Steve Nash e la visione di gioco: il prototipo del playmaker perfetto

Se dovessimo cercare la definizione perfetta di playmaker nel mondo della pallacanestro la troveremmo in Steve Nash. Da poco inserito nella classe Hall of Fame 2018, il giocatore canadese ha incarnato in maniera impeccabile le caratteristiche del classico play. Visione di gioco, leadership e tanto altro nel curriculum di questo grande atleta. Andiamo a vedere i momenti migliori di questi campioni introdotti tra i migliori di sempre, iniziando proprio dal campione ex Phoenix Suns.

Steve Nash e gli assist: Gara 4 vs. Los Angeles Lakers, 29 aprile 2007

La caratteristica che più ha contraddistinto Steve Nash è sicuramente il passaggio. Il playmaker canadese, infatti, rimarrà nella storia per la sua incredibile visione di gioco che gli ha permesso di fornire degli assist incredibili. Una delle giornate che difficilmente i tifosi dei Phoenix Suns si scorderanno è gara 4 contro i Lakers di Bryant al primo round dei playoff nel 2007. Non è tanto la vittoria a far brillare gli occhi degli appassionati NBA ma la statistica dei passaggi a fianco al nome di Steve Nash.

A fine partita 23 sono gli assist forniti dal play ai suoi compagni di squadra. Negli ultimi anni della sua carriera supera i 10.000 assist e si ferma al terzo posto nella classifica di tutti i tempi dietro solo John Stockton e Jason Kidd. 5 sono le volte in cui il campione canadese ha guidato la classifica degli assist a gara, l’unico a farlo insieme a Cousy, Robertson e Stockton.

Creatività è permettersi di fare degli sbagli. Arte è sapere quali sono da tenere.

Henry Brooks Adams

Steve Nash e la leadership: le gare contro i San Antonio Spurs

I giocatori più forti si contraddistinguono dagli altri soprattutto per la leadership che hanno dentro e fuori dal campo. Steve Nash era di uno quei giocatori che difficilmente si scompongono e si lasciano intimidire dagli avversari. In campo, Nash guidava il suo team dal primo all’ultimo minuto e questo si è visto soprattutto nei match disputati contro i San Antonio Spurs. Contro i texani, il canadese ha più volte sofferto e visto la volata verso le Finals NBA come un ostacolo insormontabile.

Dopo aver superato i Lakers nel primo turno, Steve a gara 1 contro la squadra di Duncan e compagni si infortuna al naso a 2 minuti e 53 secondi dalla fine. Nonostante continui a uscire il sangue, il playmaker ritorna in campo e segna 5 punti consecutivi che portano i Suns a rimanere attaccati a San Antonio. Ritorna in panchina per medicarsi e subito dopo è di nuovo sul parquet. È l’arbitro però a decretare la fine del match (vittoria SAS) per il canadese che ha dimostrato in quell’occasione come è difficile metterlo K.O. in una partita. Tre anni dopo succede di nuovo. A gara 4 contro gli Spurs, Nash a seguito di un contatto con il caraibico si procura un taglio all’occhio. Questa volta, però, è Phoenix a portarsi a casa la vittoria e il passaggio di turno con Steve che rimane in campo fino all’ultimo a discapito dell’infortunio.

Un bravo leader è colui che riesce a far capire ai propri uomini che hanno molte più capacità di quelle che pensano di possedere, in modo che possano fare un lavoro migliore di quanto credano.”

Charles Erwin Wilson

Steve Nash: il premio di MVP

Il premio di MVP va al migliore giocatore della regular season che ha portato la sua squadra a essere protagonista di una grande stagione. Steve Nash si è aggiudicato il premio più importante della NBA per due volte consecutive. Nella stagione 2003-04 Phoenix è allo sbando. Sono solo infatti 29 le vittorie ottenute nel corso dell’anno e la squadra non gira come dovrebbe. D’Antoni vuole impostare un gioco fatto di velocità e ripartenze ma i suoi interpreti non riescono ad eseguirlo. Dopo aver passato il suo ultimo anno a Dallas, Nash ritorna ai Suns dove aveva deluso nei suoi primi due anni in NBA.

Questa volta, però, è diverso. Steve prende in mano le redini del team di D’Antoni e diventa l’interprete perfetto del suo gioco. Phoenix conclude il campionato con 62 vittorie e 20 sconfitte, finendo al primo posto in tutta la NBA e Nash vince il suo primo premio di MVP con una stagione da 15.5 punti e 11.5 assist di media. L’anno successivo si ripete con una stagione al livello della prima e diventa uno degli undici giocatori ad aggiudicarsi il titolo di MVP per due volte consecutive.

“I campioni non si fanno nelle palestre. I campioni si fanno con qualcosa che hanno nel loro profondo: un desiderio, un sogno, una visione.”

Muhammad Alì

Steve Nash: il sogno di giocare in NBA

Partiamo dall’ultima frase di Muhammad Alì. Steve Nash, nonostante praticasse diversi sport da piccolo, aveva un forte desiderio. A otto anni, infatti, promise alla madre che avrebbe giocato in NBA e che sarebbe diventato una stella. L’introduzione nella Hall of Fame è il giusto premio per un giocatore che non ha mai mollato e che, con il passare degli anni, ha affinato le sue abilità fino a diventare la leggenda che è oggi.

Del resto,

“Find something you love to do. Do it every day”

Steve Nash

 

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Sergio Pannocchia

Diplomato al Liceo Scientifico Statale “Ettore Majorana” (maturità scientifica) di Roma, frequenta la facoltà di Scienze della Comunicazione presso l’università Roma Tre. È da sempre appassionato di sport e in particolar modo di Basket. Segue da anni il campionato della NBA con particolare interesse per i San Antonio Spurs. Ha collaborato come redattore e video maker con i siti Basketlive e Basketitaly pubblicando diversi articoli. Ha inoltre svolto attività di collaborazione sul canale youtube Roma Breaking Videos. Attualmente è l’addetto stampa della società romana Smit Roma Centro. VICE CAPOSERVIZIO SPORT

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