L’odissea della Metro C

Tutto passava per Ercole Incalza. Anche la Metro C di Roma. A marzo di quest’anno non è finito in manette infatti solo il super burocrate del Ministero delle Infrastrutture che parlava al telefono con Maurizio Lupi ma anche Stefano Perotti, direttore dei lavori di una parte del cantiere della terza linea metropolitana romana (quello che va da San Giovanni al Colosseo), la cui nomina – secondo la Procura di Firenze – sarebbe stata imposta dallo stesso Incalza.incalza901

Daniele Autieri e Rory Cappelli, dalle pagine de La Repubblica, raccontano un episodio: «Il 21 febbraio 2014, parlando degli incarichi che Incalza ha fatto avere a Perotti, l’ex presidente di Italfer Giulio Burchi (da ieri nella lista degli indagati) dice: “Gli ha fatto anche avere un lotto che non volevano dargli a tutti i costi quando c’era ancora Bortoli”. Bortoli è l’ex amministratore delegato di Roma Metropolitane che aveva tentato di bloccare la decisione del consorzio Metro C (costituito da Astaldi, Caltagirone e Finmeccanica) di assumere la società di Perotti alla direzione lavori della tratta T3, quella che va da San Giovanni al Colosseo e che il patron dell’azienda ha affidato alla figlia Corinne, piazzata per settimane nel container N di villa Gordiani a dirigere il difficile cantiere di San Giovanni».

«A ottobre dello stesso anno – continuano i due giornalisti – Burchi torna sul tema e parlando del patron della Spm dice: “La linea C… la prima parte l’avevano data a uno di Roma, poi Incalza ha obbligato a prenderlo lui” ».

Dopo la notizia dell’arresto di Perotti, la società Metro C gli ha subito revocato l’incarico.

IL COINVOLGIMENTO DI IMPROTA. 

A rimanere invischiato nel faldone Grandi Appalti-Incalza-Perotti, sembra ci sia però anche l’assessore ai Trasporti del Comune, Guido Improta.

A lanciare per primo la notizia è il quotidiano Il Tempo, attraverso la penna di Valeria Di Corrado e Andrea Ossino: «Insieme a Incalza sarebbe indagato l’assessore ai Trasporti e alla mobilità di Roma Guido Improta. Probabilmente i due si conoscevano già da tempo, visto che Improta era sottosegretario al Mit del Governo Monti».

Guido Improta, assessore alla Mobilità del Comune di Roma
Guido Improta, assessore alla Mobilità del Comune di Roma

«Dall’incartamento dei pm toscani – raccontano i cronisti – emerge che un altro degli indagati, Giulio Burchi, l’ex presidente di Italfer, ambiva a ricoprire la poltrona di amministratore unico di Roma Metropolitane srl, società “in house” del Comune e stazione appaltante della linea C. Era stato proprio Improta a contattare l’imprenditore invitandolo a “fare qualche pensata” ».

Oltre a questa inchiesta, ce ne sono due aperte dalla Corte dei conti laziale sull’affaire Metro C.

La prima riguarda la maggiorazione di costo di 363.722.828 euro per la tratta Pantano-Centocelle. 21 in questo caso gli indagati, tra funzionari e dirigenti di Roma Metropolitane e del Consorzio Metro C, ai quali il procuratore Raffaele De Dominicis imputa «manipolazioni contabili» e «scriteriate sovrapposizioni di costi», uno «scandaloso comportamento dei responsabili», impegnati «nella redazione di costosissime varianti di progetto», circa 45, giustificate con «cosiddette sorprese geologiche e archeologiche».

La seconda inchiesta si riferisce alla firma dell’atto attuativo del 9 settembre 2013. Questo accordo, molto voluto dallo stesso Improta, portò a riconoscere ai costruttori del Consorzio Metro C oltre 250 milioni per chiudere il contenzioso con Roma Metropolitane, più 90 milioni extra.

L’assessore però respinge le accuse: «A prescindere dal fatto che quell’atto attuativo non è stato negoziato da me, ma da un avvocato del Consorzio e uno di Roma Metropolitane, mi pare tutto bizzarro perché il Cipe non delibera più soldi in favore della linea C dal dicembre 2012, giunta Alemanno. Noi non abbiamo mai chiesto soldi, non li abbiamo mai stanziati né gestiti. E la copertura per l’atto attuativo del 2013 era comunque disponibile nel quadro economico finanziario che abbiamo trovato».

