Renzi e il Ponte sullo Stretto: pesce d’aprile anticipato?
Ho voluto aspettare 24 ore prima di commentare l’ennesima sparata del Presidente del Consiglio Renzi che intende, questa volta, resuscitare l’immarcescibile progetto del Ponte sullo Stretto di Messina. Ho voluto aspettare sperando che non riuscisse a trattenere le risate e che ritrattasse quello che è – evidentemente – una specie di pesce d’aprile in anticipo.
Se non altro perché se di questo benedetto ponte se ne parla dagli inizi degli anni ’50 del ‘900 (se non anche prima, visto che già nel 1876 l’onorevole Zanardelli manifestava la necessità di unire la Sicilia al continente) e ancora non se n’è fatto nulla, qualcosa vorrà pur dire.
In compenso, nonostante non si sia mosso un dito, molti soldi sono stati spesi per il puro immobilismo. Nel 2010 il quotidiano Panorama riporta: «“Circa 1,8 miliardi di euro” spiega l’economista Guido Signorino dell’Università di Messina. “La disponibilità reale però dovrebbe essere inferiore, perché gli ultimi 470 milioni erano stati stanziati nel 2009, ma saranno disponibili solo nel 2012. Quindi in definitiva al momento parliamo di un fondo pari a circa 1,3 miliardi di euro”. Più complicato invece è sapere quanto è stato finora realmente speso, e pesa già sulle tasche dei cittadini. “Alcune fonti hanno parlato di più di 400 milioni di euro” spiega Signorino. “La Società Stretto di Messina però, che è la concessionaria del Ponte, si è affrettata a precisare che al momento risultano spesi circa 270 milioni. Probabilmente la verità sta nel mezzo”».
A settembre 2015 il Corriere della Sera specifica: «Per progetti, consulenze e studi spesi circa 600 milioni di euro […] Il piano economico, approvato dal consiglio d’amministrazione della Stretto di Messina Spa il 29 luglio 2011, portò il costo dell’opera a 8,5 miliardi di euro. Per dare le dimensioni della cifra astronomica: sarebbero circa 17 mila miliardi delle vecchie lire, in altri tempi sarebbe stato l’equivalente di una “manovrina” finanziaria. La somma peraltro non teneva conto della decisione della Commissione europea di escludere il Ponte sullo Stretto dalle linee strategiche sui corridoi transeuropei. Solo tali opere, infatti, possono godere del co-finanziamento comunitario».
Oltretutto adesso si vuole riconsiderare il progetto quando era stato già stoppato prima nel 2007, poi nel 2012 (dopo che Berlusconi aveva cercato di riportarlo in vita). Uno stop strano, l’ultimo, perché il governo Monti che la bloccò, parallelamente fece approvare un decreto legge che stabiliva un altro termine di due anni per dare mandato al Cipe di verificare tecnicamente il progetto definitivo e affidare alla società Stretto di Messina Spa “di riscontrare se e a quali condizioni i mercati finanziari internazionali sarebbero disponibili a finanziare l’opera”.
Palazzo Chigi specificò che il rinvio era per evitare di pagare penali subito e gli dava la possibilità di tirarsi fuori dall’intera vicenda nel caso in cui non fossero emerse risorse finanziarie private per sostenere l’opera.
Nel 2013 arriva la parola fine, con la messa in liquidazione della Stretto di Messina spa e con penali – salate – che il governo italiano comincia a pagare e a mettere nero su bianco.
E fin qui ho citato solo il tempo perso. Renzo Rosso, Professore ordinario di Costruzioni Idrauliche e Marittime e Idrologia del Politecnico di Milano, dalle colonne de Il Fatto Quotidiano parla di problemi e criticità – segnalate già nel 1990 – che comprometterebbero la tenuta della struttura.
Renzi è così sicuro che il gioco valga la candela? Solo poi per avere l’appoggio di Verdini e di Alfano? Oppure veramente siamo già al 1° aprile e non ce ne siamo accorti?