Caso Ruby: l’unico scandalo è la concussione

Il caso Ruby è scoppiato ormai da un mese. Stamane, con la richiesta di rito immediato nei confronti di Silvio Berlusconi da parte del pool milanese guidato da Edmondo Bruti Liberati, scatta ufficialmente il conto alla rovescia che, nel giro di cinque giorni, farà sapere al Paese se il suo primo ministro dovrà o meno presentarsi alla sbarra.

Frattanto, sui giornali, nelle televisioni, negli auditorium e nelle piazze, c’è la “ressa” dei conti: quelli con il monocolo e quelli in mutande. I primi, pochi giorni fa radunatisi in massa al Palasharp, e che in genere affollano l’angolo sinistro della contesa, applaudono un tredicenne, peraltro figlio e fratello di due socie di Libertà e Giustizia, calamitando le critiche degli schieramenti avversari (“dov’è la tutela dei minorenni adesso?“) e accusando nettamente i sintomi del morbo di Alzheimer ideologico e politico di cui la sinistra italiana sembra essersi irrimediabilmente ammalata da anni, arrivando persino a nascondersi all’ombra della rassicurante figura di Roberto Saviano, uno dei pochissimi che per fortuna ancora si salvano.

I secondi sono in larga parte fogliardi capitanati da Giuliano Ferrara, i quali, con la benedizione di madonna Santanchè e con la partecipazione annunciata di Piero Ostellino (finalmente c’è riuscito a fare outing) nonché di Antonio Martino, Alessandro Sallusti, Iva Zanicchi, Pietrangelo Buttafuoco, Assuntina Morresi, Camillo Langone e chissà chi altri, hanno indetto una manifestazione per la mattina di sabato 12 febbraio, a Milano. Un’ammucchiata che rievoca le immagini più scabrose di una boccaccesca e sboccacciata gag di Luttazzi: tutti insieme appassionatamente contro “il neopuritanesimo ipocrita“, ma anche contro “il partito dei pm militanti, delle intercettazioni e delle pornogallery, dello spionaggio ad personam e dell’ipocrisia moralistica is unfit to lead Italy”.

Il loro motto?Siamo in mutande, ma vivi“. Giungono addirittura a citare nientepopodimenoche William Shakespeare. Rigorosamente a sproposito, of course. E l’obiettivo? E’ quello di “smascherare una minoranza etica rumorosa, ricca, compatta, sicura di sé, che vuole ripulire l’Italia in nome di criteri fondamentalisti e totalitari“. Immagino vogliano alludere a criteri vetusti e antidemocratici come il  rispetto delle norme di diritto sostanziale contenute nel Codice penale, ormai fuori moda, o l’obsoleta obbligatorietà dell’azione penale.

Qualcosa, però, non quadra. Alla vigilia della calata del sipario sull’atto primo della vicenda giudiziaria che ha per protagonista Berlusconi, è opportuno muovere un passo indietro e, non senza cautela, fare il punto della situazione. Da un mese, parallelamente alla macchina del fango azionata da Il Giornale, altri quotidiani affini alla linea –Libero e Il Foglio in primis- hanno per mezzo di discreti sofismi veicolato l’attenzione del pubblico e di una buona fetta degli avversari di testata distraendola dai nodi cruciali.

Il nocciolo della questione è che quello di Ruby non è affatto uno scandalo sessuale. Sì, ci sono delle intercettazioni telefoniche, tantissime, innumerevoli, e ci sono i tabulati, ed anche se mai tutto questo materiale non costituisse prova schiacciante del fatto che qualcosa di moralmente nauseante è veramente accaduto fra le mura della villa di Arcore, si tratterebbe in ogni caso di indizi gravissimi, precisi e concordanti che confermerebbero che il bunga bunga non è solo una fantasia da rotocalco. Ma, checché se ne dica, gli elementi probanti dello sfruttamento della prostituzione minorile sono tutt’altro che schiaccianti. E se si accertasse che Berlusconi si è servito delle prestazioni sessuali delle cosiddette escort (stavolta di quelle maggiorenni), comunque lui ne sarebbe, per dirla come l’avvocato Ghedini, “l’utilizzatore finale“, che di per sé non è imputabile, non sussistendo alcuna fattispecie di reato.

Il vero scandalo è la concussione. E’ la concussione il delitto con regime sanzionatorio più grave, ed è sempre la concussione, non lo sfruttamento della prostituzione minorile, il reato per il quale esistono prove tanto evidenti da giustificare il ricorso ad una richiesta di rito immediato. Far convergere le attenzioni mediatiche solo sull’aspetto sessuale di tutta questa diatriba vuol dire fare un favore a tutti quegli adoratori del drago che si compiacciono nell’attaccare i perbenisti, le femministe, i puritani e i bacchettoni di sinistra, mettendone a nudo ogni singola ipocrisia e punzecchiandoli con i loro stessi slogan (“io sono una donna, l’utero è mio“).

L’ho detto e lo ripeto: il vero, anzi l’unico scandalo, finora, è quello della concussione. Ben più delle stravaganze sessuali del premier, financo se configurabili come reati, la concussione è un crimine odiosissimo e per il quale varrebbe la pena indignarsi, poiché rappresenta l’acme del senso di onnipotenza di cui personaggi del calibro del nostro Presidente del Consiglio amano vestirsi, credendosi, sempre e comunque, al di sopra della legge e di ogni istituzione, in barba ai princìpi democratici e montesquiviani di cui si atteggiano difensori e paladini.

LUCIANO IZZO

luciano.izzo@hotmail.it

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