Roma e il caso Tutino: quando “sparare a zero” ti si ritorce contro

Ormai sembra essere una barzelletta, anche molto in voga viste le vignette e le immagini satiriche che circolano in Rete. A Roma l’assessore al Bilancio non si riesce ancora a trovare, nonostante la sindaca Virginia Raggi abbia deciso di spacchettare le deleghe (da una parte i conti capitolini, dall’altra la gestione delle partecipate). L’ultimo a tirarsi indietro, il 27 settembre scorso, è stato il magistrato contabile Salvatore Tutino.

Ex direttore del Secit (Servizio Centrale Ispettori Tributari), fra i fondatori del Cer e componente del Consiglio Scientifico dell’Istituto, Tutino è esperto di evasione fiscale e finanza pubblica.

E’ stato Dirigente Generale nel Ministero dell’Economia e delle Finanze fino al 2006, rivestendo i ruoli – oltre quello del Secit – di Direttore dell’Informatica per la fiscalità.

Prima ancora è stato Direttore di ricerca presso l’Isae, a conclusione di un percorso da Ricercatore e da Primo Ricercatore, e ha svolto attività di analisi e di studio presso il Dipartimento economico della Presidenza del Consiglio dei Ministri (1981-83).

Componente, nel corso degli anni, di Organismi, Comitati e Commissioni operanti nell’ambito del Ministero dell’Economia e delle Finanze, Tutino non si è fatto mancare neanche la docenza – tenendo corsi e seminari presso Università (Roma, Cassino, Siena, Urbino) ed Istituzioni (Guardia di Finanza, Scuola Superiore Economia e Finanze, Formez) – e la scrittura, firmando numerosi articoli e saggi su temi di finanza pubblica, di politica fiscale e di welfare.

Tutto bene fino a qui. Nel 2013 però succede qualcosa di inatteso. Il magistrato viene scelto dal governo di Enrico Letta come uno dei cinque nuovi consiglieri della Corte dei conti.

La decisione non fu ben accolta dalle deputate pentastellate Carla Ruocco (membro dell’ormai disciolto direttorio) e Laura Castelli, attualmente vicepresidente del gruppo a Montecitorio.

Tutino veniva considerato dal Movimento Cinque Stelle come uno fra i «cinque esponenti della casta salvati in extremis dai loro amici del Pd e dal governo».

Perché usare la parola “salvati”? Il riferimento è a un emendamento di Roberto Speranza del Pd che riuscì ad evitare il tetto di 300.000 euro per chi somma incarichi pubblici e pensione.

Ruocco e Castelli commentarono così il fatto: «Ecco perché il Cdm si è riunito in fretta e furia, doveva nominare cinque esponenti della casta perché prendessero la poltrona prima della legge di Stabilità».

Con queste premesse, quando si è cominciato a parlare di Tutino come possibile sostituto di Marcello Minenna e Raffaele De Dominicis (che, nonostante sia stato revocato a parole, risulta essere ancora nelle sue funzioni), il dubbio che la scelta potesse suscitare più di una polemica tra i 5 stelle ha cominciato a serpeggiare nelle stanze di Palazzo Senatorio.

A trarre d’impaccio tutti però ci ha pensato lo stesso interessato che, all’AdnKronos, ha fugato ogni dubbio, tirandosi indietro: «Non posso accettare accuse totalmente infondate e prive di ogni elemento di verità. Avevo dato la mia disponibilità consapevole delle difficoltà e dei rischi che l’impegno avrebbe comportato. Ma pensavo a difficoltà legate all’impegnativo lavoro che mi sarei trovato ad affrontare come assessore al bilancio della Capitale»

«Invece da diversi giorni – continua Tutino – sono sulla graticola, sottoposto a esami surreali. Sono diventato oggetto di una contesa in cui, più che i curricula, contano le illazioni e dove le falsità e le beghe di una certa politica fanno aggio su professionalità e impegno. Gli attacchi, del tutto ingiustificati, da parte di esponenti della forza politica che dovrà sostenere le scelte della giunta, minano alla base ogni possibilità di un proficuo lavoro. Perciò, nel ringraziare la sindaca per la considerazione, ritiro la mia disponibilità a fare l’assessore al bilancio. Continuerò, con serenità e rinnovato impegno, a dare il mio contributo alla Corte dei conti».

A chi toccherà adesso? Virginia Raggi è assicura: «Era una delle persone che stavamo esaminando, ma il nome arriverà presto».

Non era meglio pensarci prima di sparare a zero contro tutto e tutti? Giusto perché la Capitale d’Italia al momento non ha ancora un assessore al Bilancio. Una quisquilia.

Insomma: Houston, vogliamo ammettere che abbiamo un problema o vale ancora la filastrocca del “lasciamoli lavorare”?

Matteo Marini

Giornalista pubblicista, fondatore e direttore di Wild Italy. Ha collaborato con varie testate nazionali e locali, tra cui Il Fatto Quotidiano e La Notizia Giornale, ed è blogger per l’Huffington Post Italia. Nel 2011 ha vinto il Primo Premio Nazionale Emanuela Loi (agente della scorta di Paolo Borsellino, morta in Via d’Amelio) come “giovane non omologato al pensiero unico”. Studioso di Comunicazione Politica, ha lavorato in campagne elettorali, sia in veste di candidato che di consulente e dirige, da fine 2016, Res Politics - Agenzia di comunicazione politica integrata . DIRETTORE DI WILD ITALY.

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