Sogno o illusione?

The BabadookMai più… Mai più…

Qì Lóng aprì gli occhi di scatto. Stava sognando, ne era certo, anche se non ricordava che cosa: aveva un dolore alla testa talmente forte che non riusciva né a pensare né a ricordare.
Si trovava in una stanza completamente immersa nel buio, adagiato su un comodo letto. Com’era giunto fin lì? E perché?

Ài Lìn.

Un nome che non sapeva a chi associare ma che evocava subito nella sua fantasia un’immagine graziosa, seppur effimera e illusoria. Un nome che non sapeva a chi appartenesse, perché (e di questo era certo) non aveva mai conosciuto nessuna Ài Lìn.
Avrebbe poi potuto riflettere meglio, se solo il dolore si fosse un poco sedato.

Con immenso sforzo si alzò a sedere (staccarsi da quel morbido giaciglio era stata una vera violenza su se stesso), abbandonando definitivamente (e con ancor più fatica) il letto.

Subito fu colto da un capogiro, ma riuscì a mantenere l’equilibrio appoggiandosi al muro, portandosi una mano alla testa. La stanza vorticava di fronte a lui, ma Qì Lóng riuscì a seguire il muro fino all’uscita, superandola e stramazzando al suolo in un corridoio immerso nella fredda luce mattutina.

Sudando freddo arpionò la moquette sul pavimento, provando un senso di disgusto all’odore di muffa e di rancido che emanava. Eppure era strano: l’intera casa (sconosciuta) era pulita e nuova, non c’era modo di giustificare quell’odore. Sullo stesso pavimento non c’era un granello di polvere.

Finalmente il mondo smise di ballare e il ragazzo riuscì a rimettersi in piedi, facendo correre lo sguardo stupito sul luogo intorno a lui: una semplice casa tipica del centro di Pechino, mobilio moderno e dai colori caldi, finestre chiuse dai vetri puliti e inondati dai raggi del sole. Ancora a passo incerto, Qì Lóng si portò di fronte alla finestra, guardandovi oltre. Si trovava al primo piano di una casa nel centro di una tranquilla e sonnecchiosa cittadina. Meccanicamente emise un sospiro di sollievo, non seppe neppure lui perché. Avvertiva un senso di negatività e di ansia, che però cercò quasi di calmare alla vista di quel panorama. Quasi a dire: “Ehy, Qì Lóng, ma che ti aspettavi? Un bosco stregato o il deserto?” Certo, non sapeva di chi fosse quella casa, ma probabilmente era in una zona di Pechino che non conosceva. Magari si era sentito male (certamente era così, era l’unica spiegazione razionale) e il proprietario di quella casa lo aveva soccorso, cedendogli il proprio letto.

Sorridendo tra sé e sé della propria stupida agitazione cercò la maniglia della finestra per aprirla e prendere una boccata di aria fresca, ma non la trovò. I peli gli si rizzarono e un brivido gelido gli corse lungo la spina dorsale a quella scoperta, mentre il sorriso gli si congelava sul volto. Guardò la finestra successiva, e poi quella dopo ancora: nessuna di esse poteva aprirsi.

Per un attimo fu preso dal forte desiderio di lanciare il mobiletto adagiato al muro contro il vetro, con tanto di vaso bianco e fiori finti; ma fortunatamente la sua educazione gli impedì di compiere quel gesto tanto villano (e da psicolabile) proprio di fronte agli occhi della padrona di casa.

Qì Lóng sussultò alla vista dell’anziana signora dallo sguardo severo, una piccola bocca ricordo di un giovane splendore, così come quella ragnatela di rughe era solo l’appassito residuo di quell’illusione giovanile che chiamiamo bellezza.casa-disabitata

Fu solo per un momento, ma il ragazzo sovrappose mentalmente l’immagine della vecchia alla ragazza immaginaria della sua mente, distendendo la pelle e sciogliendo i capelli grigi in sottili fili di seta nero corvo.