Pochi giorni dopo la pubblicazione dell’articolo de Il Tempo, Improta aggiunge: «Confermo di non essere iscritto nel registro degli indagati. Ciò è risultato con chiarezza dalla certificazione rilasciata in mattinata dalla Procura della Repubblica di Roma, nonché dal colloquio avuto dal mio legale, avvocato Giampiero Biancolella, con il sostituto procuratore dottor Erminio Amelio»

LA STORIA DEL CANTIERE. 

La storia della metro C inizia 25 anni fa, nel 1990. L’intento era realizzarla in tempo per il Giubileo del 2000 ma il progetto partì effettivamente nel 2001, con l’inserimento all’interno della medium_130808-194835_to080813cro_926-770x511Legge Obiettivo (strumento legislativo che stabilisce procedure e modalità di finanziamento per la realizzazione delle grandi infrastrutture strategiche in Italia per il decennio dal 2002 al 2013).

Nel 2003 il Comune di Roma istituisce la società Roma Metropolitane srl per accentrare le responsabilità connesse al supporto per la realizzazione dei lavori. L’azienda rappresenta, in convenzione con il Campidoglio, il committente pubblico.

In poco tempo la Roma Metropolitane indice una gara per scegliere a chi affidare il ruolo di contraente generale per eseguire i lavori.

L’incarico viene affidato a un raggruppamento di imprese, capitanato dalla società di progetto Metro C spa che diventa il contraente generale.

Nel 2006 c’è la firma del contratto di affidamento – tra Roma Metropolitane e Metro C spa – per la realizzazione della linea.

Passa neanche un anno e, nel 2007, Metro C presenta una domanda di arbitrato, per aver espresso delle riserve in merito al contratto. Si arriva quindi ad un accordo che comporta un adeguamento del contratto, una variante del progetto e un primo aumento dei costi.

Tutto risolto? A quanto pare no perché nel 2008 sempre la Metro C spa chiede a Roma Metropolitane di concordare un secondo “patto”, a causa di altre riserve che ha sul contratto di affidamento. Si arriva così a un’altra variante al progetto, con il rinvio di un anno per l’ultimazione dei lavori e un altra maggiorazione dei costi.

In quest’aumento dei costi va considerata anche la costituzione, ad opera di Roma Metropolitane, di un comitato paritetico per valutare le controversie emerse durante i lavori nel cantiere. Al termine dell’incarico del comitato, nel 2011, viene formulato un secondo atto di transazione.

Il general contractor decide a questo punto di rinunciare ad alcuni dei dubbi sollevati e accetta di ricevere il pagamento forfettario di 230 milioni di euro complessivi.

57adc456-cc78-11e4-a3cb-3e7ff6d232c1«L’atto – come ci comunica l’ufficio stampa del gruppo consiliare del Movimento 5 Stelle del Campidoglio – viene trasmesso al Ministero dei Trasporti ed il CIPE con deliberazione n. 127 dell’11 dicembre 2012, approva l’Atto e fissa la copertura economica».

I COSTI. 

In principio doveva costare 1 miliardo e 925 milioni. La cifra però lievita in poco tempo a 2 miliardi e 683 milioni, per poi passare a 3 miliardi e 47 milioni, fino agli attuali 3 miliardi e 379 milioni di euro.

«Senza considerare – scrive Sergio Rizzo in un’inchiesta sul Corriere della Sera del febbraio 2012485 milioni di maggiori esborsi per quattro arbitrati già aperti, altri 100 milioni appena stanziati dal Cipe e 1 miliardo 108 milioni delle cosiddette “opere complementari” per la tutela archeologica. Totale: 5 miliardi e 72 milioni, il 163,5% in più rispetto alle stime iniziali. Che potrebbero però salire a 6 miliardi, triplicando le cifre di partenza, se il rincaro della tratta Colosseo-Clodio sarà in linea, ammonisce la Corte dei conti, con quello registrato per il resto della linea». Per avere un’idea: il Mose di Venezia costerebbe mezzo miliardo in meno.

Tutto ciò si traduce in un costo di realizzazione per ogni chilometro della metro di 234 milioni di euro. La media europea per lavori di questo tipo è di 120-150.

