Speciale Michael Jordan: il primo ritiro del campione NBA

Dici Michael Jordan e dici basket, ovviamente. In questo speciale, diviso in due puntate, racconteremo il suo ritiro dal campo, la carriera nel baseball e il successivo ritorno con la maglia dei Chicago Bulls.

Partiamo dal 1993. Jordan aveva appena chiuso l’anno vincendo il suo terzo anello NBA consecutivo con la maglia dei Bulls. Solo Phil Jackson, l’allora capo allenatore, e le persone più vicine sapevano quanta fatica fossero costati quei tre titoli consecutivi, che Michael aveva conquistato grazie a una grandissima prova di forza e solidità mentale, ma anche superando la paura.

Questo denso concentrato di volontà rimase sospeso in una specie di limbo, durante l’estate del 1993, mentre Jordan era risucchiato in un vortice di dolore. A spingerlo in questo insieme di cose erano l’impresa lanciata insieme al figlio Larry che stava fallendo e l’omicidio del padre James Jordan avvenuto il 3 agosto, il giorno del ritrovo del cadavere nei dintorni di McColl, South Carolina.

La fatidica decisione

Il basket rimase fuori dai pensieri di Michael Jordan nelle settimane a venire, mentre lottava per accettare la morte di suo padre. Quando si avvicinò l’inizio della stagione cestistica, David Falk, l’agente di Jordan, informò Jerry Reinsdorf che MJ stava organizzando il proprio ritiro. La morte del padre non fu menzionata, ma il proprietario dei Bulls capì che era all’origine della scelta. E cosa voleva quindi fare Michael? «Voglio giocare a baseball» disse. Così il 6 ottobre 1993 Jordan annunciò pubblicamente il suo ritiro: «Non avrei preso la stessa decisione, con mio padre accanto» disse durante la conferenza stampa.

A gennaio MJ decise di rendere di pubblico dominio la sua decisione di giocare con i Chicago White Sox. Non giocava a baseball a livello agonistico da quando aveva lasciato le superiori, a Laney, nel marzo del 1981. Molto comunque sarebbe dipeso dalla sua leggenda. In attesa del suo momento, migliaia di tifosi avevano invaso Sarasota, dove avrebbero svolto il ritiro. I funzionari della squadra avevano fatto erigere delle barriere intorno allo Ed Smith Stadium per gestire la folla.

Delirio collettivo

Il ritiro primaverile era sempre stato piuttosto scarno, adesso invece c’era bisogno di incaricati aggiuntivi per la sicurezza, addetti stampa ovunque e scorte per entrare e uscire dal pullman della società. La stampa rimaneva fuori ad aspettare, in forze. La calca premeva contro i recinti a maglie di ferro: tutti chiedevano autografi che Jordan cercava diligentemente di concedere, innescando un ulteriore problema perché in quel modo andava contro le abitudini dei suoi nuovi compagni di squadra.

Tra le molte testate venute a osservare lo spettacolo c’era anche “Sport Illustrated”, per il quale Steve Wulf scrisse un resoconto canzonatorio che la redazione trasformò nella famigerata copertina dal titolo «Finiscila Michael! Jordan e i White Sox offrono un baseball imbarazzante». Si osservò, che l’attacco venisse dalla stessa rivista che aveva usato l’immagine di Jordan in copertina decine di volte per incrementare le vendite, e che nei promo televisivi offriva ai nuovi abbonati ogni sorta di gadget legato a Michael Jordan.

La seconda lega e il ritorno a casa

Mark Elias/AP

Finito il ritiro, però, Michael non aveva alcuna chance per rientrare nei venticinque della rosa per la massima competizione di baseball, la Major League, in quella stagione. Finì, quindi, in Alabama, assegnato alla formazione dei Birmingham Barons, che militavano nella seconda lega. Il 7 aprile Jordan tornò a Chicago per giocare nel Windy City Classic, un match di esibizione tra i White Sox e i Cubs, al Wrigley Field. I tifosi presenti erano trentacinquemila, solo per vederlo giocare. Il giorno seguente, Michael arrivò a Birmingham, infestata da migliaia di fan. Erano arrivati da ogni angolo del paese: un’enorme mareggiata causata da Jordan che avrebbe continuato a riversarsi sul baseball delle leghe minori in tutte le settimane successive, facendo registrare record di incassi e spogliando le bancarelle di ogni possibile souvenir.

Bob Greene una sera rimase colpito dallo spettacolo formato da migliaia di persone che attendevano per ore sotto il temporale, durante un rinvio per pioggia, nella sola speranza di vederlo giocare.

Nel seguente ritiro primaverile con la sua squadra di baseball, in Michael Jordan incominciò a crescere la sensazione che lo avrebbero usato come esca e lui non aveva alcun desiderio di diventare un giocatore di rimpiazzo o, peggio, un crumiro. Così finalmente il 10 marzo 1995, accantonò per sempre il sogno di suo padre e si diresse a casa.

 

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Sergio Pannocchia

Diplomato al Liceo Scientifico Statale “Ettore Majorana” (maturità scientifica) di Roma, frequenta la facoltà di Scienze della Comunicazione presso l’università Roma Tre. È da sempre appassionato di sport e in particolar modo di Basket. Segue da anni il campionato della NBA con particolare interesse per i San Antonio Spurs. Ha collaborato come redattore e video maker con i siti Basketlive e Basketitaly pubblicando diversi articoli. Ha inoltre svolto attività di collaborazione sul canale youtube Roma Breaking Videos. Attualmente è l’addetto stampa della società romana Smit Roma Centro. VICE CAPOSERVIZIO SPORT

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