato in una sede istituzionale la funzione di questi strumenti e il loro ruolo. Per quanto brutti possano essere, un Presidente del Consiglio non si deve permettere di attaccare spazi di informazione, ma al massimo chiedere di farsi intervistare per smentire le tesi contrarie nel merito.
Per cercare di far digerire la pillola, l’ha buttata poi sui posti di lavoro che ora vengono preservati e i quali col “sì” sarebbero andati al macero – falso! – soffiando sulla disperazione che milioni di connazionali stanno vivendo per la mancanza di un impiego e quindi di un salario. Non sono 11 mila gli occupati nel settore petrolifero, Renzi, ma appena 5 mila e sulle piattaforme, sono 100! Che sarebbero stati riassorbiti in 15 anni, vista la durata delle concessioni.
Stiamo attenti, stiamo accorti. Le trasmissioni “libere” sono nuovamente sotto attacco e anche se non le seguivamo più perché oramai organizzate su un dibattito fine a sé stesso, ora ci invita a sostenerle, perché non deve essere Renzi a decidere i palinsesti. In una democrazia normale. Forse non da noi.
Prepariamoci a chiusure “occulte”…