Split, la sofferenza come punto di forza secondo Shyamalan
Manoj Nelliyattu Shyamalan, meglio conosciuto come M. Night Shyamalan (Il Sesto Senso, The Village, The Visit), arriverà nelle sale italiane dal 26 gennaio con Split , film che segna la sua tredicesima impresa da regista e lo fa per mostrarci nuovamente il suo concetto di sovrannaturale. Nel cast si evidenzia uno straordinario James McAvoy (L’ultimo Re di Scozia, X-Men: Apocalypse) ed il giovane volto convincente di Anya Taylor-Joy (The Witch, Morgan) in un paranormale e coinvolgente horror incentrato sul disturbo della personalità multipla.
Sinossi
Kevin è un uomo con 23 personalità seguito dalla sua psichiatra Karen Fletcher (Betty Buckley). Quest’ultima è molto determinata ad aiutarlo per garantirgli una completa guarigione. Tuttavia nell’ultimo periodo l’uomo si comporta in modo strano, chiede costantemente il supporto della dottoressa, ma ogni qual volta la incontra si mostra perfettamente tranquillo. In realtà in Kevin sta avvenendo un forte cambiamento che porterà le sue personalità più oscure a prendere il sopravvento delle sue azioni.
Tra le personalità più spaventose prende il controllo Dennis, un maniaco ossessivo-compulsivo, che rapisce tre ragazze: Casey (Anya Taylor-Joy), Claire (Haley Lu Richardson) e Marcia (Jessica Suala). Le tre vengono rinchiuse dentro una stanza e tenute in ostaggio, non solo da Dennis ma anche da altre personalità che la mente di Kevin è in grado di creare, manifestate sotto forma di una donna maniaca dell’ordine e un bambino di nove anni.
I nuovi “personaggi” avvertono le ragazze che saranno testimoni di qualcosa di straordinario, ovvero l’imminente arrivo di una bestia. Le tre sventurate dovranno riuscire a trovare un modo per scappare e per farlo dovranno scegliere se combattere oppure cercare di corrompere la personalità più debole per trovare una via di fuga. Ben presto però si rendono conto che la situazione è più complicata e pericolosa di quanto potesse sembrare. La forza di Kevin, infatti, sembra non conoscere alcun limite e questo porta le tre coetanee a temere sempre di più per la loro vita.
La purezza sinonimo di sofferenza
Per chi ha sempre seguito e apprezzato lo stile di Shyamalan, o per chi ha una minima idea del suo lavoro, sa che tende molto a lavorare “tra le righe”. È in grado di illudere lo spettatore per poi sorprenderlo in un modo che non si aspetta. Nella maggior parte delle sue pellicole, il regista indiano, usa come tema di fondo il genere horror non solo per illuderci ma anche per spaventarci, in modo da rimanere ancora più stupiti nel momento della rivelazione. Il punto chiave finale è quello di scavare all’interno dei personaggi per mostrare la profondità del loro animo, indicando come un determinato modo di agire derivi da azioni passate che hanno segnato i personaggi stessi. In sostanza: “A ogni azione ne corrisponde una uguale o contraria”.
Anche in Split notiamo questo importante accento caratteristico dei personaggi. Nel film viene infatti evidenziato come il dolore e la sofferenza – causati da persone molto vicine a noi, le stesse che dovrebbero proteggerci – spingano il personaggio verso una nuova forma di realizzazione del proprio essere. La sofferenza, particolarmente in questo caso, si rivela essere un fattore determinante per la caratterizzazione del personaggio, in quanto non viene mostrata come un punto di debolezza ma come un punto di forza che porta alla purezza. Solo chi soffre, quindi, è degno di comprendere e apprezzare la vita.
Lo stile che il regista utilizza è molto fedele alle sue vecchie opere: semplice, senza immagini particolari, scenari o inquadrature che rapiscono e attestandosi su un piano semplice e lineare. La sua cifra stilistica è ciò che lo rende bersaglio da sempre della critica, pronta ad elogiare le sue qualità di sceneggiatore e meno il suo lavoro dietro la cinepresa.
Shyamalan e lo scenario del terrore
In Split, però, sembra leggermente cambiato il suo modo di raccontare: se prima eravamo abituati ad aspettarci un determinato tipo di storie che andavano a toccare le nostre emozioni più profonde, facendo scendere quella piccola lacrimuccia dagli occhi, ora invece Shyamalan mira a rimanere in superficie, concentrandosi maggiormente sullo scenario del terrore. In alcune scene sembra di rivivere le immagini storiche de L’ Esorcista.
Un altro punto chiave particolare di Shyamalan è il suo famoso turning point, ovvero – come si diceva – l’illusione e il momento in cui tutto è più chiaro. Siamo convinti che la storia prosegua in un certo modo, ma ecco che negli ultimi istanti arriva il turning point e a quel punto, tutto diventa più chiaro, tutto è più sensato e questo cambiamento ci fa alzare dalle nostre comode poltrone urlando: “Oh mio Dio!”. In Split non proviamo la stessa sensazione, il vero turning point è quasi invisibile per chi non conosce lo stile del regista e difficile da trovare per i suoi fan più accaniti. Insomma, in Split non abbiamo quel momento di stupore a cui il cineasta indiano ci ha abituato.
In sostanza Split, dopo The Visit, ripropone la domanda che ci si pone dopo ogni visione di pellicole firmate da lui: “questo film sarà il ritorno di Shyamalan?”. Con Split possiamo semplicemente dire che il nostro amato regista è in vena di cambiare rotta verso una nuova meta, mostrando, con la giusta prospettiva, un prodotto creativo e originale.
Split uscirà nelle sale cinematografiche il 26 gennaio 2017 distribuito da Universal Pictures.
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