#RomaFF11: Train to Busan, l’imperdibile zombie horror di Yeon Sang-ho

Non di rado la storia del cinema ha eletto i treni a luogo deputato in cui svolgere l’azione filmica, tra gialli all’Assassinio sull’Orient Express o sci-fi post apocalittici come Snowpiercer. Ed è proprio un treno ad essere al centro della (frenetica) azione di Train to Busan, che si pone di diritto tra gli appuntamenti immancabili dell’11^ Festa del Cinema di Roma.

Il film diretto dal sud coreano Yeon Sang-ho è stato preceduto dagli apprezzamenti ricevuti al Festival di Cannes 2016, meritevole di aver riportato lo zombie horror movie – in questo caso in salsa ‘fine del mondo’ – ad alte vette, dopo la sonnolenza del genere causata tra gli altri dalle ultime stagioni di The Walking Dead.

Ultima fermata: la morte

La trama prende le mosse da un virus non identificato che si diffonde a ritmo vertiginoso. Mentre il governo coreano cerca di arginare il problema, seguiamo le vicende di un padre (Gong Yoo) e una figlia che si ritrovano ad affrontareTrain to Busan orde di zombie sul treno diretto a Busan su cui stanno viaggiando. Tra alleanze e scontri con gli altri passeggeri, presto non resta altro che lottare per la sopravvivenza.

Con Train to Busan gli zombie si svegliano dal loro tradizionale torpore per farsi pericolosamente scatenati, tornando finalmente a spaventare. Niente passi strascicati né trasformazioni lente: i non morti corrono come centometristi, subiscono la mutazione perlopiù nel giro di pochi secondi e sono assatanati di sangue e carne.

Ovviamente, come tutti gli zombie che si rispettano, pure quelli di Yeon Sang-ho hanno dei punti deboli, che i passeggeri del treno per Busan imparano un po’ per volta a sfruttare a proprio vantaggio.

La minaccia dell’orda

Yeon Sang-ho sa decisamente come tener desta l’attenzione dello spettatore. Il ritmo è frenetico grazie a un ottimo lavoro di montaggio, l’adrenalina sale alle stelle nei momenti giusti, si crea empatia con i personaggi e quindi inevitabilmente si tifa per la loro sopravvivenza come fosse la nostra. Se Train to Busan è vero che coinvolge e fa saltare più volte sulla poltrona, è però anche vero che tra i suoi meriti c’è quello di non prendersi troppo sul serio. Sul filone di predecessori quali Sam Raimi, il film riesce a infilare scene comiche e tamarre che, invece di spezzare il ritmo, aumentano la forza del film. Il regista, alternando momenti di calma (apparente) ad altri in cui la morte guarda dritta negli occhi i personaggi, muove la macchina da presa in un equilibrio di punti di vista, in un accrescimento studiato della suspense.

Gli zombie di Train to Busan ricordano da vicino quelli di World War Z, soprattutto quando – in composizioni visive Train to Busanmeravigliosamente orrorifiche – lo schermo ci mostra i non morti nella minaccia di massa dell’orda, gli uni che montano sopra agli altri nella loro voracità di morte. Come già in altri zombie movie, non è la nascita del virus né il post apocalisse a interessare, ma la pura lotta per aver salva la vita, che porta con sé riflessioni affatto banali sull’egoismo umano quando si sente la fine vicina e ciò che conta è solo la propria pelle, anche a costo di diventare belve inumane.

È vero che talvolta non manca la voglia di prendere a schiaffi i personaggi per comportamenti che noi da spettatori non adotteremmo, così come è vero che forse c’è qualche concessione di troppo al sentimentalismo. Piccoli difetti che tuttavia si perdonano facilmente a Train to Busan, che ci ricorda come il genere horror non è certo intorpidito, ma ha solo bisogno di una mano capace per tirar fuori pellicole coinvolgenti come questa.

Train to Busan uscirà anche in Italia grazie a Tucker Film.

 

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Giorgia Lo Iacono

Da sempre cultrice del cinema classico americano per indole familiare e dei cartoni Disney e film per ragazzi anni ’80 e ’90 per eterno spirito fanciullesco, inizio più seriamente a interessarmi all’approfondimento complesso della Settima Arte grazie agli studi universitari, che mi porteranno a conseguire la laurea magistrale in Forme e Tecniche dello Spettacolo. Amante dei viaggi, di Internet, delle “nuvole parlanti” e delle arti – in particolare quelle visuali – dopo aver collaborato con la testata online Cinecorriere, nel 2013 approdo a SeeSound.it, nel 2015 a WildItaly.net e nel 2016 a 361magazine.com, portando contemporaneamente avanti esperienze lavorative nell’ambito della comunicazione. CAPOSERVIZIO CULTURA

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