Studiare per chi? Studiare per cosa?

Chiedo agli studenti di farsi queste semplici domande, come me le sto ponendo io ormai da tempo.

In un paese in cui la democrazia è un’utopia e la meritocrazia è un’eresia a che serve studiare? O meglio, a che serve andare all’università? Per fare cosa? Per crearsi un futuro? Per spendere più denaro possibile per un pezzo di carta che forse non vi servirà a niente nella vita? Che non potrete mai sfruttare? O forse andate all’università per spendere tutti quei soldi che i vostri genitori vi danno e che voi per reintegrarli ci metterete il triplo degli anni che c’avete messo a laurearvi? E se vi laureate e sempre ammesso che troviate lavoro.

E poi c’è chi l’università non se la può permettere, ma quella è un’altra storia.
Prendersi una laurea al giorno d’oggi è quasi d’obbligo. I nostri genitori, i più stronzi, ci dicono che una laurea ormai vale quanto un loro diploma, e un diploma quanto la loro terza media. E difatti in molti se la comprano per non perdere tempo. Quasi ad evidenziare che il modello d’istruzione ormai obsoleto non vale nulla.
Ma ritorniamo a noi. Allo studio. Siamo sicuri che studiare voglia dire per forza prendere una laurea, con quel pezzo di carta alla fine della giostra.

Bisogna per forza passare dalla morsa degli esami per definirsi erudito in una qualche materia? Essere giudicati da un altro essere che non è di certo il padreterno e in molti casi non ti sta neanche ad ascoltare? Per sapere del contenuto di un libro di Rousseau o Voltaire devo per forza essere giudicato da qualcuno? Per sapere che c’è scritto nel codice penale devo per forza essere interrogato? Voler studiare non dovrebbe essere una cosa intima dell’uomo che lo vuole, senza il bisogno di interrogazioni? Le mie capacità possono essere scartate a priori se nel mio curriculum non v’è quel pezzo di carta chiamato laurea. Il rapporto che spesso si fa “laureato=persona capace” è sempre valido? La stima che si attribuisce al titolo deve per forza coinvolgere la persona che se ne fregia?

Il fatto che uno sia un bravo medico, un bravo economo, o un eccellente avvocato deve per forza influire ai fini di una sua candidatura a uomo utile per il bene della società, ponendolo ai posti di comando? Un uomo non dovrebbe essere valutato per le proprie idee? Perché dopo aver passato lo scoglio della parentela ci si scontra con lo scoglio del titolo di studio? Perché veniamo giudicati per il lavoro che facciamo, per la busta paga, per l’automobile, per quello che possediamo. Non è una visione troppo materialistica? Non è forse questo che ha reso la società così immobile, così lugubre? Dare posti di comando a gente brava a fare altro o a gente inetta non è un errore? Dire quello può fare l’assessore il sindaco o il parlamentare perché è bravo nel suo lavoro non è da idioti? Non è al quanto insufficiente come motivazione?

Le persone colte, le persone con idee molte volte sono le più povere e semplici.

A volte si impara più da un agricoltore che semplicemente legge che da un professore che insegna.

GIOVANNI PARROTTA

johanpar@msn.com

5 pensieri riguardo “Studiare per chi? Studiare per cosa?

  • 22 Dicembre 2010 in 8:07 pm
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    Hai ragione ma se non ci fossero le lauree, che (almeno formalmente) testimoniano la tua preparazione cosa lo farebbe ?

  • 22 Dicembre 2010 in 8:44 pm
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    il confronto tra le persone, i dibattiti e i rapporti sociali–la cultura si matura per la propria vita e per la propria preparazione.. poi chi ha detto che essere laureati vuol dire essere preparati… queste lauree specialistiche ,contro le quali io non ho nulla… si sa tutto di niente e niente di tutto.. nella società si valutano le idee di una persona e la capacità di svilupparle.. i più bravi andrebbero portati avanti… la laurea la classe sociale ecc ecc ..non andrebbero prese in considerazione

  • 22 Dicembre 2010 in 10:58 pm
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    Già, i migliori andrebbero portati avanti… Hai perfettamente ragione ed hai ragione quando dici che laureati non vuol dire essere preparati… Ma mi domando: se dici che la laurea e la classe sociale non dovrebbero, come giustamente, essere guardate non parliamo di meritocrazia ? E in Italia purtroppo è un’utopia…

