He Got Game, la difficile strada della promessa più forte del basket liceale
Continua il nostro appuntamento dedicato alla pallacanestro nel cinema moderno. Dopo aver trattato di film come Coach Carter e Glory Road – Vincere cambia tutto, in questo articolo tratteremo di una pellicola che ha segnato una generazione di ragazzi: He Got Game.
Il film è diretto da Spike Lee, uno dei registi afroamericani più celebri che ha in diverse occasioni collaborato anche con Michael Jordan in alcuni spot famosi della Nike. Il protagonista principale è l’ex-giocatore professionista Ray Allen che indossa i panni di una stella nascente del basket dal nome Jesus Shuttlesworth. Allen viene affiancato da Denzel Washington che interpreta Jake, il padre del giocatore. A fare da cornice troviamo anche Milla Jovovich e Rosario Dawson.
Sinossi
È il 1998 e Jake Shuttlesworth è rinchiuso da più di sei anni nel carcere di Attica (New York) per l’omicidio preterintenzionale della moglie. Suo figlio diciottenne Jesus, è ritenuto la promessa più forte del basket liceale e le più famose università degli Stati Uniti d’America sono disposte a ogni sacrificio pur di averlo nella loro squadra. Jesus, reduce dalla vittoria del campionato statale con la sua squadra, non ha ancora fatto la sua scelta e manca solo una settimana allo scadere dei termini.
Per questa ragione, Jake viene convocato dal direttore del carcere che gli propone, da parte del governatore dello Stato di New York, una forte riduzione della pena se riuscirà a convincere suo figlio ad iscriversi all’Università di Big State, della quale il governatore è un forte sostenitore. Jake, una volta uscito dal carcere per “motivi di salute” e controllato da due agenti, ha una settimana di tempo per convincere il figlio ad iscriversi a Big State. Jesus vivrà un periodo molto difficile costituito dalle pressioni di tutti (dalla fidanzata ai parenti) e dal riavvicinamento del padre dopo l’omicidio della madre.
Realtà e situazione familiare
“Ho sempre ambito, nel caso in cui avessi avuto successo, a tentare di fare un ritratto più veritiero, al negativo e al positivo, degli afroamericani. Non credo che sia necessariamente veritiero, né d’altro canto ha grossa tensione drammatica, un mondo in cui la gente è buona o cattiva al 100%.” Così afferma Spike Lee. E con estrema precisione, il regista è riuscito a rappresentare la situazione di Coney Island, quartiere problematico di Brooklyn.
Lee ha disegnato un’immagine delle realtà familiari che possono sussistere in zone come queste. Ha toccato delle corde emozionali molto forti con la rappresentazione di un caso familiare difficile e della ricucitura di un rapporto tra padre e figlio che sembrava ormai incolmabile. In aggiunta riesce a dare una prospettiva del mondo cestistico nel passaggio delicato che sussiste tra liceo e college, due realtà ben diverse e distanti.
Curiosità
Spike Lee sognava di realizzare un film sullo sport da dieci anni in quel periodo. Così decise di scrivere una storia sul basket e il copione fu intitolato He Got Game, un’espressione con la quale i tifosi di Brooklyn descrivono un giocatore che ha del potenziale. L’intenzione di Lee era di mettere in risalto l’ipocrisia che sta dietro la NCAA.
Il regista mandò il copione a Denzel Washington che, a sorpresa, accettò il ruolo; per il ruolo di Jesus, Spike Lee volle un vero giocatore per dare un tocco di autenticità al film. Dopo aver svolto dei provini dedicati ai giovani atleti professionisti, arrivò Ray Allen che a quel tempo giocava ai Milwaukee Bucks.
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