Greta Thunberg e Joker contro i boomers: effetti collaterali di una sindrome sconosciuta
Greta Thunberg e Joker simboleggiano due frutti della stessa intolleranza. La repulsione delle nostre responsabilità verso il pianeta e verso i suoi deboli abitanti
Leader, donna, neurodiversa, famosa, benestante ed ambientalista. Greta Thunberg rappresenta, ad oggi, la combinazione forse più diabolica su cui la società “del rancore” descritta dal Censis potesse sfogare sé stessa. Affetta dalla nascita da Sindrome di Asperger, la diciassettenne svedese convive con un disturbo dello spettro autistico che ha come principali conseguenze: ipersensibilità a suoni, luci, colori e sapori, difficoltà nel condurre una conversazione, problemi nel codificare il linguaggio non verbale, difficoltà nel coordinare i movimenti ed inoltre una propensione genetica a sviluppare ansia e depressione. Suo malgrado, “Gretina” (come più volte è stata soprannominata in tono dispregiativo da alcune testate giornalistiche a tiratura nazionale) si è rivelata essere un ristorante gourmet di tendenza per odiatori affamati. A preoccupare non è (solo) il diffuso risentimento verso di lei ma soprattutto il disprezzo verso ciò che lei rappresenta. In fondo, Greta Thunberg cosa rappresenta?
Il G-POWER
Per tanti, Greta Thunberg incarna la lotta definitiva alle emissioni di CO2, la tutela della biodiversità negli oceani, il plastic-free sovversivo, l’aspirazione ad una ritrovata convivenza con il pianeta, ma non solo.
La Thunberg ispira le nuove generazioni, è la ragazza nordica con lo sguardo fiero in felpa e sneakers che conquista la copertina del Time come “Person of the year 2019” e che gli altri leaders del globo ascoltano in silenzio al World Economic Forum di Davos, è candidata per la seconda volta consecutiva al premio Nobel per la Pace e verrebbe da dire che ci saremmo meravigliati del contrario.
Come in tutti i fenomeni di massa, c’è però un “dark side of the moon” con cui fare i conti (in questo caso, forse sarebbe più corretto dire un “dark side of the earth”). In molti pensano che Greta Thunberg dovrebbe andare a scuola come tutti gli altri e smettere di occuparsi di cose da adulti, qualcuno la accusa di essere manipolata dalla madre, altri ancora la criticano per l’infondatezza delle sue teorie scientifiche e, di tanto in tanto, nel dubbio, viene tirato in ballo Soros.
I segnali icastici
Qualunque personalità di rilievo pubblico convive con ammirazione, sdegno ed avversione altrui, non c’è notizia in questo, ma nella democratica giungla delle opinioni ancora qualcosa non quadra.
Fino a quando Marracash e Piero Pelù le dedicano dei pezzi (idolatrandola), Viareggio un carro carnevalesco e Libero un titolo sarcastico, non c’è motivo per riservare la prognosi.
Quando però, con una certa frequenza, si scorgono segnali di repulsione nei confronti dei teenagers, delle persone problematiche e del futuro stesso, quando gli adesivi di una nota compagnia petrolifera la raffigurano durante una violenza, quando un fantoccio con le sembianze di Greta Thunberg viene fatto trovare impiccato sul ponte Isacco Newton di Roma ed un pastore evangelico del Colorado la dichiara posseduta dal demonio, allora bisogna fermarsi e porsi delle domande.
“Ok boomer”
Nella coscienza popolare delle società civili (o presunte tali), fino a pochi decenni fa, esisteva una sorta di codice d’onore non scritto che dettava alcune elementari, ma indiscutibili, regole: (in ordine sparso) si deve dare la precedenza a donne e bambini in qualunque situazione di emergenza o necessità; in caso di danni compiuti da ragazzini, si deve parlare con i loro genitori; gli anziani, i diversamente abili, i neurodiversi, spesso privati di welfare, devono poter contare sull’inesauribile tolleranza di loro compaesani e concittadini.
Questi scenari appaiono retrò già solo nel descriverli: oggi, infatti, sulle nuove generazioni (più in generale sulle categorie più deboli) vengono continuamente proiettate un’infinita serie di illazioni prive di filtro; si pensi, ad esempio, alle critiche ricevute dai ragazzi che manifestavano al “Friday for future”, considerati non adeguatamente edotti su argomentazioni prettamente scientifiche.
