#RomaCinemaFest: Carol, la recensione
Una storia intensa e allo stesso tempo delicata. Alla Festa del Cinema di Roma 2015 è arrivato, nei giorni scorsi, Carol, l’ultima opera dell’acclamato regista statunitense Todd Haynes (“Lontano dal Paradiso“, “Io non sono qui“), che è stato presentato come appendice nella sezione dedicata all’incontro con lo stesso autore (Incontri Ravvicinati). La pellicola, trasposizione del libro omonimo di Patricia Highsmith, vede come protagoniste due attrici del calibro di Cate Blanchett – già vista alla festa di quest’anno nei panni di Mary Mapes in “Truth” – e Rooney Mara – anche lei già incrociata in questa kermesse con “Pan” – che s’incontrano e s’innamorano in una splendida New York degli anni ’50. Il film è stato presentato lo scorso maggio a Cannes; per il suo ruolo Rooney Mara ha ricevuto il Prix d’Interpretation Feminine. Ancora non è nota la data d’uscita nelle sale italiane.
SINOSSI.
Therese Belivet (Rooney Mara) è una ragazza di vent’anni che lavora come commessa del reparto giocattoli di un centro commerciale newyorkese, e sogna di diventare, un giorno lontano, una fotografa affermata; fidanzata con un giovane rampante deciso a sposarla e corteggiata, allo stesso tempo, da un giornalista del Times, Therese vive la vita senza troppo entusiasmo, come se stesse aspettando qualcosa di cui non conosce l’esistenza.
Carol Aird (Cate Blanchett) è una donna di mezza età, di alto rango, di classe come si suol dire, che vive in una grande casa poco fuori New York. Lei, invece, sta divorziando dal marito, esce da una storia di alcuni anni con la cognata – divenuta poi sua amica – ed ha un’unica figlia di cinque anni. Il destino vuole che le due donne s’incontrino sotto le feste di Natale; Carol è ai grandi magazzini in cerca di un regalo adeguato per la sua bambina, Therese la commessa che l’aiuta. Lo svolgimento ha i connotati di un classico colpo di fulmine, con le due protagoniste che finiscono prima per conoscersi, poi per frequentarsi e infine per scappare insieme, lontane da quella New York troppo opprimente per il loro amore. Dalla vita e i suoi dazi, però, non si può fuggire; Carol si ritrova così a dover affrontare una causa di divorzio – molto chiusa e “all’antica” nei connotati, dato il contesto degli anni ’50 – che si rivelerà, per la stessa protagonista, un vero e proprio spartiacque fondamentale tra la famiglia (la figlia, essenzialmente) e l’amore per Therese.
UN AMORE DELICATO E SENSIBILE.
Con Carol si viene in contatto con una storia d’amore a tutti gli effetti; il colpo di fulmine, l’innamoramento immediato, la conoscenza del partner, la fuga. Todd Haynes ha pensato bene, però, di calare questo amore omosessuale – al cinema non è più un tabù, anzi – nel contesto degli anni ’50, in parallelo con il libro, in una New York ricostruita che dona contesto e scenografia magnifici. La stessa scenografia si dimostra in linea con la storia e con l’immagine che le due protagoniste danno del loro amore; un amore vero e sensibile non relegabile in una narrazione di genere, che ha nella delicatezza il suo aspetto più lampante. Un amore persino “semplice”, se vogliamo, che non porta in sé la necessità di farsi promotore di una causa universale.
Sotto la lente d’ingrandimento ci sono, quindi, soprattutto i sentimenti: questa forse è la marcia in più di Carol.
Contesto e storia d’amore, come detto, vanno così a braccetto. Inutile rimarcare l’ottima scelta delle due attrici, azzeccata per bravura ed eleganza dei ruoli. La Blanchett sembra oramai a suo agio veramente in ogni partitura, rispecchiando, anche qui, alla grande un personaggio forte e travolgente come Carol. Rooney Mara, invece, non fa altro che confermare le sue qualità, riuscendo a mostrare tutto il lato sensibile ed emotivo della sua Therese.
Carol è, quindi, l’ennesima pellicola decisamente all’altezza di questa decima edizione della festa cinematografica romana, la quale dal punto di vista della qualità media dei film, perlomeno, non ha nulla da invidiare ad altre manifestazioni più quotate.
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