Internet e i suoi danni (presunti) alla società

Quando pensiamo a grandi novità che rappresentano uno spartiacque per il grande fiume della storia, non si può non tener conto dell’invenzione della stampa di Gutenberg, o della macchina a vapore perfezionata da James Watt. Entrambi questi eventi hanno fornito l’abbrivio per imponenti rivolgimenti culturali, sociali, industriali; di esempi consimili la storia recente ce ne fornisce molti, a partire dal motore a scoppio passando per la radio e la televisione. Ma l’ultima di questa sequela di novità tecnologiche sembra averle soverchiate tutte: internet.

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fonte: wired.it

Soprattutto i millennials (i nati dopo il 1980) e quelli che diventeranno i nativi digitali sono i primi veri protagonisti di un fenomeno che ha tutta l’aria di avere effetti imprevedibili sullo sviluppo culturale di questo secolo. Probabilmente sull’avvento di internet si sono scritti più saggi, articoli e pubblicazioni di quanto non sia umanamente possibile leggere; saggi che, malgrado tutte le buone intenzioni, risultano obsoleti quasi ancor prima di essere pubblicati. Sui quotidiani, nelle aule universitarie, per strada e tra la gente prende sempre più spazio la formulazione, talora approssimativa, di teorie che tendono alla spiegazione definitiva (!) del fenomeno in questione.

Neanche a dirlo, ciò che ha posto il web e la sua invasività sotto gli occhi di tutti è l’ultima propaggine del suo sviluppo tecnologico, ovverosia lo smartphone e, inevitabilmente, i social. Ora, lungi dal voler essere l’ennesima discettazione sui malanni della società legati alla rete, qui si vuole al contrario evidenziare la complessità del web e delle sue conseguenze, possibilmente criticando le soluzioni semplicistiche e troppo tranchant.

L’analisi

Per una disamina così vasta scegliamo di dedicarci a due degli ultimi casi di cronaca che hanno attirato l’attenzione dei media: l’assassinio di Emmanuel Chidi Nnamdi dello scorso 5 luglio e la strage perpetrata da Ali David Sonboly venerdì 22 luglio. Tutti sanno cosa successe in questi due sfortunati giorni, e molti avranno notato che in almeno uno dei due ha un ruolo fondamentale Facebook. Forse che il notissimo social network è il seme del male dell’umanità?

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fonte: cnet.com

Nel caso del nigeriano ucciso a Fermo internet evidentemente non c’entra nulla, ma nel battage mediatico che seguì l’omicidio vi fu un proliferare di articoli e opinioni lanciate in difesa, naturalmente, del rifugiato che perse la vita nella colluttazione. Il fatto rilevante è che, sempre sui social, sotto ai suddetti articoli anti-razzismo i commenti erano colorati di un astio impensabile di fronte a una tragedia del genere, complice forse la quasi contemporanea strage di Dacca avvenuta il primo luglio in cui persero la vita nove compatrioti: in molti, infatti, si chiedevano perché le alte cariche tributassero più onori a un rifugiato morto che a nove italiani uccisi dall’Isis.

Forse che Facebook e Twitter perseguono strategie oscure per radicare i nazionalismi (e la disinformazione) nostrani? Christian Raimo a questo proposito ha scritto: «Se sempre più noi ci informiamo esclusivamente attraverso la rete, sempre di più ci dimentichiamo anche il filtro con cui raggiungiamo le informazioni che ci servono. Facebook o Twitter o Google ci danno l’impressione di avere costantemente il mondo davanti ai nostri occhi. Ma ciò a cui accediamo invece è un profilo totalmente personalizzato, nessun altro – nemmeno un nostro amico carissimo – avrà una timeline identica alla nostra, figuriamoci qualcuno con cui non condividiamo immaginari o idee politiche.» Ecco il problema centrale di internet. Non è, come sostengono in molti, l’alienazione o la crescita snaturata di un bimbo che gioca con l’iPad. È, al contrario, la mancanza di un filtro nella grande baraonda.

Chi non impara a dotarsene di uno personale e consapevole, verrà sballottato in questo oceano indiscriminato in balia delle bufale più grossolane o, peggio ancora, seguendo una rotta del tutto autoreferenziale.

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fonte: macitynet.it

La rete a più facce

Per concludere, torniamo sulla strage di Monaco. Si è detto che l’attentatore abbia hackerato il profilo di una ragazza per attirare dei coetanei al McDonald’s; per di più pare che passasse molto tempo online e che grazie alla rete si sia fatto ispirare dal famigerato killer di Utoya, Anders Breivik.

Messa così sembra che internet sia un ordigno esplosivo posto nelle mani di un primate impazzito. Ma in realtà il fatto che esso sia, per l’appunto, così globale, lo rende strumento alla portata di tutti; come ha scritto molto lucidamente Davide Casati sul Corriere, i social sono un megafono, catalizzatore dell’umanità più variegata, spesso razzista come nei casi sopraelencati, ma che comunque riflette le sue innumerevoli facce nella rete. Più o meno lo stesso famoso concetto (un po’ più spigoloso) targato Umberto Eco, secondo cui i social network hanno dato voce a una «legione di imbecilli». In realtà il professore era un altro che insisteva sull’importanza di costruirsi un filtro dell’informazione. Ma purtroppo il suddetto megafono ci urla ogni giorno la tendenza esattamente opposta.

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Mario Macchioni

Nato a Roma nel 1992, consegue studi classici ad Anzio e attualmente frequenta un corso di laurea di secondo livello in Storia e politica internazionale, presso l'Università di Roma Tre. Scrive per Wild Italy dal 2015, la sua aspirazione più grande è lavorare scrivendo e divertendosi, con il costante obiettivo di cambiare prospettiva. COLLABORATORE SEZIONE POLITICA E SEZIONE CINEMA

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