Nessuno è più uguale degli altri? Cosa ci insegna il caso Raffaele Marra

Doveva cambiare tutto, invece sembra di essere ritornati ai tempi più bui. Il Campidoglio, la casa del Comune di Roma, dopo 5/6 mesi di guida a 5 stelle non smette di tremare a causa delle scosse che lo attraversano. L’ultima, in ordine di tempo, è l’arresto del costruttore Sergio Scarpellini e, in particolare, di Raffaele Marra, ex vice capo di gabinetto della sindaca Virginia Raggi e successivamente dirottato – per provare a spegnere le polemiche date dal suo passato lavorativo a fianco di Alemanno e Polverini – alla direzione del dipartimento personale.

In questi casi tendo sempre, è un pregio o un difetto per chi fa il mio mestiere (non l’ho ancora capito), ad aspettare almeno 24 ore prima di dire come la penso. Non voglio farmi influenzare dal dibattito isterico che si innesca in seguito ad accadimenti del genere.

Partiamo da un dato fondamentale: Raffaele Marra non è (anzi non era, ormai) un semplice dipendente capitolino. Chi afferma questo mente sapendo di mentire. Era, riprendendo il nome del gruppo Whatsapp, uno dei “quattro amici al bar”, dove gli altri 3 erano la stessa sindaca, il capo della sua segreteria politica Salvatore Romeo e il fido vicesindaco Daniele Frongia. Un vero e proprio braccio destro della prima cittadina, insomma.

Virginia Raggi quindi, affermando in una pseudo conferenza stampa (visto che non sono state consentite domande) subito dopo gli arresti che “Il dottor Marra, come ho sempre detto, è uno dei 23mila dipendenti capitolini e non un esponente politico”, ha sonoramente mentito alla città di Roma.

Non solo ha occultato vergognosamente la verità ma ha dato fiducia a un signore che, come scrive Alessandro Gilioli, da sempre è: “Legatissimo all’«immobiliarista della casta» Scarpellini (così veniva definito dal M5S, quando era all’opposizione), ma anche vicino a Franco Panzironi, oggi sotto processo per Mafia Capitale, e a Mauro Masi, quello della Rai berlusconiana che «neanche in Zimbabwe»”.

Non bastano le scuse della sindaca, lette a mo’ di copione, ammettendo che: “Probabilmente abbiamo sbagliato e di questo mi dispiace. Mi dispiace nei confronti dei cittadini romani, mi dispiace nei confronti del Movimento 5 Stelle e di Beppe Grillo che aveva sollevato qualche perplessità”. 

Non basta neanche cedere ai diktat di Beppe Grillo e, a causa della grana Raffaele Marra, togliere il ruolo di vicesindaco a Frongia e costringere Romeo alle dimissioni da capo della segreteria politica. Non basta perché a Roma non serve una sindaca commissariata da un vice che verrà deciso e imposto dall’alto (si parla dell’assessore alle Partecipate Colomban, uno che solo 6 anni fa si era candidato a sostegno del leghista Luca Zaia in Veneto).

Quando il 67% dei romani h messo una bella X sul nome di Virginia Raggi e ha scelto il Movimento 5 Stelle, lo hanno fatto perché volevano voltare pagina. La cosiddetta “vecchia politica” per troppo tempo era rimasta a litigare per spartizioni di vario genere, lasciando da parte il benessere e il futuro della Capitale.

I cittadini volevano un cambio di passo. Pretendevano un cambio di passo. A mio modo di vedere il “girare le spalle” a quel popolo, che implorava una decisiva sterzata in un’altra direzione, rappresenta una delle ragioni fondamentali che dovrebbero portare la sindaca alle dimissioni.

Tutto questo lo dico non perché ritenga migliore “il vecchio sistema”. Sarebbe però un segnale. Un segnale che non si baratta la fiducia dei tuoi elettori per tirare a campare. E’ un segnale che dice forte e chiaro che tu stai dalla parte giusta, da quella di chi ha creduto in te.

Altrimenti non sei più uguale degli altri.

Matteo Marini

Giornalista pubblicista, fondatore e direttore di Wild Italy. Ha collaborato con varie testate nazionali e locali, tra cui Il Fatto Quotidiano e La Notizia Giornale, ed è blogger per l’Huffington Post Italia. Nel 2011 ha vinto il Primo Premio Nazionale Emanuela Loi (agente della scorta di Paolo Borsellino, morta in Via d’Amelio) come “giovane non omologato al pensiero unico”. Studioso di Comunicazione Politica, ha lavorato in campagne elettorali, sia in veste di candidato che di consulente e dirige, da fine 2016, Res Politics - Agenzia di comunicazione politica integrata . DIRETTORE DI WILD ITALY.

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