Aldrovandi: se un insulto vale più di un omicidio

Qualche giorno fa è stata emanata la sentenza definitiva nei confronti dei poliziotti che hanno aggredito e menato, fino ad uccidere, un ragazzo di 18 anni, nel lontano 2005: Federico Aldrovandi. I quattro agenti della Polizia di Stato,  Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri sono stati condannati a 3 anni e mezzo di reclusione per omicidio colposo, salvo poi non scontare neanche dieci minuti dietro le sbarre grazie all’indulto.

Se già questa sarebbe una vergogna tale da dover indurre la Polizia se non altro a licenziare le quattro “schegge impazzite” (come le chiama il giudice), il fatto che essi restino in servizio è paradossale.
Dal ministero non si escludono, per questa vicenda, sanzioni disciplinari. Ripeto, non si escludono, quindi non è nemmeno sicuro che queste vengano prese.

Comunque, uno di questi quattro agenti, per la precisione Paolo Forlani, ha avuto la brillante idea di connettersi a Facebook e cominciare a gettare fango sulla madre del ragazzo e contro lo stesso Federico. La frase, indirizzata per l’appunto a Patrizia Moretti, descrive la donna come una “faccia da culo… una falsa e ipocrita… spero che i soldi che ha avuto ingiustamente possa non goderseli come vorrebbe… adesso non sto più zitto dico quello che penso e scarico la rabbia di sette anni di ingiustizie…”.

Non si è fermato qui. In altri messaggi aveva chiamato il povero Federico come “cucciolo di maiale.”

Ora, tralasciando il fatto che si può comprendere la rabbia di una persona che si ritiene ingiustamente condannata – ma che fino a prova contraria non ci ha rimesso praticamente nulla, nemmeno il lavoro – non è accettabile un attacco del genere.

Per questo motivo, grazie all’interrogazione al Ministro Cancellieri chiesta dal deputato del Pd Andrea Sarubbi, dal Viminale è partito un comunicato stampa che recita così:

A seguito della pubblicazione delle frasi vergognose e gravemente offensive nei confronti della madre di Federico Aldrovandi pubblicate su Facebook, il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri ha disposto l’immediato avvio di un procedimento disciplinare per sanzionare l’autore del gravissimo gesto.

Un atto dovuto e quindi apprezzabile, ma quello che mi chiedo io è: può, un insulto, valere più di una condanna per omicidio? Perchè non sono partite, contestualmente alla sentenza, dei procedimenti disciplinari che espellevano i quattro poliziotti dalle Forze dell’Ordine? Perché 4 assassini devono continuare a lavorare per la sicurezza dello Stato?

Perchè uomini come Gioacchino Genchivengono espulsi dalla Polizia perchè osano esprimere le proprie idee ad un convegno di un partito, e a questi si prospetta, FORSE, una sanzione disciplinare?

Personalmente odio gli attacchi alla polizia, ai carabinieri, alla finanza, etc. perchè lavorano per la nostra sicurezza con stipendi che non rispecchiano il loro stato di precaria incolumità. Questo però non impedisce di indignarmi e, perdonate l’esagerazione, di incazzarmi di fronte a queste cose. Ora, questo Paolo Forlani verrà sanzionato per gli ignominiosi insulti; e gli altri tre? Resteranno a fare il loro lavoro? Continueranno ad avere fra le mani gli stessi manganelli con cui hanno ammazzato Federico Aldrovandi?

Ah no, scusate, due glieli hanno spaccati addosso…. dovranno usarne di nuovi!

GIAMPAOLO ROSSI

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Giampaolo Rossi

Residente a Belluno, studia all’Università Alma Mater Studiorum di Bologna alla facoltà di Lettere, con indirizzo storico, per poi specializzarsi in giornalismo. giampross@katamail.com

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