I soliti problemi con i soliti babyboomers. L’ennesima guerra generazionale è in corso (impari come sempre). Alcune avvisaglie i più attenti le hanno notate anche alla settantesima edizione di Sanremo. Da una parte dello schieramento ci sono i post-millennials (Generazione Z) pronti ad assalire i tank con archi e frecce, dall’altra i miracolati del boom economico armati di orgoglio sessantottino, contributi previdenziali versati, medaglia al valore per i mutui a tasso fisso ed infallibile saccenza per diritto di nascita. Chi può vincere?
“SÓ RAGAZZI”
Un tempo la vecchia coscienza popolare avrebbe sostenuto che i ragazzi sono “in divenire” per definizione, non sono adulti, non sono scienziati e soprattutto non hanno il dovere di esserlo. Greta stessa non ha il dovere di esserlo. È un grossolano errore attribuire a Greta il ruolo di rappresentante della comunità scientifica.
Il “G-power” non consiste nel potere risolutorio dei problemi contemporanei da parte delle nuove generazioni (compito che invece compete a scienziati e policy maker) ma nella denuncia del fatto che “i potenti” non stiano facendo abbastanza e nel desiderio di superamento dello status quo.
Nell’immaginario collettivo gli ambientalisti vengono in genere descritti come personalità tendenzialmente eclettiche, noiose a tratti, con outfit discutibili e di norma caratterizzati da abitudini alimentari tristi.
Si può provare simpatia, ammirazione o meno nei confronti di personaggi come Greta, ma nella società civile contemporanea, non può essere messo in dubbio il fatto che i processi di decarbonizzazione debbano essere collocati in cima alle agende dei governi, che la transizione energetica sia priorità assoluta, che un miliardo di animali annientati in Australia ci obblighino ad una riflessione seria da compiere “non domani, ieri”.
QUI NON è HOLLYWOOD
Se a condividere queste idee è un’inconsueta minorenne con “anomale” abitudini consumistiche, le più agguerrite frange di intellettuali si auto-legittimano a scomunicarla, ma se le stesse idee vengono condivise in papillon da Joaquin Phoenix e Di Caprio nei loro toccanti speech dell’Oscar, tutti a urlare al capolavoro. Lo smoking incendia le trecce e poco importa che Greta, Di Caprio e Phoenix siano alleati in battaglia o buoni amici.
In una delle scene iniziali del film “Bastardi senza gloria” diretto da un altro figlio di Hollywood (Quentin), si vede il colonnello tedesco “cacciatore di ebrei” (Oscar per il ruolo a Cristoph Waltz) affrontare un macabro ragionamento con un malcapitato contadino delle campagne francesi colpevole di offrire rifugio ad una famiglia ebrea.
Nel lento tentativo di convincere lo sventurato a confessare il nazista si avventura in un parallelismo tra ebrei e topi spiegando che gli uomini nutrono istintivamente simpatia per determinati animali rispetto ad altri, apprezzano ad esempio gli scoiattoli e provano ripugnanza per i ratti. In quella scena c’è un fondo di verità.
LA NOSTRA CASA è IN FIAMME?
Nella nostra società la maggior parte dei marchi di petfood stanno registrando un vertiginoso incremento del fatturato tanta è l’attenzione riservata agli animali domestici, al contempo lo stesso interessamento non sembra registrato nella tutela del nostro habitat e nella tutela di tutte le altre specie viventi non incluse in quelle 3-4 privilegiate tra le quali, evidentemente, alcune categorie di uomini non figurano.
Sostenere le istanze di Greta non comporta una scelta di campo a discapito di una altrettanto legittima per il semplice fatto che non c’è alcuna scelta di campo da fare. Il “campo” è uno solo e lo stiamo già condividendo, con risultati non soddisfacenti. Fin quando Elon Musk non ci darà l’OK per evadere con Space X, il pianeta rimarrà il nostro unico campo e fino ad allora dovremo imparare a convivere sia con Greta che con il Joker che tutti abbiamo nella testa.
Ok boomer?