“Inferno” di F. Gungui: sorprendente libro fantasy
Se sei nato a Europa, la grande città nazione del prossimo futuro, hai due sole possibilità: arrangiarti con lavori rischiosi o umili, oppure riuscire a trovare un impiego a Paradiso, la zona dove i ricchi vivono nel lusso e possono godere di una natura incontaminata. Ma se rubi o uccidi o solo metti in discussione l’autorità, quello che ti aspetta è la prigione definitiva, che sorge su un’isola vulcanica lontana dal mondo civile: Inferno. Costruita in modo da ricalcare l’Inferno che Dante ha immaginato nella Divina Commedia, in quest’isola ogni reato ha il suo contrappasso.
Piogge di fuoco, fiumi di lava, gelo, animali mostruosi: gli ingranaggi infernali si stringono senza pietà attorno ai prigionieri che spesso muoiono prima di terminare la pena. Nessuno sceglierebbe di andare volontariamente a Inferno, tranne Alec, un giovane cresciuto nella parte sbagliata del mondo, quando scopre che la ragazza che ama, Maj, vi è stata mandata con una falsa accusa. Alec dovrà compiere l’impresa mai riuscita a nessuno: scappare con lei dall’Inferno, combattendo per sopravvivere prima che chi ha complottato per uccidere entrambi riesca trovarli…
COMMENTO.
Francesco Gungui, scrittore italiano classe ’80, autore di numerosi libri per ragazzi, nel 2013 decide di cimentarsi in un’impresa diversa dalle precedenti: la pubblicazione del primo capitolo della trilogia fantasy “Canti delle terre divise”: “Inferno”.
Spesso amo definire la Divina Commedia la prima opera (importante) fantasy della storia. Ho sempre amato questa creazione dantesca, superando la meravigliosa trama di allegorie, metafore e simboli in essa celata, apprezzando la storia in se stessa: l’ “avventura”, per così dire, di un protagonista in un mondo affascinante e irreale, ricco di creature fantastiche. Angeli, demoni e creature mostruose che combattono e interagiscono in un mondo che a ogni canto diventa più complesso e si anima nella mia mente, seppur con la difficoltà di un’opera complessa e di immenso spessore politico e pedagogico come questa. E a volte mi sono chiesta come sarebbe stato estrapolare la parte puramente di evasione, quel mondo, e ottenere così un romanzo contemporaneo.
Ecco, questo è più o meno quello che avviene nel libro di Francesco Gungui, dove a una scrittura agile, l’autore sa accostare una revisione fantascientifica del mondo creato dal grande poeta trecentesco, non senza apporti propri innovativi.
La storia di per sé è piuttosto semplice (ma questo non è un elemento negativo, tutt’altro): è incentrata sulle peripezie che una coppia di giovani innamorati, Alec e Maj, devono affrontare per poter non solo vivere felicemente, ma sopravvivere. Ma la classica base amorosa (ben sviluppata e per nulla stucchevole o ridondante) è solo il pretesto per l’evoluzione di un intreccio avventuroso, ricco di colpi di scena, alcuni topici altri del tutto innovativi. Alec e Maj sono i due poli opposti del mondo: lui un povero con madre e sorella sulle spalle, lei una ricca signorina di buona famiglia che non sa cosa sia la vita vera e che, per l’estremo tentativo di conoscerla e assaporarla, finirà nella prigione da incubo “Inferno”. Soprattutto il personaggio di Maj, con l’evolversi del libro, subisce quel percorso di maturità che si ritrova in molti romanzi dalla genesi del genere.
Oltre a loro c’è una rete di personaggi secondari piuttosto interessanti e delineati, che non sono i classici e piatti personaggi di sfondo che si trovano nella maggior parte dei romanzi di questo genere, ma anzi, acquisiscono un ruolo a volte determinante, come Maureen e Marvin; oppure personaggi misteriosi su cui il lettore, avido di informazioni, cerca di carpire qualche nozione in più tra le righe del romanzo (è il caso di Jorgos).
Il libro si presenta nel complesso scorrevole, le descrizioni dei luoghi sono precise ma non eccessive, i personaggi ben strutturati e, soprattutto, è davvero un libro fantasy e non una travagliata (e assurda) storia d’amore su cui vengono buttati elementi avventurosi alla rinfusa, senza una logica od ordine alcuno.
Ma non solo. Con la sua opera Francesco Gungui ha un altro importante merito: far entrare, per così dire, la cultura da una porta secondaria. Certo, il libro non può essere visto come un’analisi del testo dell’opera dantesca, ma sicuramente ha il pregio di stimolare la curiosità per tale opera nei ragazzi che la leggeranno.
Tuttavia qualche piccola pecca c’è, ma cosa ne è esente?
Bisogna dire che, nonostante l’autore abbia avuto ben 430 pagine, sembra che esse non gli siano bastate, in quanto taluni elementi restano un po’, per così dire, sospesi. La situazione del mondo esterno per esempio. Se da un lato abbiamo un mondo “interno” perfettamente strutturato, nel quale recitano e col quale interagiscono direttamente i personaggi (il quartiere di Maj, la città di Alec, l’Inferno), molto generico è lo sguardo globale, complessivo, a largo spettro. Per indicare un esempio pratico, si comprende che “Paradiso” sorge sulla vecchia Africa e che è nei progetti del governo estenderlo anche all’Italia, ma non è del tutto chiaro, specie non si capisce bene di dove sia precisamente Alec. E questo sarebbe stato facilmente risolto con un’attenzione maggiore ai nomi e cognomi dei personaggi (se Alec avesse avuto un nome tipicamente tedesco, per esempio, si sarebbe potuta intuire la sua appartenenza alla Germania), che invece hanno quasi tutti nomi inglesi/americani.
Ma questa piccola macchia la possiamo (almeno per il momento) scusare non solo in nome di tutti i numerosissimi elementi positivi, ma anche per la speranza che ci siano dei chiarimenti (almeno nei principali interrogativi rimasti in sospeso) nei due titoli successivi, “Purgatorio” e “Paradiso”.
SE QUESTO ARTICOLO TI E’ PIACIUTO, SOSTIENI WILD ITALY CON UNA DONAZIONE!