#RomaFF11: Denial, Rachel Weisz a difesa della verità
All’11^ Festa del Cinema di Roma ecco Denial, dramma biografico britannico, basato sulla storia vera dell’accademica americana Deborah Lipstadt e sul suo libro “Denial: Holocaust History on Trial” (2003). Il film è in concorso nella Selezione Ufficiale. Alla regia troviamo Mick Jackson (“Guardia del Corpo“, “Vulcano – Los Angeles 1997“), mentre Rachel Weisz (“Il Nemico alle Porte“, “Youth“) veste i panni della protagonista. Tra gli altri interpreti troviamo anche Tom Wilkinson e Timothy Spall.
Sinossi.
Dopo la pubblicazione in Inghilterra del suo “Denying the Holocaust: The Growing Assault on Truth and Memory“, la scrittrice e professoressa americana Deborah Lipstadt (Rachel Weisz) viene citata in giudizio per diffamazione dallo storico britannico David Irving (Timothy Spall), conosciuto per essere razzista, estremista e antisemita. Lo studioso, grande esperto di Seconda Guerra Mondiale, contesta l’appellativo che la stessa Lipstadt gli aveva affibbiato: “negazionista e falsificatore“.
La scrittrice si troverà così a difendere la propria innocenza davanti alla corte. Nel Regno Unito, infatti, chi è accusato di diffamazione deve dimostrare la propria innocenza, partendo da una presunta colpevolezza. Ma la difesa della Lipstadt non è solo la sua: è quella della storia, del passato, della verità. Difendere se stessa e allo stesso tempo stabilire in maniera innegabile che l’Olocausto non è un’invenzione.
Una storia tanto vera quanto assurda.
Il film è basato sul libro sopracitato di Deborah Lipstadt, che uscirà per la prima volta in Italia il prossimo 15 novembre, edito da Mondadori. La pellicola, invece, sarà nelle sale due giorni dopo, il 17 novembre. Per entrambi il nome “italiano” sarà La Verità Negata.
Denial è senz’altro un film avvincente. L’intera trama ricalca il processo reale, uno dei più – se non il più – importanti e recenti casi legali sull’Olocausto. Nel film la causa è riportata nella sua interezza, tappa per tappa, dalla citazione in giudizio al verdetto. Qui non si discutono solo l’accusata e l’accusatore, ma anche una delle pagine più brutte e dolorose della storia umana. Una pagina che ha già la sua verità (quella che tutti noi conosciamo), e che nel processo viene assurdamente e grottescamente messa in discussione.
Un realtà che non si romanza.
In Denial ci troviamo di fronte, quindi, a un processo incredibile, tanto ovvio quanto difficile nella realizzazione. Il “gioco” è tutto tra Lipstadt e Irving. In poche parole, da una parte abbiamo le verità incontrovertibili, la storia umana e l’etica, dall’altra invece le menzogne, l’antisemitismo e il neonazismo. Si discute la natura negazionista e razzista di Irving ma, allo stesso tempo, anche l’innegabilità dell’Olocausto. Se Irving vincesse la causa, verrebbe rimessa in discussione ogni verità del nostro passato recente.
La realtà, però, è chiara a tutti, e anche nel film il verdetto – della causa naturalmente, non della storia umana – non è mai realmente in discussione. Non c’è suspense, non sono presenti storie diverse alla questione legale. Ciò è dovuto a una mancanza di “romanzo”; la storia del processo si spiega da sé, senza orpelli di sceneggiatura o inserimenti di contesti decentrati. La lente d’ingrandimento è puntata solo ed esclusivamente su Deborah Lipstadt.
Denial si può definire, quindi, un biopic. Emoziona per l’importanza del verdetto e per ciò che quel verdetto ha rappresentato nell’opinione pubblica. Di sicuro è un film da vedere, anche solo per conoscere la storia documentata del processo. La questione centrale di tutta la trama è proprio questa: “Irving ha torto, ma come si può dimostrare ciò?”
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