“Se solo potessi tornare indietro…”
“Se solo potessi tornare indietro…”
Lettera di un cadavere ai non morti.
Cielo… È la prima lettera che scrivo a qualcuno e già la imposto male. Va be, fa niente, perdona -TU, tu che leggi, chiunque tu sia- la mia imprecisione, la mia incapacità di esplicitazione. Non sono uno scrittore, posso solo dire questo a mia discolpa.
Ti scrivo, caro Ignoto, perché quello che sto per dire potrebbe interessarti. No, non è vero. Almeno adesso voglio essere sincero per davvero, spogliarmi di tutte quelle maschere di falsità, ipocrisia e perbenismo che ho sempre portato, perché “Stava male fare così”, “Era brutto dire cosà” e quant’altro.
Non è vero che sto scrivendo perché potrebbe interessarti, lo sto facendo semplicemente perché mi va. Perché non ho mai avuto qualcuno che mi ascoltasse così tanto, non ho mai avuto quel raro tesoro che è un amico vero. Perché voglio lasciare qualcosa di me nel mondo, qualcosa che perduri per sempre o che almeno lasci un traccia, perché tu che leggerai porterai per sempre almeno il ricordo di queste mie parole.
Sono un tipo qualunque di una qualunque società -in fondo la matrice delle cose è sempre la stessa, sempre i medesimi numeri che si combinano infinitamente, ma, dentro, sotto a tutto, ci sono sempre quei dannati elementi. Come il codice binario, hai presente? Trovo dannatamente affascinante un alfabeto formato da solo due simboli… Che crea così tanto!-. Ma sto divagando. Chiedo scusa.
Dicevo, sono un tipo qualunque, con la sola differenza che sono morto. Credo di star attraversando quei fatidici ultimi minuti di vita, quelli in cui si dice che vedi tutta la vita davanti agli occhi eccetera eccetera. Non voglio parlare di questo (e non mi è permesso neppure dirtelo), voglio solo narrare la mia personale esperienza.
La vita di ognuno è costellata di dubbi, errori, vittorie, cadute, gioie e sofferenze. Molto spesso pongono il fatidico interrogativo: “Meglio un rimorso o un rimpianto?” -Di mio, posso dirti, che non ci ho mai trovato tutta questa differenza… L’uno visto da un’ottica differente può essere letto come l’altro e viceversa, ma questa è una considerazione personale-.
Ora, siano rimorsi o rimpianti, non esiste una sola persona al mondo che possa dire, alla fine della propria vita, lunga o breve che sia stata, di non voler cambiare qualcosa.
La scuola che hai scelto, il matrimonio, il lavoro, quella decisione fatidica… Ti sfido. Ti sfido apertamente a trovare una sola persona che non abbia neppure una piccolissima insoddisfazione. Io dico che non la troverai. E sai perché? Perché è la natura umana.
Grandi pensatori -testoni. Sono dei testoni, altro che storie!- dicono di andare avanti, di non badarci, combattono questa tendenza come un germe maligno, io invece -ma, ti ripeto, sono le parole di un povero cadavere- suggerisco di accettare la sua esistenza. È parte dell’umanità non essere mai contenti di quello che si ha, tendere a quella perfezione irraggiungibile -che tra parentesi neanche sapremmo riconoscere se ci incappassimo per caso: cos’è la perfezione? Un concetto vagamente variabile e variamente vagheggiato- senza riuscire mai a raggiungerla.
Qualsiasi scelta avessi fatto, tanto, sarebbe stata sbagliata. Passato un po’ di tempo avresti detto… “Ah, se solo potessi tornare indietro!”. Non saresti stato contento comunque. Avresti trovato da ridire -non tu perché sei tu… Ti ripeto, Lettore, per me sei ciò che di più vago esista al momento-, avresti voluto di più, o di meglio. O di meno peggio.
Quindi perché ti ho scritto? Immagino le tue riflessioni: “Grazie tante morto che parla, vattene nell’eterno riposo e lasciami fuori dai tuoi vaneggiamenti e dalle tue invettive”, e qui arrivo alla mia conclusione: non pensare a cambiare il passato, perché quello che sei al momento è anche grazie a ciò che di brutto ti sei lasciato dietro. Se cambiassi qualcosa non saresti ciò che sei. E non ci credo che non c’è nulla -ma proprio nulla- di buono o positivo nella tua vita. Se non ti sta bene sfrutta questa riflessione per cambiare quel tempo caotico e ambiguo che è il presente -il quale è presente, ma anche, nell’istante in cui si è realizzato, passato. Poi per il breve momento in cui sta per realizzarsi è futuro. E pensa, riesce pure ad essere il passato del futuro!-
Ecco, lo spazio e il tempo -tanto per restare in tema- a mia disposizione sono finiti. Sono tante le cose che, giunto al punto in cui mi trovo, avrei voluto cambiare. Ma alla fine va bene così. Accettati e smettila di tormentarti,
Eterno servo Tuo,
Un Cadavere Eccellente.
Anche questo è stato un esperimento, il cui risultato mi ha strappato un sorriso compiaciuto. Devo dire che inizialmente questo mio racconto non mi piaceva molto, lo vedevo puramente e prettamente come un esercizio, ma, passando i giorni, mi ci sono affezionata, tanto da riconsiderarlo nettamente.
La sua genesi anche è tutta particolare: in principio volevo scrivere un’opera dai pesanti toni seri, con una sfumatura un po’ cupa (elemento che forse un po’ è rimasto, anche se rivisitato completamente), ma una volta concluso ha come preso vita propria, trasformandosi in un racconto da una patina ai limiti del comico, ma che cela il messaggio più profondo dell’accettazione di se stessi.
Nel complesso diciamo mi sono ispirata leggermente alle “Operette Morali” di Leopardi (specie i vari “Dialoghi”) senza ovviamente sperare di raggiungere neppure alla caviglia il grande poeta italiano.
In finale, non posso esimermi da citare coloro a cui ho voluto fare una piccola celebrazione, Leonardo Sciascia e Francesco Rosi, grande regista scomparso proprio all’inizio di quest’anno.
Martina Monti.