Se non siete stati voi, allora sono stato io.
Le notizie come la sentenza d’appello del processo Cucchi sono quei fulmini distruttivi che segnano innegabilmente una giornata. I casi come quelli dell’assassinio di Stefano sono un po’ di tutti noi: perché ad ognuno potrebbe forse capitare di essere fermato con una canna in tasca, in uno stato di leggera ebbrezza, di eccessiva allegria; e quindi poi essere trattenuti, rimanere una notte in cella per poi uscirne da morti.
E’ proprio questa la sensazione che ho provato – più volte, purtroppo – o quando spegnevo il microfono della radio in cui lavoro oppure quando inviavo il pezzo per farlo pubblicare nei magazine dove collaboro: che potesse accadere anche a me. E l’identico copione che poi ne consegue: le sofferenze patite dalle famiglie, le solite calunnie che i vari sindacati di polizia affibbiano (che fosse un drogato, un abitudinario frequentatore di serate “su di giri” e un depravato nullafacente che poteva stare nel calduccio di casa). Che poi non è vero, ma è la scusa prestampata che i sindacati di polizia – pensando di tutelare il corpo, invece lo offendono ancor di più – accollano a queste vittime. Quindi le famiglie, oltre alla sofferenza legata alla morte del proprio caro, devono perdere più tempo a difendersi da voci che distolgono l’attenzione dal fatto centrale, chiedendo loro quasi scusa dell’accaduto: ovvero dell’omicidio di un uomo da parte di un “servitore” dello Stato.
Personalmente ho avuto l’onore di conoscere Ilaria sia di persona durante una iniziativa all’università e poi è venuta ospite al mio programma che faccio in radio. Di lei mi colpirono la freddezza e la dignità con la quale esponeva fatti e dati, di quanto il nostro Stato fosse crudele contro i figli di nessuno e a cosa costringa per poter ottenere giustizia. Soprattutto lei implorò tutti noi giovani a cambiare la giustizia e a portare nella polizia penitenziaria una ventata d’aria nuova. Che lei voleva bene alle istituzioni, a differenza di quello che si immaginava.
Nell’intervista (che trovate qui) lei già ci disse che in appello la battaglia sarebbe stata più dura, ma che il Procuratore le promise di fare tutto il possibile. Sappiamo com’è andato poi l’epilogo.
Dopo anni di dibattiti inutili sulla riforma della giustizia, è proprio a questo che siamo arrivati. Perché i grandi giornali, editorialisti del nulla che affollano le televisioni, per non parlare di sedicenti giornalisti venduti al potere, non hanno mai scritto un rigo sulle vere malattie della giustizia (lunghezza dei processi, farraginosità, costi eccessivamente alti) e invece sono stati sempre solerti nel difendere potenti ladri che hanno distrutto nazioni, banche e aziende multinazionali?