Metro C spa però non ci sta e sul suo sito sciorina dati diversi: «L’investimento complessivo della parte di linea oggi completamente finanziata (Pantano – Colosseo di circa 21,3 Km) è passato da 2,23 a 2,97 miliardi di euro, con un aumento quindi pari a circa un terzo (e non al triplo!) del costo originario a base del progetto preliminare dell’Amministrazione. Tale incremento è dovuto ai maggiori costi delle numerose varianti richieste dall’Amministrazione per varie cause legittime, con una significativa incidenza anche sui tempi di realizzazione delle opere: sopravvenienze archeologiche, imprevisti idrogeologici, cambiamento di norme tecniche, anche per lo smaltimento delle terre e rocce da scavo, sopravvenute prescrizioni sugli impianti antincendio»

L’OPPOSIZIONE DEL M5S. 

Nel consiglio comunale di Roma la questione Metro C non è passata sotto silenzio. I consiglieri del Movimento 5 Stelle Marcello De Vito, Daniele Frongia, Virginia Raggi ed Enrico Stefàno, attraverso il loro lavoro in aula hanno infatti da tempo preso sotto esame quello che è il terzo accordo tra Roma Metropolitane e Metro C spa che ha tirato in ballo anche l’assessore Improta.

I consiglieri comunali di Roma per il M5S. Da sinistra: De Vito, Raggi, Frongia e Stefàno
I consiglieri comunali di Roma per il M5S. Da sinistra: De Vito, Raggi, Frongia e Stefàno

«Perché – si chiede il gruppo pentastellato – nel luglio 2013 Improta assessore pro tempore alla mobilità e Trasporti affida nuovamente a Roma Metropolitane la valutazione dell’ipotesi transattiva che poi porterà all’accordo del 9 settembre 2013?»

I consiglieri sottolineano anche: «la grave mancanza del non rispetto dell’art. 29 della convenzione tra Roma Capitale e Roma Metropolitane che affidava a quest’ultima il ruolo di responsabile della sicurezza, passato senza contemplare il socio unico (Roma Capitale) direttamente alle imprese Metro C SpA (con la relativa gestione di 350 milioni di €)».

Tutte le questioni aperte sono state inserite in un esposto presentato alla fine dell’anno scorso alla Procura di Roma per sapere: «in relazione all’accordo del 9.9.2013 se sia o meno prefigurabile a carico dei vertici della società Roma Metropolitane, del Sindaco Marino, dell’Assessore Improta, dell’Avvocatura, qualsivoglia responsabilità amministrative e/o per danno erariale”, per aver operato con il risultato di alterare gravemente il rapporto tra committente pubblico e contraente generale».

Non paghi, i rappresentanti del Movimento 5 Stelle hanno inviato tutti gli atti in loro possesso al Presidente dell’Autorità Anticorruzione, Raffaele Cantone, chiedendo che venga verificata «la contabilità delle opere eseguite ed i lavori effettivamente pagati […] quali siano state le verifiche tecniche effettuate nel contenzioso tra Roma Metropolitane S.r.l. e la società consortile Metro C, se si ritiene che le 45 varianti di progetto siano state approvate legittimamente da Roma Metropolitane e cioè se tali varianti non presupponessero un atto di approvazione del Consiglio Comunale […] di sapere i nomi ed i compensi di tutte le commissioni ed i collegi creati per gestire e fronteggiare il contenzioso […] di chiarire il ruolo dell’Avvocatura comunale che ha espresso pareri non esaustivi quando chiamata in causa per dirimere le questioni contrattuali, ed infine se si intende proporre azione di responsabilità nei confronti dei vertici di Roma Metropolitane S.r.l. ».

Chiaro, no?

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Matteo Marini

Giornalista pubblicista, fondatore e direttore di Wild Italy. Ha collaborato con varie testate nazionali e locali, tra cui Il Fatto Quotidiano e La Notizia Giornale, ed è blogger per l’Huffington Post Italia. Nel 2011 ha vinto il Primo Premio Nazionale Emanuela Loi (agente della scorta di Paolo Borsellino, morta in Via d’Amelio) come “giovane non omologato al pensiero unico”. Studioso di Comunicazione Politica, ha lavorato in campagne elettorali, sia in veste di candidato che di consulente e dirige, da fine 2016, Res Politics - Agenzia di comunicazione politica integrata . DIRETTORE DI WILD ITALY.

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