  • 23 Dicembre 2010 in 1:48 pm
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    sul posto di lavoro e nel mondo di lavoro,la meritocrazia dovrebbe essere tutto, ognuno dovrebbe avere il suo posto nella società. Ma quando si parla di politica-e questo è il succo del mio discorso,o almeno parte del discorso- dovremmo essere tutti nelle stesse condizioni, dal laureato all’allevatore al manovale e al disoccupato e al barbone. Li non conta quanto sei bravo a fare i conti ad operare in borsa o a cuore aperto a quante scartoffie riesci a produrre facendo l’avvocato… se sei bravo nel tuo lavoro buon per te…ma nella politica nei problemi della società dovrebbero contare le idee la forza e la volontà di svilupparle..chi si impegna veramente. Prova a pensare ai tuoi rappresentanti politici nazionali e locali.. fanne una scannerizzazione, controlla la classe sociale il lavoro il denaro e la macchina che possiedono.. e cosa nn meno importante cosa fanno veramente per la collettività.. ne avrai un risultato ovvio e scabroso. Molti borghesi, legati all’apparenza che non hanno mai portato benessere alle fasce deboli. Se noi mettiamo a rappresentarci gente più ricca di noi resteremo sempre indietro..e ce la prenderemo sempre in quel posto… ecco dove voleva arrivare in parte il mio discorso in questo post

  • 28 Maggio 2011 in 10:06 am
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    Il problema quì è un’altro; un tempo i laureati erano pochi e c’era reale crescita,per forza di cose emergevano, oltretutto, ad oggi ci sono una marea di corsi di laurea assolutamente inutili, il mercato richiede determinate figure professionali, ad esempio mancano pediatri, mancano ingegneri… invece di isciriversi a scienze politiche e pretendere di trovare lavoro da 5000 €/mese magari sarebbe il caso di prendere una laurea che insegni veramente un lavoro!

    ad ogni modo, la globalizzazione ha cambiato completamente l’economia e non ha senso paragonarsi alle passate generazioni, ad oggi, l’industria manifatturiera italiana non è competitiva, la tanto decantata qualità non può competere con i prezzi di mercato, assolutamente esagerati. Con essa vengono a mancare anche i posti dietro una scrivania, con una poltrona presidenziale in pelle nera, giacca e cravatta,blackberry nel taschino, audi parcheggiata sotto l’ufficio… mediamente il laureato ambisce a questo!. Niente gavetta, tutto e subito,altrimenti si scappa all’estero

    Altrettanto assurdo che determinati ricercatori abbiano pretese di guadagnare tanto,quando buona parte delle ricerche si concludono con un buco nell’acqua clamoroso!

    la soluzione a questa situazione malata la conoscono anche i sassi,ma nessuno ha il coraggio di metterla in pratica: per prima cosa ridurre il costo della politica, il debito pubblico è causato da TUTTO ciò che è statale, ci sono una miriade di persone mantenute che non servono a niente e come una zavorra ci fanno colare a picco!Le tasse per avere servizi efficenti le pagheremmo volentieri, oggi invece si fà di tutto per burocratizzare in modo da dar lavoro alla marea di persone negli enti statali, ogni cosa in italia è disarmante, negli uffici pubblici regna la scarsa voglia di fare, vedi persone che con sufficenza fanno il proprio lavoro…

    se vogliamo salvarci dobbiamo tagliare i rami secchi, si dovrebbe portare l’iva al 25% ed eliminare OGNI di altra tassa! le entrate devono arrivare dai consumi, così facendo il ricco si tassa da solo,vivendo nel lusso paga di fatto più tasse di chi è meno abbiente! per come stanno le cose adesso, ogni cosa che possediamo viene tassata all’acquisto e tassata al possesso! questi soldi a cosa servono poi? a venire sperperati! La voglia di evadere nasce dal malcontento per come si vedono spesi i soldi, ogni imprenditore vorrebbe dormire tranquillo sapendo di aver pagato fino all’ultimo euro di tasse, ma se lo fà in questo momento lavora oltre 6 mesi l’anno per le casse dello stato (le imposte sono il 46% sull’utile netto)

    Sia ben inteso, lo Stato, deve esserci,non deve e non può essere tutto privatizzato perchè, ogni ente privato fà solo busines,è solo una macchina da soldi, della qualità del risultato non gli interessa, alcune cose fondamentali come l’energia,l’acqua,la salute, dovrebbero essere statali, ma lo stato non deve fare assistenzialismo,ossia impiegare 10 persone dove ne bastano 5 solo per dar lavoro a 5 persone in più sulle spalle di decine di altre persone che devono farsi carico di un fardello inutile! l’occupazione deve derivare da una vera necessità e non da assistenzialismo. Oramai abbiamo visto che lo statalismo totalitario non funziona in nessuna parte del mondo

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