Claudio Conti, l’intimità e l’eleganza di Garnet Dusk
Il cantautore Claudio Conti presenta Garnet Dusk il suo terzo disco in studio uscito per Seahorse Recordings.
Un disco elegantemente classico, un sound che dal cantautorato si muove verso sonorità rock classiche e dal sapore psichedelico, senza disdegnare sfumature più folkeggianti. Garnet Dusk è un disco maturo, riflessivo e intenso, uno di quei dischi dal timbro internazionale (e non solo per la scelta della lingua inglese) che innalzano il cantautorato a un livello altro, che non può che riportare alla mente i fasti del cantautorato di una volta.
Garnet Dusk, i brani del disco.
Apre il disco Autumn Song, un pezzo piuttosto classico che in questi tre minuti racchiude tutte le caratteristiche di un cantautorato folk elegante e intenso. Un brano corposo che sapientemente miscela queste sonorità elettro-acustiche per creare un tappeto sonoro denso e avvolgente. Molto intrigante la parte di archi che va a riempire gli spazi tra chitarra, ritmica e voce.
Of Nylon ha un carattere più rock, con questo andamento, quasi, discontinuo. Il brano sembra portare alla mente qualcosa dei Jethro Tull, magari quei brani più melodici. Anche qui Claudio Conti mette sul piatto tutta la sua eleganza sonora e compositiva, portando alla luce un brano dai toni classici e luminosi, restando coerente col genere e senza strafare.
I Never Saw Her Again è la classica ballad acustica da luci soffuse. Molto ben giocato il ritornello dove fanno il loro ingresso gli archi che impreziosiscono ulteriormente il brano. Questo pezzo ricorda all’ascoltatore quelle ballate lievi e soffuse che hanno fatto la fortuna di molti cantautori internazionali ( così su due piedi viene in mente il grande Leonard Cohen, ad esempio); assolutamente Claudio Conti non ha nulla da invidiare alla scena cantautorale internazionale.
Yeasty March ha quel sapore pop vibrante e intenso che illumina il pezzo per questi (quasi) quattro minuti. Interessante notare come Claudio Conti, anche quando ripiega su sonorità più pop, riesca sempre a mantenere un livello compositivo molto alto e, seppure piuttosto canonico, mai scontato o banale come certe categorie di pop che affollano le radio in questi giorni.
Claudio Conti, un cantautorato classico e affascinante.
Black Woman segue un beat più percussivo sul quale, magistralmente, si inserisce un sax che diventerà la colonna portante del brano. Il brano è abbastanza dritto, il grosso del lavoro viene affidato a sax e voce che riescono a muoversi bene su questa base (quasi) scarna e a portare alla luce un bel brano, semplice e diretto.
Blazing Lair è un brano più incalzante, molto interessante questa tromba che sarà uno dei motivi conduttori di tutto il brano e farà il suo ingresso nei momenti di maggiore intensità. Un gran bel brano che riesce agilmente a spaziare da sonorità cantautorali a ritmiche più rock. Molto bello anche il solo di chitarra che porta il pezzo verso la chiusura.
Aster ripiega su ritmiche cadenzate e un sax di sottofondo che sostiene la voce e la linea melodica costruita da Claudio Conti. Anche per questo brano l’andamento è piuttosto dritto e ben saldo a queste cadenze di cui parlavamo prima, che reggono il gioco alla linea melodica della voce e al grande estro creativo del sax che porterà il brano a una chiusura sfumata.
Un lavoro intrigante e intenso.
Va a chiudere il disco Old Clouds Fell, forse il brano dal sapore più folk del disco. Questo pezzo è un mix perfetto tra una ballad acustica e una leggera vena più irish . Anche in questo brano la sessione di archi svolge un lavoro impeccabile che avvolge l’ascoltatore e lo trasporta (quasi fisicamente) all’interno del pezzo.
Claudio Conti ha fatto centro e questo Garnet Dusk è davvero un bel disco: belle idee, un sound intenso ed elegante e brani di carattere.
Garnet Dusk si ascolta con piacere e, soprattutto, si distacca dalla desolazione attuale del panorama cantautorale, regalando all’ascoltatore parecchi spunti di riflessione.
L’ascolto è consigliato.
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