Nanissimo Pinocchio

Proseguono le dichiarazioni del nostro premier. Sempre aperto al dialogo e ai dibattiti – come hanno dimostrato le sue svariate telefonate nelle trasmissioni televisive, le interviste e i continui comunicati audio, tutti discorsi privi e privati di domande –, anche oggi il nostro presidente del Consiglio ha diffuso il suo Verbo autoevidente a prescindere. La grancassa mediatica ha poi provveduto a diffonderlo urbi et orbi, senza ovviamente contrapporre nessuna obiezione a certe sue corbellerie. Andiamo con ordine.

Secondo Berlusconi, «da noi alcuni magistrati perseverano nell’intromettersi in modo illegittimo nella vita privata dei cittadini e i giornali appaiono concentrati solo a guardare queste vicende, come dal buco della serratura». Ricordiamo innanzitutto al nostro primo ministro che, essendo un pubblico ufficiale, se crede di trovarsi di fronte ad un reato, deve denunciarlo, pena l’incorrere nell’«omessa denuncia da parte di pubblico ufficiale», trattata nell’art. 361 del c. p.. Lo informiamo poi che, secondo l’articolo 15 della Costituzione, la  privacy può essere sospesa: è infatti vero che «la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili», però «la loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge». Ergo, la tutela della vita privata cade non appena la magistratura si trova costretta ad indagare su un presunto reato (art. 112 della solita Costituzione: «Il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale»). Sul perché un’indagine sulla quarta carica dello Stato per concussione e prostituzione minorile sia per forza l’argomento clou dei giornali di quel Paese non ci pare caso di soffermarci.

Andiamo avanti. Dopo una parentesi sui fatti nordafricani, Berlusconi è passato poi a parlare di nuovo di quelli interni, partendo dal federalismo: «Il Governo – ha sostenuto – ha fatto un ulteriore passo in avanti nell’approvazione del federalismo fiscale, approvazione che completeremo in Parlamento nel pieno rispetto delle procedure previste dalla stessa legge di riforma (e delle indicazioni del Capo dello Stato) [quest’ultima parentesi non è stata poi pronunciata, nda]». Data la bocciatura della legge da parte della bicameralina e del decreto legislativo da parte di Napolitano (avvenimento storico, vista la propensione a firmare qualsiasi boiata da parte del nostro Capo dello Stato, incazzato come neanche ai tempi del decreto legge per mantenere l’agonia di Eluana Englaro), resta da capire quali progressi siano stati fatti sulla strada verso il federalismo: i lavori sono stati bloccati, serve un nuovo confronto con Regioni e Comuni e almeno un passaggio in Parlamento, con un esito dunque non scontato. Anche qui, balle a manetta.

Ovviamente non poteva mancare neanche oggi l’attacco a Fini: «Purtroppo, inaspettatamente, si è verificata nella maggioranza la diaspora del Fli. Il paradosso è che il germe della divisione è stato inoculato all’interno del Popolo della Libertà da uno dei fondatori del nuovo partito, l’on. Fini, eletto, proprio con il voto della maggioranza, a Presidente della Camera. Così uno stillicidio di polemiche, di critiche e di distinguo pressoché quotidiani ha finito per offuscare i meriti dell’azione del nostro governo e alla fine ha condotto alla nascita di un nuovo gruppo parlamentare e di un nuovo partito, passato all’opposizione in alleanza con la sinistra, tradendo il voto degli elettori e consegnandosi ad un futuro di consensi, valutato dagli esperti all’1,6%». Al di là dell’assurda percentuale attribuita al gruppo guidato dal presidente della Camera, è interessante notare come in 17 anni il Cavaliere non cambi la sua linea, riciclando le solite frasi: chi lo lascia è un traditore che si allea con la sinistra per portare al potere chi ha perso le elezioni contro il mandato elettorale ed è destinato così all’oblio politico. Prendete infatti le parole contro Fini e confrontatele con queste frasi: «La mozione di sfiducia della [omissis momentaneo] è uno schiaffo alle regole nonché una truffa a danno degli elettori per dar vita ad un esecutivo che porti al governo i partiti sconfitti alle elezioni. […] Nel momento in cui l’on. [altro omissis momentaneo] rinnega i suoi stessi elettori e li tradisce, espropriando la loro volontà politica e trasportandola nel campo degli avversari, in quel preciso momento il suo mandato parlamentare si trasforma in un inganno che carpisce la buona fede dei cittadini italiani, in un furto con scasso per mere ambizioni di potere, in una clamorosa violazione del primo articolo della Costituzione: in quel preciso momento il suo mandato diventa carta straccia. I voti del Popolo della Libertà […] ora vengono rubati e svenduti con un’operazione di puro trasformismo parlamentare». Sono frasi del 21 dicembre 1994 pronunciate alla Camera da Berlusconi contro la Lega (il primo omissis) e Bossi (il secondo omissis), reo di averlo appena sfiduciato, poi gentilmente definito «cadavere politico» (14/01/95) a capo di un partito pronto a dare l’Italia ai soliti comunisti («Bossi lasciamolo agli altri, sarà uno splendido argomento per la nostra campagna elettorale. Anzi, ho già pronto un manifesto, con Alberto da Giussano che regge in mano una falce e un martello e sotto la scritta: “Per un’Italia comunista, vota Lega Nord”», 22/07/95).

