Ha fatto la battuta
Per Mario Monti il PD è stato fondato nel 1921 (si è simpaticamente “confuso” con la data di fondazione del Partito Comunista).
Un bellissimo siparietto berlusconiano paragonare il PD ai comunisti, certo poi si è scusato, ha ritrattato, ha sfumato, sono cambiate le cose…in perfetto stile berlusconiano. La battuta ha però colpito.
L’altro giorno sempre Monti alzò la voce per urlare la sua indignazione nei confronti del caso Monte dei Paschi e per “far uscire la politica dalle banche”. Il segretario del Pd Bersani, chiese invece di far uscire le banche dalla politica. Non parliamo poi delle battute di Berlusconi o Grillo ed eviterei di approfondire il dibattito polemico Ingroia-Boccassini.
La campagna elettorale è fatta di polemiche? Certamente sui media è così. Allora è colpa dei media o colpa dei politici? Battibecchi, battute, frecciatine: sono tutti elementi presenti nella politica, fanno parte di quella che era la retorica del dibattito elettorale.
Il problema che oggi ci si pone però, è che la retorica non è più così presente perché non è presente un dibattito. Con i media, con Twitter, si possono tirare frecciate offensive che verranno certamente rispedite al mittente dal bersaglio. Un andirivieni che serviva ad infuocare, a rendere elettrizzante un dibattito in una piazza, in un’assemblea. Ora la piazza e l’assemblea non esistono e non esistono le argomentazioni. I riflettori sono tutti puntati sul versante polemico di una contesa politica, il polemico fa notizia perché la notizia non deve andare oltre il tweet.
Si è creata una mole talmente massiccia di questi siparietti, gaffe, colpi di scena, che il dibattito si chiude in questi e gira e rigira su questi argomenti, su come si è comportato un politico in una situazione particolare, su come è messo un politico con la legge, sullo scandalo di quell’anno. Con l’idea che alla fine la scamperà, sorgerà, solo colui che per ultimo schiverà la freccia e risponderà puntando e colpendo il cuore dell’avversario. Pensano che una battuta faccia guadagnare voti?
La situazione è più complessa. I voti sono già stati dati, già stati assegnati. La campagna elettorale è iniziata con la presentazione e l’organizzazione delle liste e tutto si è giocato lì. In quell’occasione è avvenuto un grosso sovvertimento alla democrazia. L’elezione si basa su una variabile: ci sono i partiti con i loro programmi e chi pensa che il programma di un partito sia più consono alla propria persona rispetto ad un altro, lo vota. La variabile è il voto, il numero dei voti.
Con la presentazione delle liste è avvenuto il contrario, grazie anche al Porcellum: la variabile è divenuta costante. Con sondaggi e con i voti passati si è calcolato il numero dei voti ed è avvenuta una compravendita di alleanze fondata sul maggior numero possibile di voti sommati matematicamente.
In questo clima, in questa situazione, i programmi non servono più di tanto. Veniamo bombardati più da percentuali che da idee, più da b-a-t-t-u-t-e-r-i-f-l-e-t-t-o-r-e che da questioni da discutere. Ovviamente tutto questo riguardo ai media, nelle piazze esiste ancora qualcosa. Però con l’essenzialità dei mezzi di comunicazione la piazza ha un’importanza relativa ormai. Sentiamoci liberi di votare e partecipare, scrivendo di quel che ha detto oggi Silvio a Bersani o viceversa, è di questo che ci tocca parlare domani mattina al bar.
ANDREA NALE