Poi la vecchia parlò e l’illusione scomparve.
– “Sono lieta di vedere che si è ripreso. La signorina ne sarà lieta”.
Il suo muovere solo le labbra e nient’altro faceva quasi impressione, ma Qì Lóng lottò contro quel senso di repulsione e cercò di tirare un sorriso.
– “Ecco, le sono molto grato, ma io non… L’ultimo ricordo che ho risale a ieri mattina, credo che sia ieri, perché ho come la sensazione che sia in verità un eco lontano nel tempo, un’abitudine di un periodo di vita trascorso…”
Ora sembrava decisamente pazzo. Come se a neppure diciotto anni potesse avere chissà quali rimembranze lontane nel tempo. Forse poteva giocarsi la carta della malattia, di fronte a quella vecchia inquietante.
– “Questo è perfettamente normale signor Lì, perfettamente normale. Dopo il suo incidente sarebbe strano se ricordasse gli ultimi avvenimenti con chiarezza. Venga con me, la signorina la sta aspettando”. E non gli diede il tempo di replicare, si voltò sparendo nella porta da cui era venuta.

Dopo un momento di esitazione (che poi non sapeva a che fosse dovuto) Qì Lóng la seguì, gettando un’ultima occhiata alla finestra. Ci fu qualcosa che lo turbò parecchio, anche se non seppe bene neppure lui che cosa, perché quasi correndo si affrettò a raggiungere la donna, attraversando stanze arredate con gusto, mobilio vario, libri e comode poltrone. Si stupì nel rendersi conto di come quell’ambiente gli era in qualche modo familiare, ma allontanò il pensiero: in fondo se aveva avuto un incidente forse aveva già visto quelle stanze e il loro ricordo era rimasto in lui.

Eppure, ogni volta che oltrepassava una stanza avvertiva quella stessa sensazione di agitazione che lo aveva spinto a lasciare il corridoio: Una percezione irrazionale e che non sapeva motivare con qualcosa di specifico. Perso com’era in quel lambiccamento di cervella quasi sbatté contro la schiena della vecchia.
– “Siamo arrivati. La signorina Ài Lìn l’attende dentro”, disse.
Se non altro adesso almeno sapeva come era entrato quel nome sconosciuto nella sua testa.
– “Grazie mi…” ma di nuovo la donna non gli diede il tempo di concludere la frase: aprì la porta della stanza accanto e vi sparì dentro, senza neppure salutarlo.

Rimasto solo Qì Lóng sospirò rumorosamente. Con gesto deciso aprì la porta, sperando che questa Ài Lìn potesse far luce nella sua mente confusa, ma la stanza semplice e al contempo elegante era vuota. Qì Lóng prese a misurarla a grandi passi, dedicandosi a uno studio più meticoloso della mobilia e delle decorazioni.

– “Guardi sempre quel cofanetto. Ti piace così tanto?”
Qì Lóng sussultò, rischiando di far cadere il vaso vicino. Non aveva sentito entrare quella che presumeva essere Ài Lìn, l’ipotetica padrona di casa.
– “In che senso?”. La curiosità (e l’ansia) vinsero l’educazione.
ansia-cure-naturaliLa ragazza ridacchiò amabilmente, fissandolo con i suoi grandi occhioni scuri.
– “Non è la prima volta che vieni in questa stanza. E puntualmente ti trovo a fissare quell’oggetto. Deve avere su di te un magnetismo particolare”.
Il ragazzo sembrò come tornare in se stesso, rendendosi conto di essere stato piuttosto cafone.
– “Perdonami, sono in uno stato un po’ altalenante. Non ho idea di come sia finito qui né di chi sia tu in realtà… E…” . Mosse il gomito, questa volta urtando il mobiletto che traballò, facendo cadere una sciarpa lì adagiata. Rosso in viso per la vergogna Qì Lóng si chinò a raccogliere l’oggetto, avvertendo una fitta alla testa non appena l’ebbe toccato. Ed ebbe il flash del volto di una ragazza, una che però questa volta conosceva bene: sua sorella.

Fu come se aprissero un rubinetto difettoso: i ricordi, a frammenti, iniziarono a sgorgare disordinati. Erano ormai più di tre giorni che sua sorella minore era scomparsa,  durante un’uscita con un’amica dopo la scuola. Lui si era mosso alla sua ricerca ed era giunto, ancora come e perché non riusciva a ricordarlo, a casa di quella ragazza.

 

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Martina Monti

Studentessa di Editoria e Scrittura presso la Sapienza di Roma. COLLABORATRICE SEZIONE CULTURA.

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