Subsonica, 8: un’evoluzione sonora che parte dalle origini
Con 8, i Subsonica attingono alle sonorità del passato per rinnovarsi e ritrovarsi a livello sonoro e testuale.
I Subsonica tornano sulla scena con un nuovo disco dal titolo 8, uscito a tre anni dal precedente Una Nave In Una Foresta e dopo la parentesi solista dei vari membri della band.

Appare subito evidente un ritorno al sound degli anni ‘90, forse più vicino ai Subsonica delle origini, con sound più scarno, quasi drum’n’bass.
Per certi versi i Subsonica hanno preferito “ritrarsi” a livello sonoro, non rinunciando del tutto a quei synth prepotenti degli ultimi dischi, ma ridimensionandoli molto per dare più spazio alle linee ritmiche e alle sfumature sonore.
Subsonica, il grande ritorno dopo la parentesi solista.
Apre il disco Jolly Roger, i Subsonica iniziano subito con un pezzo che riporta verso primi lavori della band, soprattutto per quanto riguarda la linea vocale e questa ritmica corposa e carica di groove. Come detto, il synth va a “riempire” gli spazi tra basso e batteria, così come la chitarra; inizia da qui questa sorta di “involuzione” (in termini buoni ovviamente) della band.
L’incubo (Feat. Willie Peyote) è l’unico featuring del disco. Anche qui troviamo un sound più secco che lascia grande spazio alla voce che diventa scandita e che (nel ritornello) si avvicina al rap. Un bel pezzo, carico di nostalgia degli anni 2000 ma che, allo stesso tempo, riesce ad essere attuale e in linea col percorso artistico della band.
Punto critico è il secondo singolo estratto dal disco. Un gran pezzo dalle ritmiche prepotenti e incalzanti, che si insinuano nella testa dell’ascoltatore. Fino a questo momento, forse, Punto Critivo è il vero punto di incontro tra gli ultimi Subsonica e quelli delle origini, fatti di ritmiche serrate e un sound più “coinciso”.
Fenice è forse la vera rivelazione del disco. Una ritmica serrata e molto percussiva, la voce che ritorna su quelle sonorità acide del passato e la chitarra che torna bella piena e graffiante. Un grande pezzo, forse il migliore del disco, uno di quelli destinati a un posto fisso nei live da oggi fino alla fine dei tempi.
Respirare torna a strizzare l’occhio alla vena più pop della band, ritornando su quelle sonorità elettroniche intense e quel beat moderato (quasi da elettro-ballad) che ricorda in certi momenti pezzi come I Cerchi Degli Alberi e via dicendo. Non male, non il migliore del disco ma comunque di buona fattura.
Bottiglie rotte è il primo singolo estratto dal disco. Il pezzo si presenta con questo sound bello saturo e avvolgente che mette chitarre e ritmica in primo piano, accompagnate magistralmente dalle incursioni di synth di Boosta. Un brano corposo che affascina e che ha preparato l’ascoltatore a questo ritorno al passato.
Le onde, inizia con pianoforte e voce, una chiave intima che fa respirare il disco e che regala un momento di riflessione. Il brano è un crescendo di intensità e si espande in cerca della sua massima espressione, portando in scena un sound dal sapore elettronico e vigoroso.
L’incredibile performance di un uomo morto ritorna un po’ sul mood del pezzo precedente. Una sorta di elettro-ballad ricca di sfumature e sonorità suggestive e avvolgenti. Sulla metà troviamo un cambio di rotta con l’ingresso della sezione ritmica, il brano resta sempre piuttosto soffuso, ma più scandito e più incalzante. Molto bello il finale con questo crescendo che fa esplodere il pezzo pur mantenendo questa vena delicata e soffusa.
Nuove radici è una sorta di funk estremamente ritmato che riporta 8 su un andamento più movimentato. Un pezzo che rimanda ai vecchi Subsonica intrisi, però, del percorso sonoro svolto nel tempo e, quindi, non una banale copia di se stessi, ma una evoluzione sonora che parte da questo ritorno alle origini. Molto interessante il finale che lascia spazio alla ritmica e al solo di chitarra che porta il brano verso la chiusura.

Cieli in fiamme è uno dei brani dove è più evidente l’influenza del passato: dalla linea vocale alla ritmica fino ad arrivare all’elettronica, tutto ci rimanda verso i primi dischi della band, rimaneggiati con un sound più moderno e, per certi versi, più sintetico e (soprattutto sul finale) più ambient.
Chiude il disco La bontà, una specie di ballad suonata quasi in contro tempo. Un pezzo molto particolare con un’intensità e un modo di miscelare più sfumature sonore fuori dal comune. Sembra quasi un mash-up di suoni e di sfumature, appiccicate insieme per dare vita a un brano coerente e intrigante.
8, un ritorno alle sonorità delle origini per i Subsonica.
8 segna un grande ritorno per i Subsonica, un momento di evoluzione che parte da una involuzione, il simbolo dell’otto, appunto, che disegna questa ciclicità che si espande e si contrae a livello sonoro e a livello concettuale.
I Subsonica sono stati in grado di ritrovarsi partendo però da questo ritorno alle sonorità del passato. Senza diventare una brutta copia di ciò che sono stati, questa band è riuscita a rimettere in moto la macchina nella maniera più naturale e più efficiente possibile.
8 è un disco che si dimostra al passo coi tempi e che, allo stesso tempo, non snatura il percorso artistico dei Subsonica. Si confermano senz’altro come una delle migliori realtà musicali del paese.
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