SBK: Sofuoglu, campione tra le tragedie
La scorsa settimana in Francia, sul circuito di Magny-Cours, la Superbike ci ha regalato uno dei round più spettacolari ed emozionanti del mondiale; a campionato praticamente finito, dato che manca solo una tappa, quello del Qatar del 18 ottobre, con un Jonathan Rea già con il titolo in tasca, tutti i piloti hanno potuto correre e divertirsi con la mente sgombra. L’unica sfida che vale ancora qualcosa per la classifica generale è la lotta per il secondo posto, un duello Davies-Sykes che si deciderà proprio nell’ultimo capitolo della stagione. La doppietta finale di Rea non fa più notizia.
La scena, però, è stata rubata da un altro personaggio del movimento Superbike: il turco Kenan Sofuoglu. Il pluricampione del mondo Supersport (600 centimetri cubici), categoria minore delle derivate di serie, in Francia ha infatti centrato il suo quarto sigillo mondiale, entrando nella storia di questo sport e nell’albo dei più forti. Ma quella di Kenan non è solo una storia di moto e vittorie.
STORIA E TRAGEDIA.
Quando si parla di Sofuoglu non si ha davanti l’immagine del semplice pilota che corre per passione. Kenan è un personaggio a tutto tondo, che a trentuno anni ha già vissuto di tutto; una vita non facile, fatta di tantissime tragedie e molti successi.
Considerato quasi una divinità in patria, Sofuoglu è uno degli idoli della Turchia sportiva, di gran lunga il pilota con più successo a livello internazionale e nel motorsport. La sua famiglia è devota alle due ruote, come Kenan. Purtroppo però questo sport sa essere crudele come nessun altro, così come la vita quando sembra accanirsi contro una persona. In questo caso Sofuoglu è la vittima.
Una storia lontana tredici anni; nel 2002 il fratello maggiore di Kenan, Bahattin, perde la vita in un incidente d’auto, la prima tragedia della famiglia Sofuoglu. Nel 2008, invece, si spegne Sinan, l’altro fratello, in seguito ad un incidente in moto sul circuito turco di Kocaeli. Kenan, all’epoca, aveva già vinto il suo primo mondiale Supersport.
Quando avvengono queste tragedie non esistono sport e passioni; Kenan ne esce ovviamente segnato. Purtroppo, come detto, la vita alle volte sembra accanirsi. Nel 2015 Sofuoglu diventa papà di Hamza, nato dal matrimonio con la moglie olandese. La storia del piccolo, però, è segnata sin da subito, poiché pochi giorni dopo il parto riporta un’emorragia celebrale che lo costringe per mesi al coma. La tragedia si consuma il 26 luglio, quando Hamza si spegne a soli quattro mesi d’età. Non ci sono parole per spiegare il dolore della morte di un figlio, tantomeno esistono soddisfazioni e successi che possano riempire un vuoto così grande.
PROFESSIONALITA’ E VITTORIE.
Dalle tragedie Kenan ne è sempre uscito segnato, mai abbattuto. Il suo lavoro è la sua passione; andare in moto, nonostante tutto, per lui è come giocare e divertirsi. Questo spirito non è mai scemato.
E se alla classe si aggiungono professionalità e voglia di non cedere alle sconfitte, allora si ha davanti l’immagine di Sofuoglu; un uomo che a soli cinque giorni dalla morte del figlio ha raggiunto il suo team in Malesia per il nono round del mondiale supersport (lo scorso 2 agosto). Non lo aspettava nessuno a Sepang, anzi nessuno lo ha mai chiamato nonostante un titolo mondiale in ballo. Kenan si è presentato di sua spontanea volontà, per una gara che ricorderà come la più brutta, difficile ed inutile della sua carriera, nonostante il quarto posto finale.
A Magny-Cours si è laureato per la quarta volta campione del mondo (dopo 2007, 2010 e 2012). Si sa, lo sport e la vita sono due questioni differenti. In questo caso, però, non potevamo pensare ad una conclusione migliore.
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