Spagna, accordo fra partiti impossibile: ritorno alle urne?
A due settimane dalle elezioni, che hanno decretato la modesta vittoria del Partito Popolare, la Spagna sembra essersi cacciata in un vero e proprio vicolo cieco. Nessun partito, infatti, possiede la maggioranza necessaria a poter governare e le possibili alleanze fra i diversi schieramenti sono bloccate dai veti incrociati. Il leader del Pp, Mariano Rajoy, sostiene con fermezza l’ipotesi di una grande alleanza alla tedesca, ma i socialisti non sono disposti a scendere a compromessi. Se l’impasse non verrà superato, il re Filippo VI sarà costretto a convocare nuove elezioni in primavera.

POSSIBILI SCENARI A BREVE TERMINE
Negli ultimi quarant’anni, da quando la democrazia è subentrata al regime franchista, la scena politica spagnola è stata caratterizzata da un bipartitismo che ha visto alternarsi i socialisti ai popolari. La situazione di stallo odierna è una novità per il popolo spagnolo, che non è abituato ai governi di larghe intese, i quali, invece, hanno caratterizzato fino ad oggi la storia politica italiana. «Stiamo finendo come l’Italia, senza essere italiani», ha affermato l’ex premier Felipe Gonzalez, aggiungendo: «noi non siamo abituati ai patti».
L’ipotesi di una grande alleanza fra Pp e Psoe, invocata in questi giorni da Rajoy e condivisa anche dall’Europa e dagli investitori stranieri, costituirebbe una soluzione efficace al blocco che si è venuto a creare dopo risultati elettorali, ma il secco “no” dei socialisti rende estremamente difficile la sua realizzazione. «Abbiamo idee del mondo e della politica inconciliabili», ha detto il leader del Psoe, Pedro Sánchez. Anche il ministro dell’Economia spagnolo, Luis de Guindos, in un’intervista radiofonica, si è espresso a favore di un governo di coalizione a tre – Pp, Psoe e Ciudadanos – che darebbe “un’enorme stabilità” al Paese. Ha inoltre lanciato un monito contro un ingresso di Podemos nell’esecutivo, che sarebbe la causa di una forte instabilità nei mercati.
Sfumata l’ipotesi di una grande alleanza alla tedesca, Rajoy si dice pronto a tornare alle urne per governare, contando sull’astensione di Ciudadanos , che si è aggiudicato il 13,9% dei voti (40 seggi) alle elezioni, e del Psoe. Il leader del nuovo partito centrista, Albert Rivera, si dichiara favorevole all’investitura del centrodestra, pur restando all’opposizione. Ma i numeri parlano chiaro: il Pp può contare solamente su 123 seggi di 350. Se a questi sommassimo i 40 seggi di Ciudadanos, la somma ammonterebbe a 163, comunque al di sotto della maggioranza necessaria a governare: 176 seggi su 350. I socialisti continuano a mantenersi su una posizione di chiusura di fronte a qualsiasi proposta da parte del partito rivale, ma se la Catalogna continuerà a insistere nella sua richiesta di indipendenza, Madrid dovrà trovare un modo per scongiurare una crisi dettata dall’instabilità politica, anche a costo di scendere a patti.
Un altro possibile, ma più improbabile, scenario è quello costituito da un governo delle sinistre, che prevedrebbe un accordo fra il Psoe con appoggio esterno di Podemos, nazionalisti baschi e delle Canarie, Izquierda Unida e astensione dei partiti catalani, escludendo il Pp e Ciudadanos . Una coalizione troppo eterogenea per tenersi in piedi. Oltre tutto, come condizione alla sua partecipazione, Podemos pone la celebrazione di un referendum in Catalogna per l’indipendenza; un’ipotesi totalmente inaccettabile per i socialisti.

Ultimo e inaudito scenario per il governo spagnolo è quello della riconvocazione delle elezioni da parte del re Felipe VI. Un fatto mai successo prima nella storia della democrazia spagnola ma che, se i veti incrociati non dovessero cessare, sarà inevitabile mettere in atto in tarda primavera (fine maggio o inizio giugno). È una prospettiva che ovviamente spaventa i partiti e suscita molte preoccupazioni sia all’interno del Paese che nell’eurozona, ma c’è anche chi vede nelle nuove elezioni un’opportunità di cui approfittare. Podemos spera di riuscire a battere i socialisti; il Partito popolare è convinto di recuperare i consensi persi grazie all’appoggio di Ciudadanos, mentre i socialisti si preparano alla sfida con un altro obiettivo: cambiare candidato, sostituendo l’attuale segretario del partito, Pedro Sánchez, considerato troppo debole, con la più carismatica leader andalusa Susana Díaz.
La situazione è in continua evoluzione e ogni pronostico risulterebbe piuttosto azzardato. Di certo l’eventualità di nuove elezioni non rende ottimisti gli osservatori spagnoli che ritengono quest’ultime un fattore di grande instabilità, portando come esempio lo scenario greco, dove negli ultimi sei anni si è votato ben cinque volte.
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