Il messaggio odierno si chiude coi «molti risultati» del governo: nonostante il debito pubblico salito a oltre 1.800 miliardi di euro, «ha tenuto i conti in ordine»; facendo in realtà un favore ai ricconi (ai meno abbienti l’aveva già tolta Prodi), «ha abrogato l’Ici»; lasciando liberi personaggi come Dell’Utri e Cosentino, approvando lo scudo fiscale e la legge sulla messa all’asta dei beni confiscati alle mafie, «ha condotto con successo un’azione di forte contrasto alle organizzazioni criminali come non era mai successo nella storia della Repubblica»; pagando 5 miliardi al noto democratico Gheddafi, «ha fermato l’immigrazione clandestina»; con tagli per oltre 9 miliardi, «ha realizzato molte riforme a partire dalla scuola all’università»; come ha poi confermato Wikileaks coi giudizi dei vari diplomatici, «ha difeso bene gli interessi dell’Italia in Europa e nel mondo»; non intervenendo seriamente per riportare in Italia dal Brasile Cesare Battisti, «ha procurato importanti commesse internazionali alle nostre aziende»; infine, con l’aumento della pressione fiscale dal 43,3% del 2008 (anno dell’insediamento di Berlusconi) al 43,5% del 2009, «non ha mai aumentato le tasse, non ha mai messo le mani nelle tasche dei cittadini». Resta almeno la consolazione nel non essersi più sentiti citare la ricostruzione de L’Aquila e la pulizia delle strade di Napoli…

Chiudiamo con una semplice considerazione: basta questo semplice confronto tra fatti e parole a mettere in risalto la quantità industriale di balle che ci viene propinata quotidianamente, la facilità con cui le si potrebbero smentire e la stanchezza di un uomo che da 17 anni non fa altro che ripetere i soliti mantra («sono un perseguitato», «sono l’uomo del fare», «occhio ai comunisti», «è sempre colpa degli altri»). Nonostante l’essenzialità dello schema che segue da quando è «sceso in campo», quest’uomo è ancora qui. Il problema è infatti sempre quello: l’assenza di un’opposizione con le palle e la pazienza di mettersi lì a contrastarlo balla su balla, il primo passo per mandarlo a casa aprendo gli occhi agli italiani.

Alessandro Bampa

Nato nel 1987 a Vicenza, consegue a Padova la laurea triennale in Lettere moderne, quella magistrale in Filologia medievale e il dottorato di ricerca in Filologia romanza. Creatore nel 2009 del blog bile.ilcannocchiale.it (sospeso nel 2011 per collaborare con "Wilditaly" e citato ne "I nuovi mostri" di Oliviero Beha nell’elenco delle "associazioni che a vario titolo rientrino nell’accezione culturale di chi promuove riflessioni sullo stato del Paese”), fino a gennaio 2011 ha fatto parte della redazione della rivista online "Conaltrimezzi", dirigendo le sezioni dedicate all’attualità e al mondo universitario. REDATTORE SEZIONE INTERNI

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