#SpiegoneReferendum 4 dicembre: il Presidente della Repubblica e la Corte Costituzionale

Il Quirinale, sede della presidenza della Repubblica. Fonte: artribune
Il Quirinale, sede della presidenza della Repubblica. Fonte: artribune

I4 dicembre 2016, qualunque sia l’esito del referendum, sarà una data molto importante per l’Italia. Non sarà una consultazione come le altre perché tutti noi cittadini saremo chiamati ad esprimerci a favore o contro una riforma della nostra Costituzione: la carta fondamentale su cui si basa l’organizzazione dello Stato e il diritto italiano intero.

Cambiamenti nelle modalità di elezione per il Presidente della Repubblica e la Corte Costituzionale, piccole precisazioni sui loro poteri. In questo secondo articolo di spiegazione della riforma analizzeremo le variazioni introdotte ai ruoli di garanzia. Ci concentreremo dunque sulle modifiche alla Parte II della carta (Ordinamento della Repubblica), Titolo II (Il Presidente della Repubblica) e Titolo VI (Garanzie Costituzionali), Sezione I (La Corte Costituzionale).

DUE RUOLI DI GARANZIA

Il Presidente della Repubblica e la Corte Costituzionale sono organi di garanzia della tenuta costituzionale dello Stato Italiano. Il loro, con le dovute differenze del caso, non è un ruolo di indirizzo politico costante (che spetta al Governo), né legislativo (che spetta al Parlamento), ma di controllo, pensato dai padri costituenti affinché la Carta fondamentale non venga violata e non si alteri l’equilibrio istituzionale del paese.

Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e il rappresentante dell’unità nazionale. Ciò significa che egli è contemporaneamente la più alta carica dello Stato e il vigile a distanza dell’attività politica di Governo e Parlamento, che cerca di favorire la mediazione e l’equilibrio. I suoi poteri consistono nel: nominare il Presidente del Consiglio e i Ministri, promulgare le leggi (con facoltà di rimandarle una volta indietro al Parlamento se gli appaiono contrarie alla Costituzione), autorizzare il Governo alla presentazione dei disegni di legge, indire i referendum e le elezioni, ratificare trattati internazionali, nominare 5 giudici della consulta e 5 senatori tra i cittadini, concedere grazie e commutare pene, controllare le Forze Armate e soprattutto, in caso di necessità, sciogliere le camere.

L’inquilino del Quirinale possiede quindi importanti facoltà di intervento, ma per consuetudine costituzionale e per responsabilità d’Istituzione è sempre stata una figura mai pienamente invasiva della politica governativa.

Il neo eletto giudice Augusto Barbera (S), entra nella Sala delle Udienze del Palazzo della Consulta, per la sua prima udienza pubblica della Corte Costituzionale, a Roma, 12 gennaio 2016. ANSA / MAURIZIO BRAMBATTI
ANSA / MAURIZIO BRAMBATTI

La Corte Costituzionale (talvolta detta Consulta), invece, è un istituto di 15 giudici il cui intervento può essere richiesto dai cittadini in giudizio, dallo Stato o dalle Regioni. Essa ha il compito giuridico di pronunciarsi su: controversie di legittimità costituzionale (tra cui l’ammissibilità dei referendum), conflitti di attribuzione di potere tra gli organi dello Stato e tra quelli di Stato e Regioni, accuse di alto tradimento e attentato alla Costituzione al Presidente della Repubblica.

Si tratta dunque di due ruoli fondamentali per la struttura democratica dello Stato.

LE MODIFICHE PER IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

La riforma introdurrebbe principalmente una diversa modalità di elezione del Presidente della Repubblica. La sua rimarrebbe un’elezione indiretta (pensata dai padri costituenti per evitare un accrescimento di potere e prestigio determinato dal popolo che lo avrebbe reso troppo forte nel precario equilibrio politico) da parte di Camera e Senato in seduta comune, ma cambierebbero le maggioranze necessarie per la nomina.

Innanzitutto non parteciperebbero più alla votazione i delegati regionali, essendo già il nuovo Senato una camera di rappresentanza dei territori locali. Poi, dopo due scrutinii in cui si richiede la maggioranza dei due terzi del Parlamento, si allargherebbe la maggioranza necessaria passando da semplice maggioranza assoluta (50%+1 dei parlamentari) alla maggioranza dei tre quinti dell’assemblea (dal quarto al settimo scrutinio) e a quella dei tre quinti dei votanti (dal settimo scrutinio in poi). Quest’ultima, per la precisione, dipende dal numero dei votanti, ma ragionevolmente sarebbe in ogni caso quanto meno pari alla precedente (è raro che i partiti non votino per il Presidente della Repubblica e per far si che la maggioranza sia minore non devono votare il 10% dei parlamentari).

Altra importante novità sarebbero le piccole limitazioni ai poteri del Capo dello Stato. Con l’approvazione della riforma il Presidente potrebbe sciogliere solo la Camera dei Deputati, la sola di cui, tra l’altro, potrebbe indire le elezioni. In caso il Presidente non possa adempiere alle sue funzioni, poi, verrebbe sostituito dal Presidente della Camera (e non più da quello del Senato). Questo perché, ricordiamo, il Senato viene ripensato come organo permanente di raccordo tra Stato e territori locali.

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (s) e il presidente della Corte Costituzionale Paolo Grossi (d). ANSA/GIORGIO ONORATI
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (s) e il presidente della Corte Costituzionale Paolo Grossi (d). ANSA/GIORGIO ONORATI

Infine si prevede il nuovo potere del Presidente di ratificare (cioè rendere effettivi) anche i trattati relativi all’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea, sempre dopo l’autorizzazione delle Camere. In pratica un analogo della Brexit in Italia dovrebbe passare per un atto formale del Capo dello Stato.

LE MODIFICHE PER LA CORTE COSTITUZIONALE

Anche per la Corte Costituzionale sarebbero modificate le modalità di elezione/nomina. 10 rimarrebbero di nomina del Presidente della Repubblica e della magistratura ordinaria ed amministrativa (rispettivamente 5 e 5), mentre gli altri 5 andrebbero divisi tra Camera (3) e Senato (2), mentre oggi vengono eletti da tutto il Parlamento in seduta Comune.

Per quanto riguarda i poteri verrebbe precisata la facoltà di giudicare sulla legittimità costituzionale delle leggi elettorali di Camera e Senato (norma complementare alla possibilità di presentare tali leggi alla Corte da parte di senatori e deputati).

Infine nel caso di giudizio contro il Presidente della Repubblica interverrebbero, oltre ai giudici della consulta, sedici cittadini eleggibili a deputati (quindi di almeno 25 anni) e non più a senatori (quindi di almeno 40 anni).

QUI TROVATE LA COSTITUZIONE VIGENTE E LE MODIFICHE INTRODOTTE DALLA RIFORMA A CONFRONTO ARTICOLO PER ARTICOLO (OGGI ABBIAMO TRATTATO L’83, DALL’85 ALL’88, 134 e 135)

 

Giacomo Andreoli

Nato a Roma nel 1995, dopo aver conseguito la maturità scientifica, si è laureato in Filosofia presso l'Università degli Studi Roma 3. Articolista di cronaca e politica per il litorale romano, si interessa particolarmente di Ostia e Anzio. Gestisce un blog: https://ilblogdelleidee.wordpress.com/. INTERNI ED ESTERI

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