Un paese alla deriva
Iour text with dropcaps herel 2012 fotografa una Italia alla deriva ed in stato fallimentare.
Una classe politica inetta, incapace, infingarda che ha abbassato l’agire politico ad un livello infimo; una classe politica spesso tesa alla realizzazione dei propri interessi privati, affiliata a lobby di potere nazionali e internazionali o addirittura mafiose; e tanto, a danno della collettività, drenando risorse pubbliche, determinando un profondo malessere sociale, contrasti e confusione.
Il quadro è agghiacciante: un debito pubblico oltre 2 mila miliardi di euro; una pubblica amministrazione allo sbando ed incapace di fornire servizi adeguati; sanità e scuola abbandonate alla deriva; giustizia negata per gli alti costi e per l’incertezza assoluta sui tempi di risposta (si pensi ai ruoli d’udienza congelati per mancanza di cancellieri).
I consumatori dati in pasto alle banche, alle assicurazioni, alle compagnie di telefonia, luce, acqua e gas con contratti lunghi quanto la Divina Commedia dal tenore incomprensibile e dal contenuto capestro, sempre in danno del consumatore stesso; Regioni, Province e Comuni in dissesto; fornitori abbandonati dalla pubblica amministrazione che non paga le fatture e poi consegna gli stessi ad Equitalia per l’estrema unzione; disoccupati, soprattutto giovani, precari senza futuro, dipendenti di cooperative che sopravvivono, esodati traditi, lavoratori senza stipendio da mesi, famiglie e ragazze madri abbandonate al loro destino, anziani con pensioni da fame, istituti penitenziari pari a lager dove ogni anno aumentano i suicidi e le morti sospette, i centri di permanenza per extracomunitari irregolari dove neppure l’ombra dei diritti umani ha ingresso.
Ancora: la perdita da parte dello Stato del controllo sul territorio con l’avanzata delle organizzazioni criminali, politicamente ed economicamente forti ed infiltrate a tutti i livelli dell’economia e della politica. I tanti imprenditori onesti strozzati da questa Italia e costretti ad andare via prima di morire di tasse e dalla vergogna di non riuscire più ad onorare i propri impegni.
E poi gli altri imprenditori, di un livello più alto, di cui avremmo voluto sentire il profumo della generosità, della prosperità condivisa con i dipendenti, dell’impegno sociale nella costruzione di un Paese più giusto; imprenditori, invece, dei quali sentiamo il tanfo dell’arroganza, della illegalità, dell’egoismo, dell’avidità: free riders (liberi cavalcatori), quelli che hanno spremuto il Paese a proprio unico beneficio e portato i soldi nelle offshore senza pagare imposte in Italia, o versando cifre ridicole; quelli che hanno privatizzato i profitti trasferendoli e proteggendoli nei paradisi fiscali e hanno socializzato le perdite nella discarica umana della cassa integrazione.
Benvenuti in Italia, opaco Stato del pantano. Il 2013 andrà ancora peggio; intanto perché si raccoglieranno i frutti avvelenati di quanto sin qui fatto o non fatto e poi perché, con le elezioni in corsa, nessuna iniziativa di cambiamento sarà presa. E tutto procederà come nel 2012, lentamente (ma neppure tanto) alla deriva.